Omicidio Bergamini, la prima perizia del prof. Bolino: “Denis stordito con cloroformio e soffocato con una busta di plastica attorno al capo”

Già nell’incidente probatorio ma adesso anche nel corso del processo per l’omicidio volontario e pluriaggravato di Denis Bergamini i medici legali hanno stabilito con certezza scientifica non solo che Denis era già morto quando è stato steso sull’asfalto dai suoi assassini, ma anche le modalità con le quali è avvenuto il barbaro omicidio. Si tratta dei dottori Bolino, Testi e Fineschi. Di seguito, vi raccontiamo come già dalla sua prima perizia il professore Bolino aveva indicato la strada da seguire. 

La chiusura delle indagini della procura di Castrovillari aveva già buttato la mazzata definitiva a quei pochi che ancora ciarlavano della tesi del suicidio per la tragica morte di Denis Bergamini. La superperizia effettuata sulla salma di Denis del resto non lasciava e non lascia spazio ad equivoci: Bergamini è morto per soffocamento. Un particolare che chi ha seguito il caso ricollega immediatamente alla prima autopsia del professore Avato e alla perizia del medico legale Giorgio Bolino, della facoltà di Farmacia e Medicina dell’Università La Sapienza di Roma. Bolino, abruzzese di Sulmona, 53 anni, per la precisione, lavora al Dipartimento di Scienze Anatomiche, Istologiche, Medico-legali e
dell’apparato Locomotore dell’ateneo romano. Ed è uno dei medici legali di maggiore esperienza de “La Sapienza”.

In data 19 ottobre 2011 il professore Giorgio BOLINO riceveva incarico di procedere ad accertamenti medico-legali su atti relativi al decesso di Donato BERGAMINI, al fine di rispondere a quesiti tesi ad accertare la causa del decesso del calciatore. Si chiedeva altresì al professore BOLINO di realizzare una compiuta descrizione delle lesioni riportate da BERGAMINI e rilevate in sede di esame autoptico, di descrivere le lesioni tipicamente riscontrabili su un corpo, nell’ipotesi di investimento di pedone da parte di mezzo pesante con moto lento, con conseguente trascinamento del corpo per circa 50 metri e se tali lesioni fossero riscontrabili nel caso esaminato.

Il professore BOLINO veniva inoltre incaricato di riferire in merito alla compatibilità delle lesioni riportate da BERGAMINI con la dinamica dell’investimento descritta da Isabella INTERNÒ e Raffaele PISANO, alla compatibilità delle lesioni con un impatto frontale del mezzo di un corpo che si getta sotto le ruote e/o comunque davanti ad un mezzo in movimento, alla individuazione del punto di impatto, alla compatibilità con la dinamica come ricostruita dai verbalizzanti con la posizione della vittima come rinvenuta sul luogo dell’incidente.

Il CT era stato altresì incaricato di riferire in merito alla possibilità che la lesione riscontrata sul capo di BERGAMINI, in sede di esame autoptico, era conseguenza dell’impatto con il mezzo o se riconducibile ad altra modalità lesiva.

Il professore Giorgio BOLINO, nel suo lavoro, elenca innanzitutto la documentazione utilizzata per redigere la consulenza: la relazione di perizia medico-legale redatta dal professore AVATO a seguito della riesumazione del cadavere di BERGAMINI il 4 gennaio 1990, i rilievi fotografici realizzati sia in sede di autopsia che di sopralluogo, la relazione di perizia tecnica eseguita da Pasquale COSCARELLI su incarico del Dott. Ottavio ABBATE del 23 novembre 1989, il fascicolo processuale realizzato nell’ambito del p.p.161/1989, a carico di Raffaele PISANO. Ecco come il professore Giorgio BOLINO risponde ai quesiti.

Quesito: fornisca il CT una compiuta descrizione delle lesioni riportateda Bergamini Donato e rilevate in sede di esame autoptico sul corpo dal predetto, indicandone localizzazione, tipologia, natura, entità.

