Omicidio Bergamini. Il medico legale Fineschi spiega come hanno ucciso Denis a Sky Crime

I medici legali Giorgio Bolino, Roberto Testi e Vittorio Fineschi hanno stabilito con certezza scientifica che Denis Bergamini era già morto quando è stato steso sull’asfalto dai suoi assassini. In più udienze del processo per l’omicidio volontario pluriaggravato del calciatore del Cosenza è stato analizzato l’incidente probatorio che è alla base della riapertura delle indagini ed è la prova più schiacciante nei confronti dell’imputata Isabella Internò. Non c’è dubbio che Fineschi sia un medico legale molto importante nel panorama nazionale e ha già avuto modo di parlare più volte dell’omicidio Bergamini. 

Sessanta minuti serrati nel corso dei quali è stato dimostrato ancora una volta che il barbaro omicidio di Denis Bergamini è stato mascherato per decenni come un suicidio. Crime+Investigation, oggi Sky Crime, nell’ambito della sua serie sulle “Famiglie criminali” ha inserito anche il caso del calciatore del Cosenza ucciso nel 1989, la cui famiglia assistita dall’avvocato Fabio Anselmo è ancora in cerca di giustizia. La verità no, perché quella ormai la conoscono tutti. Bergamini è stato ucciso dai familiari di Isabella Internò, che ne ha armato le mani, perché non sopportavano che il calciatore l’avesse lasciata dopo un aborto e sono stati aizzati contro di lui dall’ex fidanzata, che avrebbe voluto il matrimonio “riparatore” che invece non c’è stato.

Il documentario di Crime+Investigation si è sviluppato attraverso le testimonianze dell’avvocato Fabio Anselmo, di Donata Bergamini, del medico legale Vittorio Fineschi, dell’ex calciatore Luigi Simoni e dei giornalisti Gianluca Di Marzio, Francesco Mollo e Gianluca Pasqua e una serie di suggestivi filmati d’epoca delle televisioni private cosentine attraverso i quali ogni spettatore ha potuto verificare quanto entusiasmo c’era nella Cosenza sportiva di quei tempi e quanto a Bergamini piacesse vivere e giocare a pallone nella città calabrese. Altro che suicidio.

Sotto il profilo squisitamente giornalistico, la “notizia” riguarda le importanti dichiarazioni di Vittorio Fineschi, il medico legale già decisivo nel caso di Stefano Cucchi, che ha lavorato anche al caso Bergamini e per la prima volta ha reso pubblico il suo pensiero sulle vicende che in tutti questi anni hanno impedito l’affermazione di verità e giustizia. Fineschi, in particolare, è colui il quale ha portato avanti negli anni l’utilizzazione della glicoforina per verificare la vitalità delle lesioni inferte, un esame fondamentale per capire se le vittime fossero ancora in vita o meno nel momento in cui venivano colpite.

Fineschi è partito dalla prima autopsia sul corpo di Denis Bergamini, effettuata dal professore Francesco Maria Avato a gennaio del 1990, 47 giorni dopo il decesso. “Fare un’autopsia 47 giorni dopo il decesso, innanzitutto, vuol dire sostanzialmente tirare una monetina in aria – ha esordito il medico legale -. Le alterazioni post mortali incidono tantissimo sulla possibilità di fare indagini. Avato descriveva un complesso traumatico importantissimo, determinato dallo schiacciamento di un mezzo molto pesante che aveva provocato la lacerazione del vaso arterioso e il decesso in pochi minuti. Tra le righe, però, dobbiamo dare il merito ad Avato di avere ammesso qualche dubbio. Comincia a dirci che i polmoni sono espansi e poiché si tratta di un calciatore e quindi di una persona sana è una circostanza strana: possibile che un calciatore professionista possa avere un enfisema acuto? Anche nel cuore sono state rilevate alterazioni… E poi l’ipotesi di un eventuale trascinamento viene subito messa in discussione… il corpo non aveva quei segni provocati sempre quando viene trascinato e poi c’è un fatto sostanziale: i vestiti sono integri e questo fa capire che il corpo è stato sormontato e non trascinato. Avato individua la causa di morte in questo sormontamento e schiacciamento ma ipotizza e adombra altre possibilità”.

