Due degli aspetti più importanti delle motivazioni della sentenza di condanna a 16 anni di reclusione per Isabella Internò per l’omicidio volontario pluriaggravato di Denis Bergamini riguardano il dolo eventuale e la premeditazione condizionata. Partiamo dal dolo eventuale, che induce i giudici a valutare l’ipotesi, più volte balenata in questi lunghi anni, di una seconda possibile interruzione di gravidanza di Isabella Internò. E chiudiamo con la premeditazione continuata, che è direttamente connessa. Il processo d’appello inizierà il 21 ottobre prossimo.
OMICIDIO BERGAMINI, DOLO EVENTUALE E PREMEDITAZIONE CONTINUATA
“… Il contributo di Isabella Internò all’omicidio di Donato Bergamini si è articolato in più momenti, essendo ella risultata presente sui luoghi ed avendo tenuto, in modo consapevole e volontario, una condotta casualmente rilevante nelle diverse fasi della realizzazione.
In primo luogo mediante l’incitamento agli esecutori materiali, a partire dal 6 novembre 1989, data dell’incontro con Tiziana Rota, in cui palesava la consapevolezza dello stato d’animo dei congiunti rispetto alla fine della sua relazione con Denis ed, a fortiori (a maggior ragione, ndr), rispetto alla presa di coscienza da parte di costoro dell’interruzione di gravidanza dovuta al rifiuto del matrimonio.
Non v’è dubbio che la frase proferita ad alta voce a Tiziana Rota – “Cambia discorso perché se i miei cugini sanno della fine della relazione lo ammazzano” – rivela la piena coscienza della capacità criminale dei correi e della mentalità violenta e prevaricatrice, oltreché retrograda e gretta, pronte a tutto in onore della tutela dell’integrità morale della cugina.
Da quel momento, l’intento vendicativo e ritorsivo verso colui che aveva deciso di lasciarla definitivamente, da strettamente personale viene rivelato ai correi e resta invariato sino alla realizzazione dell’evento premeditato ed alla precostituzione dell’alibi di quel sabato pomeriggio. Né varrebbe obiettare che l’imputata avesse conosciuto il proposito criminoso dei correi, ma non i dettagli di esso. A parte il rilievo dei suoi comportamenti nel corso dell’azione delittuosa, univocamente sintomatici della sua consapevole e volontaria adesione al piano omicidiario in itinere, va considerato che, in tema di concorso di persone nel reato, la volontà di concorrere non presuppone necessariamente un previo accordo: l’attività costitutiva del concorso può ben essere rappresentata da qualsiasi comportamento esteriore che fornisca un apprezzabile contributo in tutte o alcune fasi di ideazione, organizzazione ed esecuzione, alla realizzazione del proposito criminoso comune. E’ sufficiente che ciascun agente abbia conoscenza – anche unilaterale – del contributo recato alla condotta altrui.
Id est (così è, ndr) nel caso di specie, ove il contributo di Isabella Internò si realizza anche durante l’intera azione culminata con l’omicidio di Denis, nella quale ha rivestito il ruolo preminente dell’adescatrice, colei che ha condotto la vittima alla resa dei conti con i congiunti. Epperò ritiene la Corte che, a dispetto della ricorrenza in capo all’imputata del dolo diretto richiesto dalla fattispecie di omicidio, ricorre il dolo nella sua forma eventuale.
In altre parole, piuttosto che volere direttamente la morte del suo ex fidanzato, come conseguenza diretta della sua condotta, ella ha voluto condurlo ad un regolamento di conti con i cugini esecutori materiali, per tentare il tentabile, ossia per piegarne la volontà ed indurlo a restare con lei, forse a sposarla, perché di nuovo incinta (il che spiegherebbe il fatto che Denis portasse con se il biglietto con l’indirizzo della Leighan Clinic di Londra dove era avvenuto l’aborto del luglio 1987). Perché avere appresso, nel portafogli, un dato informativo utilizzato circa due anni prima e dalla dubbia utilità nel quotidiano?…”.
