Omicidio Bergamini, la verità è sempre più schiacciante

Siamo arrivati alla decima udienza del processo per l’omicidio Bergamini. Ieri in aula Graziella De Bonis, che frequentava la stessa scuola dell’imputata Isabella Internò, ha chiarito molto bene il quadro psicologico della “mantide di Surdo” tra avvertimenti consegnati alle sue gemelle “scagnozze” – le sorelle Libero –, biglietti e lettere che si capiva lontano un miglio (soprattutto dall’ignoranza…) che appartenessero alla sua già allora patetica figura. E ancora prima, nello scorso mese di febbraio, nella nona udienza, c’era stato tempo per ascoltare le grottesche lamentele della difesa attraverso la voce sempre più stridula dell’avvocato Pugliese e la grossolaneria della sua partner appartenente alla dinastia dei Cribari (arrassusia!) per la presenza in aula di Nicola Morra.

Ma non c’è dubbio che fossero state la settima e l’ottava udienza quelle più importanti dal punto di vista della “battaglia” tra accusa e difesa. La deposizione di Gigi Simoni si è protratta per oltre 5 ore e ha provocato molti momenti di tensione tra le parti mentre quelle di Sergio Galeazzi, Roberta Alleati e Carmine Della Pietra hanno messo a nudo in maniera disarmante le menzogne di Isabella Internò.

“E’ stata un’udienza estremamente significativa – aveva commentato l’avvocato della famiglia Bergamini, Fabio Anselmo -, che chiude un ciclo attraverso il quale la verità sta emergendo prepotentemente”.

Dopo i primi cinque mesi di processo e i primi 18 testi ascoltati per l’omicidio di Denis Bergamini le strategie appaiono chiare. L’accusa e le parti civili stanno cristallizzando tutto il quadro indiziario a carico di Isabella Internò, unica imputata del processo, che deve rispondere di concorso in omicidio volontario pluriaggravato dai futili e abietti motivi e dalla crudeltà, attraverso le testimonianze dei testi fino ad oggi ascoltati, che di fatto hanno tutti confermato quanto dichiarato nei precedenti verbali di sommarie informazioni.

La strategia dei difensori di Isabella Internò è chiarissima. I legali dell’imputata da una parte stanno cercando, ma fino ad ora senza il benché minimo risultato, ma anzi incassando colpi da kappaò, di intimidire e minare la credibilità dei testimoni, di farli apparire come condizionati dagli eventi mediatici che il caso suscita e ha suscitato e addirittura additandoli anche solo per aver condiviso foto o notizie di Denis Bergamini sui social media.

Dall’altra parte stanno cercando in tutti i modi di far passare ancora la tesi del suicidio o addirittura di spostare il movente su altri argomenti che fino ad oggi sia nei verbali di sommarie informazioni e quindi nelle indagini, sia nell’aula della Corte d’Assise di Cosenza non hanno avuto il minimo riscontro. E né serve a questo lo strepitio sempre più imbarazzante di una banda di scribacchini che pendono dalle labbra degli avvocati dell’imputata che rappresentano plasticamente le lobby di potere cosentine.

In pratica in aula fino a questo momento tutti i testi non hanno avuto nessuna esitazione, nonostante il clima di tensione e caciara creato ad arte dalla difesa, tanto che la presidente Paola Lucente più volte è stata costretta ad intimare, nel corso delle udienze, ai legali della Internò toni e atteggiamenti che non intimidiscano i testi.

Ha fatto benissimo l’avvocato Fabio Anselmo a denunciare il clima pesante e preoccupante creato ad arte soprattutto dall’avvocato Angelo Pugliese con un atteggiamento al limite dell’isteria per provare a condizionare l’andamento del processo. Un delirio di onnipotenza che è proseguito in maniera ancora più grottesca fino al punto di chiedere “spiegazioni” alla stessa presidente della Corte rispetto alle più che legittime lamentele dell’avvocato Anselmo e che è stato perentoriamente rispedito al mittente.

“E’ una mia condizione soggettiva personale – ha detto Anselmo -, ho percepito una tensione che andava oltre – a mio modesto avviso di avvocato – i limiti di una normale situazione processuale. Una tensione che andava oltre la normalità e quando parlo di normalità parlo di processi che facciamo insieme da 20 anni, che non sono proprio processi non impegnativi. Quindi ho espresso questa preoccupazione, e visto che se n’è voluto parlare in aula, l’ho confermata in aula. Credo che l’invito sia stato accolto e ho accolto anche la notizia che alla prossima udienza del 10 febbraio sarà presente il procuratore capo di Castrovillari. E’ un fatto importante, perché è una presenza che fa capire che è un processo che va seguito e che non è una iniziativa estemporanea o personalistica di qualcuno ma – conclude – è in realtà un fatto di giustizia, di esigenza di giustizia che è sentito dall’ufficio in modo impersonale”.

Ma il fatto più rilevante fino a questo momento è che nessuna di queste pessime strategie difensive ha scalfito in qualche modo il quadro indiziario e il capo di imputazione a carico di Isabella Internò. Anzi, sta trovando conferme e si sta rafforzando man mano che i testi vengono ascoltati. E ancora non siamo nemmeno ad un quinto del processo, considerato anche che nei prossimi mesi in aula entreranno le prove scientifiche, cristallizzate nell’incidente probatorio dell’allora procuratore Eugenio Facciolla del 29 novembre 2017. Siamo solo all’inizio e il processo per Isabella Internò e i suoi legali è già una Waterloo.