Il professore Vito Maria Avato

L’autopsia di Avato smentisce clamorosamente la versione di Isabella Internò, mette comunque un punto importante su tutta la vicenda ma il pubblico ministero dell’epoca, il sostituto procuratore di Castrovillari Ottavio Abbate – che di fatto è a tutti gli effetti il vero procuratore capo – fa finta di non leggere quello che c’è scritto e non ritiene opportuno approfondire le indagini. La verità viene così accantonata e chiusa e a nulla servirà, l’anno successivo, il processo kafkiano che si svolge in pretura a Trebisacce a carico del camionista che viene assolto dall’accusa di omicidio colposo. Insomma, per la giustizia italiana Denis Bergamini si è suicidato e non ci sono possibilità di approfondire le indagini. “Non credo che esista un’altra storia simile in Italia” dice sconsolata Donata Bergamini.

Dopo i 20 anni di omertà totale, nel 2009 in coincidenza del ventennale della morte di Denis, il caso viene riaperto sulla spinta della pressione mediatica che ne era scaturita. L’allora procuratore capo di Castrovillari Franco Giacomantonio chiama come consulenti i Ris dei carabinieri di Messina e i professori Giorgio Bolino e Roberto Testi, oltre naturalmente a guardare e rileggere con maggiore attenzione – bontà sua – la prima autopsia di Avato.

“Il professore Giorgio Bolino – ricorda Fineschi intervistato da Crime+Investigation – afferma con decisione che la causa della morte è più asfittica che traumatica. Rileva che i polmoni coprono addirittura il cuore a causa della loro espansione provocata dal fatto che intrappolavano tanta aria che non riusciva a venire fuori. Tutto ciò non può significare altro che la causa della morte è stata l’asfissia… Quanto al professore Roberto Testi, la sua consulenza aveva riguardato il meccanismo dell’investimento in velocità su un pedone e rilevava che mancavano tutte le fasi per poter dire che si trattasse davvero di un investimento e concludeva che il corpo era stato solo sormontato. L’ipotesi che il calciatore si fosse buttato in tuffo sotto il camion perde qualsiasi valenza”.

Il medico legale Giorgio Bolino

Sembra, dunque, che tutto sia stato chiarito e invece succede che il procuratore, nonostante le perizie, archivia tutto. Un colpo così duro che fa esclamare a Donata che ormai è tutto finito e che “in quella procura di Castrovillari ci sono le sbarre” e invece arriva la svolta. “Il problema è nel corpo di Denis – afferma l’avvocato Anselmo – e per cercare c’è bisogno di rivolgersi a quel blocco di cemento armato che è la scienza”. Ed è a questo punto che entra in scena Vittorio Fineschi.

Il pavido Giacomantonio

“L’avvocato Anselmo – ricorda il medico legale – mi chiedeva se era possibile verificare post mortem quali lesioni erano state inferte quando la vittima era ancora in vita e la mia risposta fu “si può fare” attraverso l’esecuzione di una Tac sul cadavere. C’era quindi bisogno che il corpo venisse riesumato e così avremmo potuto finalmente riguardarlo su un tavolo settorio e verificare cosa era realmente accaduto”.

Intanto, per grazia di Dio, il pavido procuratore Giacomantonio se n’era tornato dalle fogne dalle quali proveniva e al suo posto era arrivato Eugenio Facciolla, che dispose la riesumazione del cadavere e di conseguenza l’incidente probatorio. “Il corpo di Denis era ben conservato – afferma Fineschi – e chi si aspettava di vedere uno scheletro ha visto invece un corpo umano con molte fibre muscolari ancora presenti. Attraverso la Tac emerse che lo sconquasso traumatico presente sul bacino e sul basso addome era stato provocato quando Bergamini era già morto. Con ogni probabilità il soffocamento era stato attuato stringendo il collo con modalità di braccio chiuso e così via… Insomma, il calciatore era stato prima ucciso e poi posizionato sull’asfalto”. Il corpo di Denis aveva parlato.

L’ultima parte del documentario di Crime+Investigation è stata dedicata alle considerazioni finali dei protagonisti. L’avvocato Anselmo ha sottolineato che finalmente alla famiglia Bergamini veniva consegnato un dato di verità: non si è ucciso ma è stato ucciso e ora col processo faremo i conti con quello che è successo.

Gianluca Di Marzio: “L’hanno ammazzato e ora ci devono dire chi l’ha ammazzato…”.

Luigi Simoni: “Bisogna chiedere a chi era con lui chi l’ha ammazzato”.

Donata Bergamini: “Qualcuno adesso deve pagare perché finora ha pagato solo la famiglia del morto…”.

L’immagine finale è un messaggio subliminale perfetto: Denis è in macchina con la Internò nel corso di una gita al mare il 29 marzo 1988 e in sottofondo c’è Vasco Rossi che canta: “… Appena ti prendo da sola… ti taglio la gola…”. Sipario. Titoli di coda.