“Questa inchiesta dimostra forse per la prima volta in maniera così evidente come la strategia vincente sia monitorare non solo i movimenti dei carichi di droga, ma anche le transazioni finanziarie che avvengono a monte. Solo questa metodologia investigativa può garantire un ulteriore salto di qualità nella lotta alla criminalità organizzata”.
Lo ha affermato il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Franco Roberti, commentando i risultati dell’operazione “Due Mari” che ha consentito a Guardia di finanza, Polizia colombiana e Dea di smantellare un’organizzazione dedita al traffico di droga sull’asse Sud America-Italia.
“E c’è un altro aspetto da rimarcare – ha proseguito Roberti -: le indagini in Colombia hanno portato a 22 fermi ma anche all’identificazione di membri chiave dell’Esercito di liberazione nazionale (Eln), organizzazione terroristica responsabile dei reati di estorsione, sequestro di persona e omicidio oltre al traffico di stupefacenti. E’ l’ennesima conferma che la lotta al terrorismo è più efficace quando si contrastano con energia anche le attività criminali che finanziano le organizzazioni”.
Quanto alla cooperazione internazionale, “fondamentale in un’operazione di questo tipo”, ha concluso il procuratore nazionale, “la nostra legislazione l’ha rafforzata tra l’anno scorso e quest’anno con l’introduzione di squadre investigative comuni a livello europeo. Ma un nuovo passo avanti sarà fatto quando il Parlamento approverà la riforma del Libro XI del Codice di procedura penale che prevede norme capaci di rendere più facili lo scambio informativo, l’assistenza di cooperazione giudiziaria e le rogatorie”.
Coca in frutti di vetroresina. Cocaina nascosta all’interno di finti frutti di vetroresina, dissimulati tra veri carichi di frutta tropicale. E’ uno dei sistemi usati per importare la droga in Italia dai narcotrafficanti arrestati nell’ambito dell’operazione “Due Mari”, condotta da Guardia di finanza, Polizia colombiana e Dea.
Trentatrè le ordinanze di custodia cautelare, 11 delle quali emesse in Italia: “Da noi – ha spiegato nel corso di una conferenza stampa il procuratore capo di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho – il traffico era gestito da soggetti residenti a Platì, che in alcuni casi hanno ospitato in Calabria narcos sudamericani non solo per concordare i pagamenti ma anche per consegnare loro materialmente i soldi. Non c’è una famiglia di riferimento, ma la ‘ndrangheta e il sostrato dell’organizzazione e chi opera su quel territorio lo fa certamente con l”approvazione’ delle ‘ndrine”.