Omicidio Bergamini. Il ruolo di Francesco Arcuri, il “secondo cugino” e l’incontro con l’avvocato nello studio del solito Franz Caruso

Ieri in Corte d’Assise a Cosenza è stata celebrata la 51^ udienza del processo per l’omicidio volontario pluriaggravato di Denis Bergamini. Alla sbarra Isabella Internò, 54 anni, ex fidanzata del calciatore (spesso contumace). Ieri ha testimoniato l’avvocato di Ferrara Andrea Toschi, che ha ricordato inevitabilmente i suoi primi approcci con la “realtà” cosentina e anche la vicenda dell’incontro con un legale vicino a Isabella Internò in un bene individuato studio legale cosentino… 

OMICIDIO BERGAMINI, IL RUOLO DEL SECONDO CUGINO E L’INCONTRO CON L’AVVOCATO NELLO STUDIO DI FRANZ CARUSO 

Da quando noi cosentini ci siamo “svegliati” e abbiamo capito fino in fondo le dinamiche che hanno portato al barbaro omicidio di Denis Bergamini, non è servito molto tempo per capire chi c’era con Isabella Internò a Roseto Capo Spulico per ammazzare Denis. Ormai a Cosenza lo sanno anche i sassi in mezzo alla strada che la mantide di Surdo era accompagnata da due cugini, così come accadeva ormai da almeno due settimane prima dell’esecuzione del piano per uccidere Denis. Da quando cioè la Internò, per armare la mano dei suoi assassini – con modalità tutte sue – gli ha addossato tutte le colpe della sua interruzione di gravidanza, arrivando fino a posticipare l’evento di un anno per rendersi più credibile davanti a colui che poi sarebbe diventato suo marito, il poliziotto della squadra mobile di Palermo Luciano Conte, ovvero il “regista” (ormai non più occulto) dell’esecuzione di Denis. Quanto ai cugini, che sono gli esecutori materiali del delitto ovvero quelli che soffocano Denis subito dopo il suo arrivo a Roseto, tutti gli indizi portano al cugino diretto Dino Pippo Internò, ovvero l’uomo che grugnisce, ignorante, “malandrino” e senza nessuna misura e al cugino acquisito Francesco Arcuri, al quale nell’ordinanza del pm Primicerio sono dedicati parecchi stralci che ci lasciano intuire la sua rozzezza e il suo “attaccamento” a questa famiglia di assassini degenerati.

Francesco ARCURI è cugino acquisito di Isabella INTERNÒ nonché cognato di Roberto e di Dino Pippo INTERNÒ. Già all’epoca dei fatti era molto vicino alla famiglia di Isabella INTERNÒ, ne frequentava la casa di via Adige e, d’estate, quella di villeggiatura a Cavinia – Cetraro. Di sicuro sappiamo che la notte della morte di Donato BERGAMINI si reca in via Adige a casa Internò dove ci sono il padre di Isabella, il suo caro “cugino” Dino Pippo e… tutto il cucuzzaro.

Quando arrivano il presidente del Cosenza calcio, Antonio SERRA, insieme al direttore sportivo Roberto RANZANI e a due avvocati di Cosenza, assiste al colloquio che intercorre tra costoro con Francesco e Isabella INTERNÒ. Anzi interviene per consigliare i congiunti che avendo Isabella INTERNÒ reso deposizione davanti ai Carabinieri di Roseto Capo Spulico, non poteva cambiare versione dicendo che BERGAMINI era stato investito dall’autocarro, mentre scendeva dall’auto, come sembra chiedesse il presidente Antonio SERRA.

Francesco INTERNÒ gli chiede di partecipare ai funerali di Donato BERGAMINI temendo che i tifosi e gli ultrà potessero scagliarsi contro la figlia Isabella. Arcuri, in particolare, si rende riconoscibile, anche lui dall’alto della sua rozza ignoranza, perché si mette un paio di vistosissimi occhiali da sole… frutto probabilmente della sua “scienza infusa”… 

Francesco ARCURI accompagna Isabella INTERNÒ, verosimilmente, anche allorché viene sentita dal magistrato “di famiglia”, quell’altro pezzo di scienziato tuttora in vita e che risponde al nome di Ottavio Abbate. Inoltre chiede allo zio Carmine ARCURI, avvocato civilista, di assistere Isabella INTERNÒ nel corso delle indagini preliminari e poi anche durante il processo a carico di Raffaele PISANO.