A questo punto, ci fermiamo un attimo dalla lettura delle motivazioni della sentenza e approfondiamo l’aspetto della seconda possibile gravidanza, che non è certo secondario per capire quello che è accaduto.
L’ABORTO A LONDRA E LA ZIA DI TORINO
Nella primavera del 1987 Isabella rimane in stato interessante.
“La ragazza non intendeva portare avanti la gravidanza – ricorda Donata Bergamini, la sorella di Denis nella sua deposizione davanti al giudice nel Tribunale di Castrovillari– e Denis mi chiese di aiutarlo. Venne a casa mia insieme ad Isabella nell’estate del 1987, nel corso del mese di luglio, e io li accompagnai dal mio ginecologo (Ernesto Esposito di Russi, provincia di Ravenna, ndr), il quale stabilì dopo gli esami di rito che ormai la gravidanza era giunta al quinto mese e non si poteva più praticare l’aborto nei termini di legge… La ragazza a tale notizia reagì in modo piuttosto vivace affermando che comunque voleva abortire e che sapeva che esisteva la possibilità di interrompere la gravidanza all’estero. Il ginecologo, dopo averla invitata alla calma, le fece presente i rischi connessi a un aborto in tali condizioni…. Denis, presente al colloquio, disse alla ragazza che la decisione apparteneva solo a lei e che, nel caso in cui avesse deciso di tenere il figlio, non avrebbe avuto problemi a riconoscere il bambino…”. Ma Isabella si oppone e qualche settimana dopo, ancora nel corso del mese di luglio del 1987, accompagnata da Denis, abortisce in una clinica di Londra. Né si capisce bene perché avesse preso la decisione quando ormai era al quinto mese di gravidanza…
Donata Bergamini inserisce a questo punto anche un altro elemento importante legato alla famiglia di Isabella. Dapprima chiede alla ragazza cosa ne pensassero i suoi genitori e Isabella risponde che non ne sapevano niente e che al corrente della situazione c’è solo una zia che sta a Torino. E’ la sorella della madre di Isabella, Concetta Tenuta. Ma sarebbe più preciso considerarla la “sorellastra”, visto che sono sorelle solo di madre. Si chiama Francesca Siciliano.
“Ho saputo che la zia di Isabella, sorella della madre, abitante a Torino, aveva reperito l’indirizzo di una clinica inglese anche con l’aiuto di esponenti del Partito Radicale. Si decise di andare a Londra e così avvenne. Invero, io di mia iniziativa mi ero messa in contatto telefonico con la zia di Isabella, alla quale avevo espresso le mie preoccupazioni per la decisione assunta e avevo ricevuto in risposta dalla signora l’affermazione che Isabella era troppo giovane e avrebbe dovuto finire gli studi. Ma non solo. La zia di Isabella disse anche che conosceva la mentalità del posto e far nascere il bambino sarebbe stato un disonore. Io cercai di insistere dicendo che Denis lo avrebbe riconosciuto ma lei mi rispose che non era disposto a sposarla e si fece ripassare la nipote. Dalla telefonata capii anche che era già stato organizzato il viaggio e trovata una clinica di Londra per poter eseguire l’aborto”.
Denis gira un filmino di quel viaggio a Londra, spostandosi con la sua telecamera amatoriale anche all’esterno della clinica, di cui si legge distintamente il nome: “Leighan Private Clinic”.
LA FINE DEL RAPPORTO TRA DENIS E ISABELLA
Dopo la triste esperienza dell’aborto, il rapporto tra Denis e Isabella fatalmente ne risente ma continua ancora, tra il 1987 e il 1988, tra alti e bassi. E’ impossibile conoscere la situazione del rapporto mese per mese dopo l’interruzione di gravidanza dell’estate del 1987 ma sappiamo con certezza che tra maggio e giugno 1988, quando Bergamini festeggia la promozione del Cosenza in Serie B, non c’è traccia di Isabella.