Il professore Giorgio BOLINO utilizza la relazione di perizia medicolegale elaborata dal professore AVATO, 10 fotografie autoptiche, 10 fotografie scattate in sede di sopralluogo. La descrizione del cadavere effettuata il 19 novembre 1989 presso la camera mortuaria dell’ospedale di Trebisacce, così come già evidenziato dal professore AVATO, risulta essere anche per il professore BOLINO di scarsa utilità, così come il certificato di constatazione di decesso che parla di <sfondamento toracico> laddove, specifica il professore Giorgio BOLINO, alcun sfondamento del torace era stato rilevato nel contesto dell’esame autoptico e degli allegati fotografici.

Basandosi dunque sul lavoro del professore AVATO, il professore Giorgio BOLINO fornisce un’accurata illustrazione delle lesioni riscontrate sul corpo di Donato BERGAMINI. Brevemente, a livello del capo non vengono individuate lesioni, sia all’ispezione esterna sia all’esame autoptico, nonché dalla visione delle foto corrispondenti. Anche in sede frontale sinistra non si riconoscono lesioni. Parimenti il collo è risultato indenne da lesioni. Per quanto riguarda il torace, dalla analisi delle foto il consulente registra fenomeni di trasformazione cadaverica nella regione emitoracica destra (il professore AVATO li aveva collocati a sinistra), mentre a sinistra si evidenza l’imbrattamento di terriccio e morchia.

Nessuna lesione traumatica a carico dei tegumenti, dei muscoli, delle strutture osteo-cartilaginee della gabbia toracica. Relativamente agli arti superiori, solo in parte visibili dalle foto, il professore BOLINO si rifà integralmente alla perizia del professore AVATO e quindi imbrattati di sangue, morchia, terriccio ma in ogni caso indenni da lesioni. Lo stesso per le porzioni degli arti inferiori attinenti il terzo medio-inferiore delle cosce, le ginocchia, le gambe e i piedi, dei quali però non furono realizzate foto.

Il professore Giorgio BOLINO riscontra, così come il professore AVATO, una lesività individuabile in via pressoché esclusiva in sede addominale antero-inferiore nonché a livello del III superiore delle cosce – sempre in sede anteriore – con descrizione in sede di esame autoptico di una breccia estesa ad occupare i fianchi, il mesogastrio, l’ipogastrio, le  regioni iliache e, parzialmente “l’epigastrio” la cui ampiezza risultava pari a 25 cm, come si osserva nell’immagine sotto riprodotta proveniente dalla relazione di consulenza del professore Giorgio BOLINO

Fa altresì notare che il margine della breccia cutanea, in sede di autopsia, non appariva di franca vitalità, cioè con netta infiltrazione ematica. A livello istologico veniva osservata l’assenza di fenomeni vitali in un prelievo eseguito in regione perineale, sede di prelievo, che però non veniva ulteriormente specificata. Il professor BOLINO riteneva che siffatto complesso lesivo fosse compatibile con un’azione di accostamento e almeno parziale sormontamento, come si verifica nelle ultime fasi dell’investimento, ad opera di un veicolo dotato di rilevante peso e velocità assai contenuta (moto lento).

Anche il professore Giorgio BOLINO passa in rassegna le fasi di un investimento rifacendosi alla letteratura medico-legale sull’argomento, specificando che le varie fasi non si susseguono necessariamente, e in questo caso si parla di investimento atipico. Così se mancano le fasi dell’urto e dell’abbattimento si deve ritenere, per forza di cose, che il corpo si trovasse già disteso sul terreno prima di essere accostato ed, eventualmente, sormontato. Il professore Giorgio BOLINO richiama la letteratura specifica e illustra la tipologia delle lesioni riscontrate nelle fasi di un investimento:

Della fase dell’urto sono proprie le lesioni di tipo fratturativo associate a fatti escoriativi ed ecchimotici localizzati per lo più agli arti inferiori;

Nell’abbattimento il soggetto viene prima proiettato in avanti e in alto, subisce poi una caduta al suolo per effetto della gravità e della forza viva trasmessagli dal veicolo, quindi urta sul terreno generalmente con la parte superiore del corpo; si verificano pertanto lesioni di tipo ecchimotico escoriativo e fratturativo del capo, delle spalle e degli arti superiori;

Nell’accostamento o propulsione predominano le lesioni contusive con produzione di escoriazioni, ferite lacero-contuse ed ampi scollamenti della superficie cutanea e/o muscolare;

Nel sormontamento le ruote possono determinare una particolare forma di lesività contusiva prodotta dalla violenta compressione esercitata sulla cute;

Durante il trascinamento si verificano per lo più lesioni di tipo ecchimotico escoriativo, ma anche estese discontinuazioni cutanee, con messa a nudo del piano muscolare e talora osseo.