L’avvocato Carmine ARCURI incontrerà l’avvocato della famiglia BERGAMINI, Andrea TOSCHI, il 24 maggio 1990 a seguito del telegramma 11800 del 23 maggio 1990 con il quale costui chiedeva, ad Isabella INTERNÒ, un incontro insieme al proprio avvocato o ad una persona di fiducia, presso lo studio dell’avvocato Franz CARUSO. Sì, proprio lui, l’appena eletto sindaco di Cosenza, esperto massimo in “mediazioni” e summit. Pochi mesi prima, tanto per gradire, nel suo studio legale si era svolto un vertice tra soggetti del calibro di Paolo Romeo, Franco Pino, Tonino Gentile e Pino Tursi Prato per “apparare” le divergenze “politiche” tra il Cinghiale e Tursi Prato. Adesso invece il tenero Franz si metteva a disposizione della “paranza” per trovare una soluzione al caso Bergamini che facesse contenti tutti… Questo – purtroppo – è il soggetto che una parte della città di Cosenza ha voluto come primo cittadino.

Come riferito da Andrea TOSCHI, all’incontro nello studio di Franz Caruso si presenterà solo il legale di Isabella INTERNÒ, ossia Carmine ARCURI, lo zio di Francesco Arcuri, il secondo cugino prediletto della Internò. 

Invero abbiamo la testimonianza di Ylenia MANFREDI, figlia dell’avvocato Giovambattista MANFREDI, legale della Società del Cosenza calcio al processo contro Raffaele PISANO, la quale accompagnò il padre a tutte e tre le udienze. Ebbene Ylenia MANFREDI ricorda perfettamente lo stringente controesame condotto dal padre, il quale non credeva alla versione fornita da Isabella INTERNÒ, soprattutto non riteneva credibile la dinamica raccontata dalla donna rispetto alle lesioni riscontrate sul cadavere di
Donato BERGAMINI.

Il ricordo di Ylenia MANFREDI combacia con quanto rilevato dalla registrazione dell’udienza del 30 maggio 1991. Nello specifico la donna ricorda che durante il controesame di
Isabella INTERNÒ il padre era stato interrotto in un momento cruciale dell’esame, cosa che lo aveva fatto arrabbiare. La donna inoltre ricorda che il padre, incalzando la INTERNÒ con le domande, l’aveva messa in difficoltà. La madre di Isabella INTERNÒ appariva visibilmente innervosita per le domande poste alla figlia.

Seduto, accanto alla mamma di Isabella INTERNÒ, la MANFREDI ricorda un uomo il quale pronunciava minacce di un male fisico nei confronti del padre. Lei, udendo quelle minacce, ebbe paura per l’incolumità del padre: “…sono la figlia dell’avvocato Giovambattista Manfredi, il quale nel 1991 rappresentò la Società del Cosenza calcio durante il processo per omicidio colposo nei confronti del camionista, che si diceva, investì Donato Bergamini.
Ricordo che mio padre ebbe l’incarico di seguire il processo in argomento per il tramite di Antonio Serra, allora Presidente del “Cosenza calcio” nonché amico di famiglia. Devo dire che ho partecipato alle tre udienze tenutesi a Trebisacce, presso la Pretura.

Ricordo sempre tanta gente alle udienze. Ricordo il controesame che mio padre fece ad Isabella Internò. Voglio premettere che mio padre non credeva all’ipotesi che Bergamini si fosse suicidato, come invece aveva dichiarato la Internò, buttandosi come un tuffo in
piscina. Mio padre aveva una grossa esperienza nell’ambito dell’infortunistica stradale e ricordo che, sulla base della sua esperienza professionale, diceva che le lesioni riportate dal cadavere non erano compatibili con la dinamica raccontata dalla Internò. Mio padre diceva anche che lo stato delle scarpe – che non presentavano abrasioni e graffi – e dei vestiti e l’orologio – che era regolarmente funzionante – così come una catenina che il ragazzo indossava e che era intonso, senza alcuna traccia di investimento così come raccontato dalla Internò, mal si conciliava con quanto raccontato dalla Internò.