Suo cognato Guido, il marito della sorella Donata, è rimasto a Cosenza per almeno due settimane e non ha mai visto la ragazza. Anzi, è stato testimone di altre relazioni di Denis, magari durate solo una notte o un pomeriggio, visto che, come abbiamo accennato, era corteggiatissimo dalle ragazze cosentine.
“Posso dire che in quei giorni non vidi mai Isabella – afferma Guido -. Già prima di allora Denis mi aveva detto che le cose con lei non andavano tanto bene e che il loro rapporto si era raffreddato. Ricordo che Denis mi disse: “E’ possessiva. Mi fa delle scenate senza alcun motivo”.
Anche il suo compagno di appartamento Gigi Simoni sottolinea la gelosia di Isabella. “Nel rapporto con Denis, Isabella era senz’altro gelosa e direi anche possessiva. Spesso arrivavano telefonate di Isabella che voleva sincerarsi che fosse in casa. Quando non c’era e io ero in casa, voleva sempre sapere dove fosse Denis e quando sarebbe rientrato. Io poi riferivo a Denis che Isabella lo aveva cercato e spesso lui commentava, un po’ seccato, “ancora…”. Insomma, capivo che lei era troppo opprimente e che voleva sapere dove fosse in ogni momento della giornata. Diverse volte Denis aveva lasciato la ragazza e mi aveva detto: “Adesso basta con Isabella”. Dopo poco tempo, però, li rivedevo assieme e Denis, pur dopo averla mollata, si rimetteva assieme a lei”.
Maurizio Lucchetti e sua moglie Tiziana Rota uscivano spesso con Denis e Isabella e il centravanti rossoblu, insieme alla compagna, sono stati determinanti (per come abbiamo già visto http://www.iacchite.blog/omicidio-bergamini-tutti-gli-indizi-contro-iisabella-interno-e-i-due-cugini/) per chiarire una serie di circostanze strettamente legate alla morte di Denis.
“Circa il loro rapporto – dichiarerà Lucchetti all’avvocato Gallerani nella sua controinchiesta – posso dire che, anche se stavano bene assieme, avevano una mentalità molto diversa. Sicuramente per Denis il pensiero principale era il calcio mentre per Isabella il pensiero principale era Denis… In particolare posso dire che Isabella era molto gelosa e possessiva, a livello che potrei definire morboso”.
“Isa era molto innamorata di Denis – dichiara Tiziana Rota – ma amava anche il contesto in cui lui viveva. Si trovava su un piedistallo, era un bravo calciatore, famoso, lui e i suoi compagni a quei tempi erano visti come degli idoli, io stessa riflettevo l’immagine di mio marito e la cosa mi faceva piacere… Tuttavia, la gelosia di Isa nei confronti di Denis si faceva sempre più morbosa… ad esempio mi telefonava a fine allenamento chiedendomi se Maurizio era già rientrato e capitava che mi rispondesse: “Vedi, Denis non è ancora arrivato, chissà dov’è, chissà cosa starà facendo…”. Controllava persino sotto casa sua per vedere se tornava dagli allenamenti. Per questi motivi litigavano spesso e Denis più di una volta, in presenza mia e di mio marito, le aveva detto: “Te lo dico davanti a loro, se non la smetti con questa gelosia, ti lascio”.
E’ probabile che Denis abbia riallacciato la relazione con Isabella tra agosto e ottobre del 1988 mentre è certo che a novembre dello stesso anno i due si erano definitivamente lasciati o comunque la loro relazione si era interrotta per più di qualche mese. E’ quanto risponde la ragazza a una precisa domanda del sostituto procuratore riguardante la durata del loro rapporto.
