Omicidio Bergamini, il processo riprende al ritmo di “Fascisti su Marte”

Il processo per l’omicidio volontario e pluriaggravato di Denis Bergamini, in corso davanti alla Corte d’Assise di Cosenza, riprende dopo la pausa delle festività natalizie e di fine anno. Stamattina è in programma la 32^ udienza del processo che vede alla sbarra Isabella Internò, accusata di omicidio pluriaggravato e premeditato con l’aggravante dei futili e abietti motivi. E sulla strada che porta alla giustizia potrebbe essere un’altra delle già tante udienze decisive con le testimonianze di cinque persone che, per un motivo o per un altro, quel maledetto pomeriggio si trovavano a Roseto Capo Spulico, luogo prescelto dagli assassini per “eliminare” Bergamini. Si tratta di Anna Napoli, di Rocco Napoli, delle sorelle Valerio (rispettivamente moglie e cognata di Rocco Napoli) e di Berardino Rinaldi. 

I nostri lettori, tuttavia, ci hanno chiesto di rinfrescare loro la memoria su una circostanza che si è verificata sul finire di una vecchia udienza del processo, la ventesima, celebrata a luglio dello scorso anno. L’avvocato della famiglia Bergamini, Fabio Anselmo, ha denunciato pubblicamente alla presidente della Corte d’Assise Paola Lucente e al giudice a latere Marco Bilotta l’atteggiamento dell’addetto stampa degli assassini di Denis, il giornalista Marco Cribari, sostenendo, con prove e carte alla mano, che con i suoi articoli genuflessi alla volontà dell’imputata e della sua famiglia anticipa in maniera vergognosa i temi delle udienze, nel tentativo di informare e condizionare i testimoni. Un “giochino” da peracottaro che ha come unico obiettivo quello di inquinare il dibattimento per continuare a perorare la causa della mantide di Surdo (Isabella Internò).

Ma chi è davvero questo Cribari, dichiaratamente fascista e spudoratamente dalla parte degli assassini di Denis? Ormai ce ne occupiamo da tempo ma oggi vogliamo offrirvene un ritratto più completo, che coinvolge anche i suoi “camerati” più cari e affonda le sue radici in uno dei film satirici più belli del cinema italiano, diretto dal geniale Corrado Guzzanti: Fascisti su Marte.

Approfittando della pausa per il processo (e sperando vivamente che non abbia contratto qualche malattia), il capobrigata Cribari ha assunto in tutto e per tutto le sembianze di Gaetano Maria Barbagli, il gerarca fascista interpretato da Guzzanti, al quale è venuta in testa un’idea fantastica: conquistare Marte, il pianeta “rosso” e annetterlo alle colonie fasciste…

Per quei pochi che non conoscessero il film, uscito nelle sale cinematografiche nel 2006 (soprattutto fascisti e camerati del “braccio violento di sto…”), si tratta di un’icronia, un “esercizio satirico” di fanta-revisionismo storico, girato come un falso documentario e parodiando lo stile dei cinegiornali di regime dell’Istituto Luce del Ventennio fascista, con tanto di “colonna sonora” d’epoca, naturalmente aggiornata con le esigenze del film ma conservando lo stile originale e inconfondibile.

Nel 1938 – in pieno regime fascista – un manipolo di camicie nere, comandato dal gerarca Gaetano Maria Barbagli, s’imbarca sul prototipo di razzo spaziale tedesco Repentaglia IV, e parte alla conquista di Marte, «rosso pianeta bolscevico e traditor», dove si consumeranno tragicomiche imprese in un crescendo di risate e di ridicolizzazione di quello che rappresentava e rappresenta ancora il regime fascista per i suoi irriducibili “nostalgici”. “Imprese” che, tuttavia, non eviteranno un finale catastrofico per il gerarca fascista, che sarà inesorabilmente tradito e lasciato solo dai suoi stessi sottoposti clamorosamente ammutinati e riportati sulla Terra dalle amazzoni aliene.

Il gerarca fa di tutto per impedire loro di partire, ma non riesce a fermarli e si ritrova solo sul pianeta rosso, impotente e destinato a morte certa. L’avventuroso viaggio di questi “eroi” cade presto nell’oblio a causa degli eventi della seconda guerra mondiale, e al termine del conflitto nessuno ha più interesse a ricordare quest’opera di conquista; solo 58 anni dopo, nel 1996, durante la missione Mars Pathfinder, il rover Sojourner rinviene quel che resta dello scheletro di Barbagli, pardon Cribari…

La somiglianza dei cinque “eroi” in camicia nera con Cribari e i suoi camerati è letteralmente stupefacente e prima ancora di entrare nel vivo del film e della sua parodia nella parodia, è più che mai necessario partire proprio da loro per aiutarvi a comprendere di cosa stiamo parlando.

Li citiamo per come appaiono nel nostro montaggio e per come interpretano i due ruoli. Il primo che appare è Fecchia, interpretato nel film da Andrea Purgatori (sì, proprio lui, il conduttore di Atlantide). Il mitico narratore del regime con voce fuori campo lo definisce “primo bastione della squadrazza “Chiurlo” e le sue sembianze cosentine sono quelle del giornalista “forzista” Antonio Alizzi, accompagnatore ufficiale del gerarca Cribari e sempre pronto a sostenere le sue tesi – anche quelle più balzane – per assecondare la volontà del capo, specie adesso che anche il suo “capobrigata” è approdato alla ribalta del media più “accriccato” con la massomafia calabrese.