Sulla base di tali riscontri, il CT ritiene che il quadro lesivo riscontrato sul cadavere di BERGAMINI sia attribuibile ad azione di accostamento e almeno parziale sormontamento ad opera di un veicolo dotato di rilevante peso e scarsa velocità, come si verifica nelle ultime fasi dell’investimento, essendo sostanzialmente assenti lesioni attribuibili alle iniziali fasi dell’urto e dell’abbattimento nonché della fase ultima del trascinamento. Inoltre evidenzia che dai rilievi fotografici del sopralluogo, per quanto visibile, si rileva che gli indumenti non presentavano particolari alterazioni almeno relativamente alla porzione posteriore del corpo e delle scarpe e questo a dimostrazione di quanto già evidenziato, ovvero che non sono riscontrabili altre lesioni se non quelle descritte a livello della superficie antero-inferiore di addome e radice della cosce.

Quesito: riferisca il CT in merito alla tipologia di lesioni tipicamente riconducibili ad un evento come quello descritto nella CNR e nelle dichiarazioni di Isabella Internò e Raffaele Pisano… nella specie il CT dovrà specificare se e quali siano le lesioni tipicamente riscontrabili su un corpo, nella ipotesi di investimento di pedone da parte di mezzo pesante – moto lento – con conseguente successivo trascinamento del corpo per circa 50 mt; riferisca se simili lesioni siano riscontrabili nel caso di specie; inoltre il CT riferirà altresì in merito alla compatibilità delle lesioni riportate dal Bergamini con la dinamica dell’incidente come sopra descritta… riferisca in merito alla compatibilità con la dinamica come ricostruita dai verbalizzanti con la posizione della vittima come rinvenuta sul luogo dell’incidente>.

Il professore Giorgio BOLINO, dopo aver consultato la documentazione, afferma che la ricostruzione dell’investimento fornita da Isabella INTERNÒ e da Raffaele PISANO non collima con quella del perito COSCARELLI ma anche con il complesso lesivo rilevato sul cadavere. Infatti si sarebbe dovuta verificare una lesività più ampiamente distribuita, da impatto contro varie parti del mezzo e non solo con lo pneumatico nonché da urti ripetuti contro la superficie dell’asfalto, con coinvolgimento di diversi distretti corporei, maggiormente localizzata in sede dorsale ed emisoma sinistra, con evidenti segni di strusciamento contro l’asfalto e di sormontamento ad opera di più ruote ben visibili sul
corpo e sugli indumenti. Invece, ribadisce il professore BOLINO, la lesività è localizzata in via pressoché esclusiva a livello della superficie medio-inferiore della parte anteriore dell’addome, del bacino e del terzo superiore delle cosce come da azione lesiva contro tale porzione del corpo ad opera della ruota anteriore destra dell’autocarro.
Anche la ricostruzione effettuata dal perito COSCARELLI (BERGAMINI, in posizione eretta, sarebbe stato urtato dalla porzione anteriore dell’autocarro ma ben oltre la piazzola di sosta quindi sospinto in avanti per circa 25/28 metri, con fase terminale di un metro in cui
finalmente scivolava sotto la ruota anteriore destra venendo così parzialmente sormontato) argomenta il professore Giorgio BOLINO risulta, del pari, poco aderente alla oggettività lesiva in quanto, anche in questo caso, si sarebbero determinate lesioni maggiormente distribuite e tipiche delle fasi di urto-abbattimento.

