Ospedale dell’Annunziata, la “classifica” dei tempi d’attesa. Il caso colonscopia

Foto di FABRIZIO LIUZZI

Il diritto alla salute, un tema scottante e continuamente discusso nella nostra Regione che, ancora oggi, appare fortemente a rischio. Le gravissime criticità di tipo strutturale, organizzativo e i paurosi vuoti di organici che presenta l’Ospedale dell’Annunziata di Cosenza, ormai sono note a tutti. Non meno grave è la crescita delle liste e dei tempi d’attesa per una prestazione nelle strutture pubbliche che, conseguentemente, favorisce quelle private. Il dato non è certo un mistero; la motivazione si riscontra in due fattori specifici: il numero di richieste e le potenzialità della struttura.

Ovvero il numero di esami che possono venire prenotati ed eseguiti al giorno da ciascun ospedale dipende dalla disponibilità di medici, tecnici e apparecchiature, sempre tenendo conto che ogni esame richiede un determinato tempo per la preparazione del paziente, per l’esecuzione, per la raccolta del materiale, per l’analisi del materiale da parte del medico, per la refertazione, la firma e l’archiviazione.

E la situazione, all’Annunziata di Cosenza,
come si sa, non è certo delle migliori per tutto ciò. Le strutture private, a differenza, dispongono di risorse economiche maggiori che permettono di acquistare più macchinari e assumere un numero maggiore di personale, quindi erogare prestazioni celermente.

I tempi lunghissimi, nella struttura pubblica, dipendono dalla domanda troppo alta rispetto alle possibilità della struttura. E spesso bisogna, dopo la lunga attesa, anche spostarsi in nosocomi più o meno vicini, come Paola, Amantea, Corigliano, Praia a Mare, Acri, ecc. Ma quel che è peggio, a Cosenza vengono ancora bloccate le prenotazioni nonostante le “liste chiuse” siano vietate per legge (266 del 2005, comma 282, a vietare la sospensione delle attività di prenotazione delle prestazioni, che siano visite o esami specialistici); come ad esempio per una Colonscopia, impossibile da effettuare all’Annunziata o nelle strutture in provincia bisogna attendere due anni.

Inoltre la legge 120/2007, che prevede di effettuare periodici controlli sulle liste d’attesa, al fine di assicurare il rispetto dei tempi medi che devono essere stabiliti con provvedimenti della Regione e con l’obbligo di erogare le prestazioni urgenti comunque non oltre 72 ore dalla richiesta, viene totalmente ignorata.

CLASSIFICA TEMPI D’ATTESA PER ESAMI DIAGNOSTICI

Nella classifica d’attesa per esami diagnostici al primo posto figura la mammografia per la quale si può aspettare fin a 14 mesi. Ma non va meglio per Moc o Tac, in questo caso le attese arrivano ad un anno. Si aspetta fino a 10 mesi per l’Ecodoppler, 9 mesi per Risonanza magnetica ed Ecocardiogramma e 8 mesi per un’Ecografia. I tempi si allungano per le visite specialistiche: si arriva ad aspettare fino a 20 mesi per una visita psichiatrica; 9 per una visita oculistica, 7 per quella cardiologica e ortopedica, per l’oncologica si attendono 6 mesi. Si aspetta fino a due anni per un intervento di ernia discale o un intervento alle varici, un anno per una protesi ginocchia o una cataratta.

Numeri allarmanti che, ovviamente, si dimezzano se si passa in una struttura privata. Il cittadino spesso si sente dire: “l’attesa è di tre mesi con il Servizio Sanitario Nazionale, tre giorni, in regime privato”, cioè pagando interamente la prestazione, o facendosela rimborsare da una compagnia assicurativa. La responsabilità di tale disorganizzazione pubblica è da ricercarsi in buona parte nella pessima gestione dell’Azienda sanitaria locale che ha portato la Regione a sforare il tetto massimo di spesa previsto, costringendo il Governo ad attuare politiche di contenimento dei costi.

Ovviamente la politica di contenimento ha avuto come riflesso un immediato ridimensionamento del numero di prestazioni sanitarie erogate, causato sia dalla mancanza di un numero sufficiente di personale che dall’inadeguatezza delle strumentazioni e delle strutture rispetto alla richiesta pervenuta. Di conseguenza i cosentini sborsano di tasca propria ciò che il pubblico non garantisce più, ovvero si visita prima chi paga.

IMPOSSIBILE VISIONARE LE LISTE D’ATTESA SUL SITO

A tal proposito nella verifica adempimenti Lea effettuata nel 2014, si legge: “la Regione Calabria trasmette il DPGR-CA 141/2013 ‘Adempimenti urgenti per l’attuazione del Piano di Governo delle Liste d’attesa e i relativi monitoraggi’, che dispone che ‘i DG devono obbligare i medici prescrittori ad indicare relativamente alle prestazioni ambulatoriali specialistiche la classe di priorità, il quesito diagnostico o la diagnosi e se trattasi di primo accesso o di visita di controllo, ecc e inoltre ad adeguare i sistemi CUP esistenti’; queste informazioni non sono sufficienti ad esprimere un giudizio pienamente adempiente per il monitoraggio ex post. Si richiedono le motivazioni della non corretta valorizzazione dei campi indicati e di provvedere con opportune azioni”.

E inoltre l’articolo 41 sulla Trasparenza del Servizio Sanitario Nazionale (Decreto legislativo n. 33 del 2013) afferma che gli enti, le aziende e le strutture pubbliche e private che erogano prestazioni per conto del servizio sanitario sono tenuti ad indicare nel proprio sito, in una apposita sezione denominata ‘Liste di attesa’, i tempi di attesa previsti e i tempi medi effettivi di attesa per ciascuna tipologia di prestazione erogata; ma per i cosentini non è possibile verificare tutto ciò, in quanto il sito non fornisce tali informazioni.

Non si riesce neanche ad elargire dati esatti, figuriamoci nella pratica. Ecco come le casse delle strutture private si gonfiano e ciò, sempre e solo, a discapito del malato. Così ci si ritrova nella situazione in cui chi paga può tutelare il proprio diritto alla salute, chi non può si affida alle conoscenze o alla buona sorte.

Valentina Mollica