Cosa sia accaduto a novembre del 1988 non è dato sapere ma si deve trattare di qualcosa di molto importante o quantomeno a Isabella serve fissare una data per dare un riferimento temporale preciso. Non sappiamo se le serve per le indagini oppure per una “giustificazione” da dare a qualcuno. Alludiamo ovviamente al suo futuro marito Luciano Conte, del quale tratteremo a breve…
Questo comunque non significa che Denis e Isabella da novembre 1988 in poi non si siano più visti o sentiti. Denis, tuttavia, qualche mese dopo, anche parlando con i suoi familiari, sottolinea che il suo rapporto con Isabella si è definitivamente interrotto. E così risulta anche agli amici Michele e Francesca Mirabelli, che lo ospiteranno a casa loro nell’estate del 1989.
Ma c’è di più. Nel maggio del 1989 Denis aveva riallacciato una relazione avuta anni prima con Roberta Alleati, una ragazza di Russi. “Mi raccontò che era single in quel momento – dice Roberta nel dossier presentato dall’avvocato Gallerani -, che aveva avuto una relazione durata diversi anni con una ragazza di Cosenza e che era finita da un paio di mesi. Era finita perché lui si era disinnamorato. Denis mi disse che era diventato impossibile rimanere assieme a lei per la sua morbosa gelosia e possessività; lo soffocava e lo esasperava…”.
A giugno invece Bergamini se ne va a Riccione insieme ai compagni di squadra Padovano e Marino e di sicuro non ha più contatti con Isabella. E frequenta spesso invece Roberta, la ragazza di Russi, in provincia di Ravenna, che aveva conosciuto quando giocava con la squadra del paese romagnolo in Serie D. Torna a Cosenza a metà luglio ma solo per andare in ritiro con la squadra.
LA POSSIBILE SECONDA GRAVIDANZA DI ISABELLA
Ci sono diverse testimonianze che riferiscono di una certa insistenza di Isabella nel cercare Denis, sia telefonicamente che in giro per la città, nei mesi di aprile e maggio e poi ad agosto del 1989.
Giovanna Rosapane, una sua amica cosentina, dichiara: “Denis mi disse che non riusciva a liberarsi di Isabella, che gli telefonava e lo “tampinava” dappertutto…”. Anche la stessa Roberta Alleati riferisce che Bergamini gli confidava i tentativi di Isabella di riprendere il rapporto.
Michele e Francesca Mirabelli, come accennato, lo ospitano nel loro appartamento ad agosto (mentre loro si trovavano al mare) insieme a Michele Padovano in attesa che si liberasse l’appartamento destinato loro dalla società per la stagione 1989-90.
Michele Mirabelli ricorda in particolare che, al rientro dalle ferie, quando i due calciatori già si erano trasferiti nella nuova casa, ascoltò i messaggi che erano arrivati nella sua segreteria telefonica. E trovò alcuni messaggi che erano rivolti a Denis. I messaggi erano tutti di Isabella Interno ed erano tutti dello stesso tenore.
Così dichiara Michele Mirabelli: “La ragazza sollecitava (quasi pregandolo) Denis a risponderle. Il loro tenore era il seguente: “Denis, rispondi, rispondi”; “Dè, ti vuoi decidere a chiamarmi?”; “Rispondimi, rispondimi, ti prego”. Ricordo che ascoltai i messaggi con mia moglie Maria e anche con mia figlia Francesca. Tutti noi rimanemmo stupiti e capimmo bene che Denis non intendeva rispondere alle telefonate della ragazza”.
Isabella Internò potrebbe avere abortito una seconda volta tra l’estate e l’autunno del 1989. Lo avrebbero appurato gli investigatori acquisendo la relativa documentazione in una clinica di Cosenza. Qualcuno dice che Isabella cercasse Denis per informarlo che, dopo uno dei loro ultimi incontri, era rimasta incinta. Qualcuno ritiene che invece Isabella fosse rimasta incinta del suo futuro marito… Ma in ogni caso Bergamini non le dà la possibilità di parlare. E Isabella potrebbe essere andata ad abortire a Cosenza, probabilmente ancora con l’aiuto della “zia di Torino”, per evitare che qualcuno dei suoi familiari potesse scoprire tutto.