Ritornando al controesame della Internò, da parte di mio padre, ricordo che la donna ad un certo punto, incalzata dalle domande di mio padre, si mise a piangere e il Pretore ricordo che la tranquillizzò e sospese l’udienza, tant’è che mio padre si arrabbiò e fece una obiezione al Pretore, dicendo che proprio in un momento cruciale del controesame, quando la teste stava tentennando, il controesame era stato inopportunamente interrotto.
Ricordo che durante il controesame, nell’aula, la madre della Internò era palesemente innervosita dalle domande che mio padre faceva alla figlia.

Accanto alla madre della Internò c’era un uomo, seduto accanto a lei, il quale ricordo che indossava degli occhiali scuri. Ebbene ricordo che quell’uomo profferiva minacce contro mio padre, minacce di un male fisico verso mio padre, tant’è che io, sedendo in aula e udendo siffatte minacce, delle quali non ricordo il tenore, ebbi tanta paura…” 

Relativamente alle modalità con cui apprese della morte di BERGAMINI, Francesco ARCURI ha riferito di averlo saputo intorno alle ore 19:00 allorché, rientrando a casa, la moglie Giuliana lo aveva informato appunto che Isabella e Denis si trovavano a Roseto Capo Spulico e che il calciatore si era ucciso…

Riepilogando: Dino Pippo INTERNÒ, particolarmente legato allo zio Francesco INTERNÒ – aveva lavorato per diverso tempo nella ditta di tinteggiatura di interni di questi – e alla cugina Isabella. La sera del 18 novembre 1989, dice il fratello Roberto, si trovava a casa dei loro genitori a Santa Chiara, ma non viene ricordato presente alla riunione familiare né da Michelina MAZZUCA né da Luigi D’AMBROSIO.
Tiziana ROTA lo riconosce come uno dei due cugini di Isabella INTERNÒ incontrati a Commenda di Rende la sera del 6 novembre 1989, allorquando la stessa Isabella, vedendoli arrivare, le chiede di smettere di parlare di Donato BERGAMINI perché, se i cugini avessero saputo che l’aveva lasciata, sarebbero stati in grado di ammazzarlo per l’onore della famiglia.

Dopo aver deposto, il 18 maggio 2013, Roberto INTERNÒ lo informa di aver detto che si trovava a Santa Chiara, a casa dei loro genitori.
All’indomani della notifica dell’avviso di garanzia a carico di Isabella INTERNÒ del 16 maggio 2013, altrettanto all’indomani dell’udienza di incidente probatorio del 29 novembre 2017, manifesta con fervore tutta la sua solidarietà alla cugina, esprimendo opinioni e osservazioni che contraddicono il suo consueto autocontrollo.

Il giorno dopo il sequestro dei telefoni cellulari di Isabella INTERNÒ e di Luciano CONTE, appare ansioso di conoscere le modalità di cancellazione dei messaggi inviati utilizzando la
piattaforma WhatsApp. Dopo qualche giorno cambia cellulare.
La sera del 18 novembre 1989, dopo aver saputo del rientro della cugina da Roseto Capo Spulico, si reca a casa di Isabella INTERNÒ.
Altresì nei giorni successivi, sarà molto vicino alla cugina Isabella.
Francesco INTERNÒ gli chiederà di partecipare al funerale di Donato BERGAMINI e di stare vicino alla figlia, temendo reazioni dei tifosi.

Pietro CASCIARO, non aveva una particolare frequentazione con la cugina Isabella, diversamente invece che con il cugino Dino Pippo.
Non ricorda come apprese della morte di BERGAMINI, non ricorda cosa fece la sera del 18 novembre 1989. Ha partecipato al funerale del calciatore senza un motivo particolare, non sa dire perché il cugino Roberto INTERNÒ ha fatto finta di non riconoscerlo, non sa spiegarsi perché è stato tirato in mezzo nella vicenda della morte di
Donato BERGAMINI…

Tutto lascia pensare allora che il “secondo cugino” che accompagna stabilmente Isabella e Dino Pippo Internò sia proprio Francesco Arcuri.

