La vicenda che ha coinvolto il reo confesso dell’omicidio di Damiano Galizia – avvenuto il 26 aprile 2016 a contrada Dattoli di Rende, il cui corpo fu ritrovato però nella notte tra l’uno e il due maggio – Francesco Attanasio, oltre che tragica, ha sempre avuto contorni poco chiari.
Non per la Corte d’Assise di Cosenza che nell’emettere, ieri, la sentenza di primo grado ha condannato l’Attanasio al massimo della pena: l’ergastolo. La Corte non ha riconosciuto nessuna “attenuante” all’imputato, considerando l’azione omicidiaria premeditata ed eseguita con ferocia.
L’assassinio di Damiano Galizia scatenò una faida tra le due famiglie che culminò con il barbaro duplice omicidio di Edda Costabile e della figlia Ida Attanasio (madre e sorella di Francesco Attanasio) avvenuto domenica mattina del 30 ottobre del 2016, nel cimitero di San Lorenzo del Vallo.
Un duplice omicidio che vede alla sbarra il fratello di Damiano Galizia, Luigi. Una tragedia nella tragedia.
La massima pena ad Attanasio, risulta un po’ estrema rispetto ai fatti realmente accaduti. Quello che è successo quel tragico 26 aprile del 2016 potrebbe non corrispondere alla versione ufficiale fornita dagli investigatori della questura – che in questa vicenda hanno, evidentemente, qualche responsabilità – ai giudici della Corte d’Assise di Cosenza.
L’omicidio di Galizia si intreccia con il ritrovamento di un arsenale nel complesso residenziale il Girasole (Quattromiglia), all’interno di un box di cui l’affittuario era proprio Attanasio. Ma che aveva “ceduto” a Galizia. Che per la questura di Cosenza, che lo attenzionava da tempo, risultava essere un affiliato alla cosca Lanzino/Presta. Lo stesso giorno in cui avviene l’omicidio di Galizia, verosimilmente attorno alle 19, a distanza di 4/5 ore la questura fa irruzione nel magazzino trovando l’arsenale. Ed in conferenza stampa il questore dell’epoca afferma di aver fatto il ritrovamento grazie ad una telefonata giunta in questura, attorno alle 17, sempre del 26 aprile 2016, effettuata proprio da Attanasio, che li informa della presenza dell’arsenale in quel box. Una grande e grossa bugia.
Perché dell’esistenza di quel magazzino la questura ne era a conoscenza da almeno 5 giorni, e prova ne è il fatto che la proprietaria del magazzino, una signora di Crotone, venne contattata dalla questura giorno 21 aprile 2016 per chiederle a chi avesse affittato il magazzino. E la signora fece il nome di Francesco Attanasio, che si premurò, inoltre, di informare Attanasio di aver ricevuto la telefonata dalla questura di Cosenza e che aveva fornito le sue generalità.
Quindi, Attanasio alle 18 del 26 aprile del 2016, si reca all’appuntamento con Galizia all’uscita dell’autostrada Cosenza Nord, salgono in macchina e dopo qualche giro giungono alle 18,45, nell’appartamento di contrada Dattoli, dove, dopo una breve colluttazione, estrae la pistola ed uccide Galizia; non prima però di aver fatto, alle 17, una telefonata in questura per informarli, dell’arsenale nel box, di cui la questura, come abbiamo visto, è già a conoscenza, mentre sta andando ad uccidere Galizia.
E’ chiaro che qualcosa non fila in questa narrazione. Forse una operazione “sotto copertura” scappata di mano, o qualche informatore, o pentito da proteggere. Tant’è che il cadavere del povero Galizia sarà ritrovato quattro giorni dopo, e solo dopo la confessione di Attanasio consegnatosi alle autorità spontaneamente. Nonostante un ispettore di polizia fosse in contatto con Attanasio dal giorno dopo l’omicidio. Ovvero dal 27 aprile del 2016.
Le cose strana sono tante, e siamo curiosi di leggere le motivazioni per una così dura condanna. E per capire come ha sciolto tutti questi nodi il giudice.
Per chi vuole approfondire di seguito i due link scritti a ridosso di questa tragica storia.
http://www.iacchite.com/perche-attanasio-fa-trovare-le-armi-ma-non-il-cadavere-di-galizia/
http://www.iacchite.com/chi-ha-fatto-trovare-le-armi-alla-questura-attanasio-o-il-pentito/