Questa volta però i familiari di Isabella vengono a conoscenza della gravidanza (non sappiamo se di una sola o addirittura di entrambe) e tra questi anche quell’amico di famiglia, un poliziotto in servizio alla Squadra mobile di Palermo, che qualche tempo dopo sarebbe diventato suo marito. Ma che molto probabilmente faceva “triangolo” con la sua fiamma e Denis. Nel senso che quella donna lo prendeva per i fondelli… e quindi non sapeva di chi fosse il figlio.
Eh sì, perché quando il giudice le chiede lumi sul periodo della sua gravidanza, la ragazza risponde testualmente: “… Mi è capitato di dover ricorrere alla interruzione volontaria della gravidanza nell’estate del 1988…”. Già, però l’aborto avvenne in realtà l’anno precedente, nel 1987, ed è davvero strano un errore del genere per chi abortisce. A meno che non dovesse dare “giustificazioni” al futuro marito. O forse vi fu un altro aborto? Oggi questa eventualità trova riscontro anche nelle motivazioni della sentenza…
E torniamo proprio alle motivazioni.
“… L’indagine del processo decisionale e dei motivi che hanno indotto l’imputata a condurre la vittima sul luogo dell’agguato conduce alla ponderata consapevolezza, da parte sua, della concreta prospettiva dell’evento collaterale, voluto dai correi. Ciò nel senso che tale indagine si traduce in adesione a tale eventualità, quale prezzo o contropartita accettabile in relazione tra la volontà e la causazione dell’evento… Molteplici sono i segni attraverso i quali inferire la sicura accettazione degli effetti collaterali della propria condotta… E nello specifico sussistono tutti gli indicatori sintomatici del dolo eventuale.
- La condotta posta in essere è ben lontana da quella doverosa: è espressione di vendetta, indomita reazione ad un preteso oltraggio, tale solo nella mente dell’imputata e dei suoi correi.
- La durata e la ripetizione della condotta: il contributo costante e ripetuto nelle diverse fasi dell’ideazione e della programmazione apre realisticamente alla ipotesi concreta che vi sia stata accettazione e previsione delle conseguenze lesive.
- Il comportamento successivo al fatto: la presenza dell’imputata sul luogo finalizzata a fornire una falsa versione dei fatti, tesa ad accreditare l’ipotesi di un improbabile suicidio, per scongiurare ogni possibile sospetto di una diversa azione delittuosa mostra appieno l’estrema determinazione del tentativo di sottrarsi all’intervento delle forze dell’ordine ed all’accertamento dei fatti, volutamente travisati. Così il ripetere costantemente la propria innocenza con la pretesa di essere creduta dalle persone vicine alla vittima e il mostrarsi fredda e cinica con l’amica Tiziana Rota rispetto al tragico evento appena occorso, del quale aveva rivendicato la “giustizia”.
- Il fine della condotta, la sua motivazione di fondo, la causale propria dell’odierna imputata, ossessionata dalla vittima, condivisa con i correi, paladini della sua onorabilità, di condurre Donato alla ragione, di azzerare la sua negazione del matrimonio, e di metterlo alle strette rivelano la congruenza del “prezzo” connesso all’evento non direttamente voluto rispetto al progetto dell’azione.
- La personalità di Isabella Internò esaminata in concreto e senza categorizzazioni moralistiche può mostrare le sue caratteristiche, la sua cultura, l’intelligenza, la conoscenza del contesto nel quale sono maturati i fatti e quindi l’acquisita consapevolezza degli eventi collaterali possibili.
Ed allora, non v’è dubbio che l’imputata fosse una persona risoluta, non rinunziataria ed animata dal morboso desiderio di possesso della vittima, che in precedenza aveva pagato il prezzo del rifiuto del matrimonio, con un’interruzione di gravidanza molto avanzata (illecita!), con l’uccisione di un feto ormai formato. E poi per salvare l’onore di ragazza per bene che non può far nascere e crescere un figlio fuori dal matrimonio.
