Omicidio Bergamini, tutte le menzogne di Isabella Internò e dei suoi protettori

Sono passati quasi 32 anni dall’omicidio di Denis Bergamini. Era il 18 novembre 1989 quando un gruppo di assassini tra i quali pezzi deviati dello stato hanno portato a termine il loro disegno e sono tuttora coperti da altri servitori infedeli dello stato, che hanno continuato ad operare per impedire non più che esca fuori la verità (che ormai conoscono tutti) ma che venisse celebrato un processo. Obiettivo fallito, visto che oggi quel processo finalmente inizia. 

Tra i media calabresi c’è quasi una sorta di “autocensura” quando si deve parlare di Isabella Internò, l’unica testimone oculare dell’omicidio del calciatore del Cosenza Denis Bergamini.

In tutte le parti del mondo, questa donna (?) sarebbe stata mandata a processo per concorso in omicidio volontario. Per la semplice ragione che, a 31 anni di distanza, continua ad affermare che Bergamini si è suicidato. Oggi siamo di nuovo al fatidico quesito: deve andare a processo o no? E se siamo a questo punto, è del tutto evidente che in tutti questi anni qualcuno l’ha protetta. La signora (?) in questione è maritata con un poliziotto ed è stata protetta da giudici corrotti e da un sistema così deviato da far paura.

Capito perché non viene fuori la verità?

Non vale neanche la pena di scendere nel merito delle sue farneticazioni rese possibili da un sistema di informazione prono e servile ad ogni tipo di poteri forti. E per fortuna anche “Le Iene” recentemente hanno finalmente rotto con decisione questa “censura” facendo vedere a tutta l’Italia la coda di paglia che ha!

titolo Un grande magistrato, Aldo Fiale, sostituto procuratore generale della Corte d’Appello di Catanzaro, nel 1991, aveva già bollato la credibilità di questa signora. Sì, perché la procura di Castrovillari non aveva inteso neanche proporre ricorso contro la sentenza della pretura di Trebisacce. Collusa com’era con gli assassini del calciatore del Cosenza.

LE MENZOGNE DI ISABELLA INTERNO’

Il 4 luglio 1991 il pretore di Trebisacce Antonino Mirabile assolve il camionista Raffaele Pisano “per non aver commesso il fatto” dall’accusa di omicidio colposo.

Il pretore considera del tutto credibile la versione dei fatti ricostruita nella quasi totalità attraverso la testimonianza chiave di Isabella Internò.

“La ragazza – si legge nella sentenza -, quando aveva avuto tutto il tempo per riflettere, pur conscia e consapevole di poter essere ritenuta in qualche modo moralmente responsabile (a cagione della pregressa relazione sentimentale ormai interrotta) della morte del giovane calciatore benvoluto dalla tifoseria cosentina e corteggiato dalle ragazze, ha ancora sostenuto convincentemente la tesi del suicidio, mentre invece, attese la evidente e pregiudizievole pubblicità negativa e la risonanza che il fatto ha avuto… avrebbe avuto, per così dire, interesse a sostenere comodamente la tesi dell’omicidio colposo, di un sinistro stradale”.

Sarebbe stato molto più semplice legare il “suicidio” ad un incidente con omissione di soccorso… Ma evidentemente bisognava “dare peso “alla versione della ragazza e il pretore, che prende ordini dalla stessa regia dell’omicidio, non ha nessun problema ad eseguirli…

La procura generale di Catanzaro presenta appello. Ecco cosa scrive il sostituto procuratore generale Aldo Fiale nel ricorso.

Il perito dott. Coscarelli ha accertato che per il camionista l’avvistabilità del pedone con il solo ausilio dei fari anabbaglianti era di 50-60 metri e, con l’ausilio dei fari abbaglianti, decisamente superiore. Lo stesso camionista, del resto, ha confermato, senza possibilità di equivoco, che Bergamini, al momento dell’impatto, si trovava in piedi sulla platea stradale.