Ma torniamo alla vicenda del processo di Trebisacce del 1991. L’avvocato Carmine ARCURI, zio di Francesco, era intervenuto garantendo al Pretore la presenza della donna all’udienza successiva, scongiurando così l’accompagnamento coattivo.
Francesco Arcuri accompagna Isabella Internò, insieme alla mamma e allo zio Carmine ARCURI in Pretura, a Trebisacce, il 30 maggio 1991, giorno della deposizione di Isabella INTERNÒ. Le immagini Rai acquisite nel corso dell’odierna attività di indagine riprendono
proprio Francesco ARCURI seduto accanto a Concetta TENUTA durante l’udienza del 30 maggio 1991.

Francesco ARCURI è un parente acquisito di Isabella INTERNÒ per averne sposato la cugina di primo grado Giuliana Anna INTERNÒ. Nel periodo di riferimento, l’uomo era fidanzato con Giuliana Anna INTERNÒ, ma era già ben inserito all’ambito della famiglia INTERNÒ. Il giorno dei funerali di Donato BERGAMINI, su richiesta di Francesco INTERNÒ, parteciperà
alle esequie e, sempre su richiesta dello zio, insieme agli altri cugini sarà sempre vicino ad Isabella INTERNÒ durante la funzione religiosa; lo zio di Francesco ARCURI, Carmine ARCURI, avvocato, su richiesta dello stesso nipote, rappresenterò Isabella INTERNÒ nelle fasi delle indagini preliminari e poi anche al processo nei confronti di Raffaele PISANO, presenziando insieme al nipote Francesco sia all’udienza del 7 che a quella del 30 maggio 1991.

Francesco ARCURI ha riferito di essersi recato a casa di Isabella INTERNÒ dopo aver avuto notizia della tragedia e dopo aver appreso che questa era rientrata a casa, da Roseto Capo Spulico. Mentre si trovava a casa di Isabella INTERNÒ arrivarono il presidente del Cosenza, Antonio SERRA, accompagnato da Roberto RANZANI e da un paio di avvocati, riconosciuti da ARCURI negli avvocati PELLEGRINI e Franz CARUSO, entrambi di Cosenza.

Evidentemente a Francesco ARCURI non fu chiesto di lasciare la stanza, come agli altri presenti, giacché assistette al colloquio e difatti ha riferito che quelli del Cosenza calcio chiesero a Isabella INTERNÒ di dire che Donato BERGAMINI era stato investito dal camion,
mentre stava scendendo dall’auto, in modo da far scattare l’assicurazione.
A questo punto intervenne proprio Francesco ARCURI a far presente che non poteva, Isabella INTERNÒ, cambiare versione avendo già deposto davanti ai Carabinieri: “…mentre eravamo a casa di Isabella quella sera, a un certo punto vennero il Presidente del Cosenza Antonio Serra, tale avvocato Pellegrini che dovrebbe essere suo cognato, Ranzani il direttore sportivo e un altro avvocato che potrebbe identificarsi in Franz Caruso… I predetti dopo aver parlato con Isabella che raccontò pure a loro il fatto, le chiesero di dire che in realtà Bergamini era stato investito dal camion mentre stava scendendo dall’auto dopo
aver aperto la portiera. Ciò in modo da far scattare l’assicurazione; a quel punto intervenni io dicendo che se Isabella già aveva reso dichiarazioni ai Carabinieri come poteva ora cambiare versione dicendo che era stato investito? …” .

Le polizze assicurative in questione erano due: una sottoscritta con la Sportass (Cassa di Previdenza per l’assicurazione degli sportivi) in base all’accordo stipulato con la F.I.G.C. (Federazione Italiana Gioco Calcio) e al regolamento assicurativo e l’altra con la compagnia “La Previdente Assicurazioni” stipulata dalla Società del Cosenza calcio.
Antonio Gregorio COVINO, nel 1989 segretario della Società del Cosenza calcio, nel corso della sua escussione ha riferito che se la morte di BERGAMINI non fosse stata considerata dovuta a suicidio, la Società avrebbe ricevuto un miliardo e 200 milioni di vecchie lire da “La Previdente Assicurazioni” mentre la famiglia avrebbe ricevuto 250 milioni
dall’assicurazione della Lega.

Considerato che il processo a carico di Raffaele PISANO per omicidio colposo in pregiudizio di Donato BERGAMINI, si concluse con sentenza di assoluzione dell’imputato per non aver commesso il fatto, riconoscendo dunque il suicidio come causa della morte del calciatore, sentenza poi confermata dalla Corte di Appello di Catanzaro, le Compagnie di Assicurazione non pagarono alcun risarcimento.