In merito alla causa del decesso di Donato BERGAMINI, il professore Giorgio BOLINO, sulla base del suo studio medico-legale osserva che “le caratteristiche macroscopiche di incerta vitalità del complesso lesivo, con analogo riscontro istologico portano a ritenere possibile che al momento dell’investimento il Bergamini fosse magari anche vivo ma in condizioni per così dire di ridotta vitalità ovvero in limine vitae.

Peraltro, va sottolineato anche che gli accertamenti tossicologici espletati non hanno potuto escludere l’azione di tossici esogeni volatili, quali etere o altre sostanze ad azione anestetica-narcotizzante (cloroformio) in grado di alterare lo stato di coscienza di Bergamini”.

A questo punto il professore Giorgio BOLINO evidenzia che queste sue considerazioni spiegherebbero come mai BERGAMINI si trovasse nella delineata particolarissima posizione rispetto al veicolo investitore, in assenza di lesioni ulteriori atte a ridurne la possibilità di reagire e sottrarsi all’investimento ed in assenza dell’azione tossica di sostanze esogene non volatili – come emerso dall’analisi istologica. Pur ammettendo come vera l’ipotesi del suicidio di BERGAMINI, le modalità in cui si sarebbe verificato sarebbero totalmente differenti da quelle testimoniate.

Il professore BOLINO evidenzia oltremodo la particolarità riscontrata a livello dei polmoni: “il destro, in sede antero-laterale, presentava <aree cromatiche rosso-cupo> con simile corrispettivo alla sezione e ciò, in assenza di lesioni sovrastanti, appare compatibile con emorragie intraparenchimali; inoltre le superfici alveolari, a ben guardare, si caratterizzavano per una discreta dilatazione. I polmoni avrebbero, invece, dovuto essere schiacciati e quindi atelettasici, privi di aria, almeno alle basi, anche perché sospinti da matassa ileale e colica del tutto compressa verso l’epigastrio.

Soprattutto le “frequenti rotture dei setti alveolari” non sono spiegabili in un soggetto giovane ed evidentemente in buona salute, sottoposto a rigidi controlli sanitari in quanto sportivo professionista.

Appaiono, invece, compatibili con lesioni da acuta asfissia meccanica, così come del resto la “fragmentatio cordis” cioè il rilievo istologico di frammentazione dei cardiomiociti, appare comunque compatibile con sofferenza ischemica acuta del miocardio quale si può verificare in caso di asfissia.

In un soggetto in cui non è possibile escludere l’azione di tossici esogeni atti a renderlo passivo succube, appare possibile l’azione di mezzi asfissiogeni in grado di non lasciare segni rilevanti, come una busta di plastica posta attorno al capo.

Ne deriva una morte rapida ovvero un altrettanto rapido stato di sofferenza anossica (soprattutto encefalica),
tale da consentire il posizionamento del corpo sul manto stradale nelle medesime condizioni e posizioni”. 

A conclusione della consulenza, il professore Giorgio BOLINO illustra alcuni aspetti di medicina legale relativamente alla classe delle asfissie, soffermandosi sulla forma di asfissia realizzata mediante il soffocamento. Spiega che l’omicidio mediante soffocamento richiede
sempre una certa sproporzione di forza tra la vittima e l’aggressore; per tale motivo viene attuato su handicappati, neonati, bambini, anziani, soggetti in preda all’effetto di alcool o sostanze stupefacenti. In molti di questi casi l’esperienza insegna che, proprio perché privi di qualsivoglia lesività specifica, saranno unicamente i fattori circostanziali a chiarire la causa mortis. Altro mezzo di soffocamento è rappresentato dagli involucri in plastica, sebbene con questo meccanismo asfittico concorrono anche il rapido esaurimento di ossigeno e l’incremento di anidride carbonica nell’aria respirata, tipico delle morti da confinamento: ciò soprattutto quando la busta di plastica per le sue dimensioni e la sua conformazione non aderisce costantemente agli orifizi respiratori. Bastano pochi atti
respiratori per raggiungere una concentrazione di anidride carbonica in grado di indurre subitanea perdita di coscienza e anche risultare rapidamente incompatibile con la vita.