Non lo accettava la società dell’epoca, un territorio sordo all’emancipazione femminile all’indomani dell’abrogazione del delitto d’onore, ma soprattutto non lo accettava la sua famiglia, ed innanzitutto il padre, ignaro perfino della rottura della relazione con la vittima, che doveva essere tenuto all’oscuro di tutto. Tale deplorevole fine aveva giustificato addirittura, in passato, il sacrificio di un figlio e dunque ben poteva sacrificarsi la vita dell’autore del grave “affronto”.
La probabilità di verificazione dell’evento era ben presente nella mente di Isabella, la quale disponeva di tutti gli strumenti di calcolo delle possibilità (elevatissime) che si verificasse l’evento illecito. Le erano ben noti il modo di pensare, la mentalità dei cugini, evidentemente pronti a compiere qualsiasi gesto a tutela dell’onore. Si ricordi il contesto socio culturale in cui vive Roberto Internò, amico di esponenti massimi della criminalità locale (il boss Francesco Patitucci, che abitava proprio nel suo stesso quartiere a Santa Chiara di Rende, ndr) e che vanta nel suo curriculum una gambizzazione subita. Li conosce così bene da temerne la reazione, proprio rispetto alla decisione della vittima di interrompere la relazione.
E’ giocoforza che, esternato il suo proposito vendicativo a costoro, si era prefigurata la concreta possibilità del degenerare del regolamento dei conti, fino al collaterale verificarsi dell’evento mortale, sol che la vittima avesse persistito nei suoi intendimenti. Dunque non solo ha posto sul piatto della bilancia il fine cui mirava e il prezzo da pagare, ma ha in modo risoluto fatto prevalere lo scopo perseguito sul prezzo, con una scelta razionale, che prevedeva la piena previsione degli effetti collaterali della condotta.
Se, dunque, gli esecutori materiali sono stati certamente animati da un dolo diretto rafforzato dalla premeditazione (prova ne sono la predisposizione di uno strumento soft per soffocare la vittima e il probabile impiego di sostanze narcotizzanti), la circostanza aggravante della premeditazione può bene estendersi anche all’imputata perché il dolo eventuale è compatibile con la premeditazione…
Il comportamento tenuto dall’imputata dopo la fine della relazione sentimentale è univocamente indicativo della sua caparbia determinazione a vincere con ogni mezzo la unilaterale decisione del giovane calciatore di porre fine alla relazione. Infatti non si rassegna ai suoi rifiuti ma lo opprime con la sua presenza continua, le telefonate, i messaggi, i nascondimenti, ponendo in essere insistenti tentativi di mediazione attraverso comuni amici.
Ciò rivela un senso di insopprimibile possesso, a cagione del quale, preso atto, della fallacia di ogni tentativo diretto e indiretto di avvicinamento (il categorico rifiuto di Tiziana Rota di intercedere con Denis del 6-11-89) si consolidava il sentimento di rabbia e di acredine e con esso la logica perversa del “o con me o con nessuno”. Ed i fatti del 18 novembre 1989 si inquadrano in tale sedimentato contesto, psicologico e propositivo, allorché l’imputata, all’ormai definitivo rifiuto opposto dal giovane, maturava la scelta di coinvolgere i parenti nella vicenda allo scopo di dare una lezione a Bergamini.
Non v’è chi non veda come l’azione delittuosa è risultata diretta conseguenza di una fredda pianificazione e di un atteggiamento volitivo scaturente da una volontà punitiva nei confronti del ragazzo, da cui l’imputata non accettava il distacco, considerandolo “res” di sua proprietà. Una pianificazione portata avanti senza soluzione di continuità, a far data almeno dal 6-11-89 ovvero dall’incontro con la Rota, dopo aver preso atto definitivamente dell’irrevocabilità del rifiuto opposto dalla stessa e della indisponibilità dell’amica di mediare”.