I legali di Isabella Internò e la procura di Castrovillari nello scorso mese di febbraio hanno depositato rispettivamente l’appello contro la sentenza e il ricorso per l’aggravamento della pena all’imputata per l’omicidio volontario pluriaggravato di Denis Bergamini. In primo grado, il 1° ottobre 2024, la Corte d’Assise di Cosenza ha condannato Isabella Internò alla pena di 16 anni di reclusione. Poche ore fa si è appreso che il 21 ottobre inizierà il processo di secondo grado alla Corte d’Appello di Catanzaro.
La procura di Castrovillari ricorre avverso la sentenza limitatamente al giudizio espresso nel senso della prevalenza della concessione delle attenuanti generiche in relazione alle aggravanti riconosciute, ritenendolo viziato.
Il fattore tempo va valorizzato sotto altro profilo a parere dei giudici che hanno scritto le motivazioni della sentenza ed è su questa base che concedono a Isabella Internò le attenuanti generiche. Per il pm Primicerio invece la questione è diversa. “In sostanza, il giudice di primo grado ha ricondotto nell’ambito dell’articolo 62 bis del codice penale, un tema – quello del difetto della funzione preventiva della pena da irrogare alla Internò, che non rientra nei confini della norma richiamata”.
Secondo il pm Primicerio il giudice di primo grado, così operando ha violato il codice penale applicando tale norma ad una situazione fattuale che non rientra nell’ambito normativo. “Ciò ha fatto in termini ancora più censurabili nella misura in cui ha poi effettuato un giudizio di comparazione tra le attenuanti previste dall’articolo 62 bis del codice penale, così malamente interpretato in termini di prevalenza dell’aggravante dei futili motivi e della premeditazione”.
Il pm Primicerio sottolinea poi come non si possa non tenere conto della falsità della versione dei fatti fornita da Isabella Internò alle autorità inquirenti fin dalle sue prime dichiarazioni, oltre che ai suoi familiari, e la pervicacia nel mantenere tale versione per 35 anni. Con il conseguente inquinamento delle prove che determina il ritardo dell’intervento dello Stato, diretta conseguenza del suo comportamento. Un ritardo che continua in relazione all’individuazione dei correi. Siamo davanti a un omicidio efferato eppure non c’è mai stato nessun ripensamento.
“Sotto altro profilo – aggiunge la Procura – la motivazione, oltre che omessa nella parte in cui non considera i dati fattuali sopra esposti, nella parte in cui attribuisce al dato relativo al decorso del tempo una valenza ai fini del giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche rispetto alle riconosciute aggravanti della premeditazione e dei motivi abietti e futili, si pone in contraddizione con la parte della decisione nella quale si valorizza, ai fini del riconoscimento della responsabilità di Isabella Internò, il comportamento della donna consistito nel avere fornito, nella immediatezza dei fatti, una versione falsa del suicidio e nell’averla mantenuta nel corso degli anni. Appare contraddittorio e manifestamente illogico attribuire all’elemento del decorso del tempo, di cui Isabella Internò è stata la principale fautrice per le ragioni esposte, un significato negativo in relazione alla sua dichiarazione di responsabilità (con riferimento all’alibi falso ed alle menzogne ripetute per anni per proteggere i correi) ed allo stesso tempo riconoscerle una valenza positiva ai fini del giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche sulle riconosciute aggravanti”.