Se Pisano, pertanto, fosse appena attento, avrebbe avvistato la vittima a non meno di 60 metri di distanza, e fin dal momento di tale avvistamento avrebbe potuto porre in essere tutti quegli elementari comportamenti di prudenza che sono doverosi in una situazione siffatta: adeguamento della condotta di marcia; uso reiterato e prolungato del segnale acustico; spostamento a sinistra nella propria corsia di marcia; arresto del veicolo di fronte alla persistenza del pedone nell’occupare la sede stradale…ISABELLA E IL TUFFO

La teste Isabella Internò, frastornata dall’improvviso accaduto, stravolta e angosciata, ebbe la sensazione che Bergamini si fosse tuffato sotto le ruote di un grosso automezzo, con lo stesso atteggiamento che si assume quando si fanno i tuffi in piscina.

Tuttavia, se così fosse, avrebbe impattato con il capo e con le braccia contro una parte di fiancata del camion e ne avremmo trovato le tracce sul suo cadavere. Nessuna lesione, invece, è stata individuata. Anche la versione fornita dal camionista – nel tentativo di ricalcare quella della ragazza – appare ingenuamente non veritiera.

Pisano ha affermato che la Maserati di Bergamini era in sosta a circa 3-4 metri dalla striscia gialla che delimita la carreggiata e il giovane era in piedi vicino allo sportello anteriore sinistro dell’autovettura.

Quegli, poi, appena l’autocarro giunse alla sua altezza, con un gesto fulmineo si lanciò (come colpito da un raptus improvviso) sotto la ruota anteriore destra dell’automezzo. Se questa versione fosse vera, Bergamini avrebbe improvvisamente spiccato un impossibile e incredibile balzo di circa 5 metri. Appare chiaro allora che il camionista si è adeguato alla prospettazione (per lui comoda) del “tuffo” enunciata da Isabella Internò; ha però esagerato ed è stato smentito dalle risultanze…

Il primo giudice ha aderito acriticamente alla ipotesi del suicidio prospettata da Isabella Internò e non ha colto tutte le contraddizioni e le imprecisioni che si rinvengono nella deposizione di lei, assunta a elemento decisivo della vicenda. La ragazza ha riferito frasi pronunziate da Bergamini e subito dopo le ha smentite, non ha mai detto però che il giovane le abbia espresso il proposito di suicidarsi.

Ma perché poi Bergamini avrebbe desiderato suicidarsi? Era giovane, aveva successo, ragazze e denaro. Parenti, amici e compagni di squadra hanno concordemente riferito la sua grande volontà di vivere e della sua voglia di giocare una grande partita il giorno successivo.

Dov’è allora quel “mal di vivere” che conduce al suicidio? Non ci si uccide portandosi un testimone appresso e non ci si suicida davanti a terzi. E’ una conclusione, questa, che gli studiosi traggono anche dall’analisi statistica del fenomeno. Il suicidio è una invenzione distruttiva dell’io, che non ammette spettatori…

Fin qui il magistrato Fiale.

Ma qualcuno aveva deciso che non doveva essere così. Una procura complice e connivente con un pm, Ottavio Abbate, che non svolse nessuna indagine. Un passaggio di consegne ad un pretore, a Trebisacce, perché l’ipotesi di reato di omicidio colposo sposta anche il luogo del processo. Dopo il disastro delle indagini, però. E il pretore Antonino Mirabile conferma il suicidio. Così come farà la Corte d’Appello di Catanzaro nonostante il bel ricorso di Fiale.

Ci dev’essere per forza un regista deviato che mette in piedi la catena. Un regista che è per forza di cose compromesso e che per portare l’accordo fino in fondo deve continuare a coprire gli assassini di Denis Bergamini.

Checchè ne dicano Isabella Internò e i suoi penosi protettori nel mondo dei media.