Gianluca Tiesi

Il secondo è invece tal Santodio, “il borghese che si fe’ soldato benché figlio di industriale…”, ed è la controfigura di una delle sagome più inquietanti della cricca di Cribari ovvero Gianluca Tiesi, cognato di Isabella Internò, intercettato in mille catastrofiche discussioni con il suo superiore, tutte protese a trovare la chiave per confermare il “suicidio” di Denis Bergamini, alcune delle quali ancora inedite, intonse e… tragicamente esilaranti. Santodio-Tiesi viene preso per il culo nel film perché non ricorda neanche le frasi celebri del Duce ed è proprio la figura che fa Tiesi quando, nella qualità di “consulente” della difesa alla riesumazione della salma di Denis, incorre in uno strafalcione dietro l’altro.

Angelo Pugliese

Ed eccoci al prossimo (il terzo sarebbe in realtà Cribari ma lo teniamo ovviamente per ultimo: dulcis in fundo) ovvero il leggendario Freghieri, “temprato come un blocco fuso, pralinato d’acciaio”. In pratica, la controfigura vivente dell’altrettanto mitico avvocato difensore della mantide di Surdo ovvero Angelo Pugliese, il legale delegato dai poteri forti cosentini a prendere in mano anche le cause più assurde e imbarazzanti ma che le affronta tutte (nessuna esclusa) con l’abnegazione e la determinazione “fascista” per salvare la famiglia e la… Patria, cioè il culo dei delinquenti, dei corrotti e in questo caso degli assassini che difende in maniera sempre più pacchiana e impresentabile.

Ma il più ridicolo (a parte Cribari-Barbagli) è certamente Pini, interpretato magistralmente da Lillo Petrolo, attore di una certa fama, celebre anche per il suo sodalizio con Greg, per la sua vis comica, spesso involontaria e per il suo fisico non proprio “aitante”, che spesso è oggetto della sua stessa autoironia. E infatti il narratore lo definisce “Pini, il cui sguardo incantò i cuori di tante sognanti fanciulle”. Il personaggio Pini, in questo e in tanto altro, è spiccicato a Paride Leporace, passato alla storia della città di Cosenza per essere stato il “giornalista” prescelto dai camerati di Stefano Delle Chiaie per la presentazione del suo libro “L’Aquila e il Condor” mentre fuori dalla sala centinaia di antagonisti manifestavano per protesta.

Leporace è ormai l’ex vicedirettore del giornale sul quale scriveva Cribari, addirittura rifiutato dal media più “accriccato” della massomafia calabrese dov’è approdato il capobrigata fascista e “raccattato” in extremis da un altro media di regime “pilotato” da una signora in quota… Occhiuto. Ciononostante, Leporace è rimasto inevitabilmente anche oggi strenuo difensore di Cribari da chi gli vuole male e vorrebbe magari prenderlo a calci (nel sedere, per carità). E sempre con il “ragionevole dubbio” se calciare di punta o di collo… 

A parte lo sguardo “ammaliatore”, Pini in realtà è un traditore nato, un doppiogiochista che guarda solo ai suoi interessi e che senza volerlo è il camerata che forse fa più ridere del gerarca per la sua ignoranza e la sua “doppiafaccia”. Più o meno come quella del Leporace “vero” quel giorno di fine settembre del 2012 quando – come accennavamo – era tra i “presentatori” insieme all’avvocato Pittelli e al faccendiere Barile, del libro del nazista stragista Stefano Delle Chiaie, del quale è emerso di recente il ruolo centrale nella strage di Capaci, mentre a pochi metri di distanza tutta la sinistra – antagonista e non, della quale il soggetto si vantava di far parte (!!!) – lo contestava in tutti i modi e con tutte le maleparole e le jestime possibili.

Nel film è esilarante il tradimento finale di Pini, che improvvisamente si trasforma da “nero” in “negro” e spia sfuggendo al suo capo che gli implora di restare al suo fianco.

Marco Cribari, come si accennava, è senza dubbio Gaetano Maria Barbagli, riconoscibilissimo per il fatto che, essendo gerarca, è vestito diversamente dai suoi camerati e porta il fez in testa. Corrado Guzzanti ne ha fatto una delle maschere pià riuscite della sua carriera. Lo fa parlare esattamente come il Duce, ricordandone tutti gli intercalari e gli infiniti motti, lo fa muovere esattamente come Lui, ne riprende tutte le debolezze e tutti i tic, ne esagera persino i contorni per suscitare ancora più ilarità. Impossibile non paragonarlo a Cribari per come “vive” il suo anacronistico fascismo, il suo culto del Duce e di tutte quelle figure cameratesche che gli si richiamano e il suo rapporto con la “giustizia” che è la sintesi perfetta del fascismo: forte con i deboli e debole con i forti. Ma è il narratore, che, come sempre, delinea al meglio la sua figura carismatica: “… Ed infine Barbagli, devoto molto più al Duce che alla sua stessa madre, la quale, caldamente, lo ricambia…”.

Non mancheremo, a breve, di deliziarvi con alcune delle più megagalattiche imprese dei nostri “eroi” su Marte. A presto! FASCISTI SU MARTE – LA SIGLA – https://www.youtube.com/watch?v=D-rKGaTgZEo