di Biagio La Rizza
Fonte: Il Meridio (https://ilmeridio.it/ospedale-san-bruno-i-dubbi-sulla-clausola-di-occhiuto-e-le-slides-di-scopelliti/)
Un turbinio di paure, rassicurazioni, sensazioni, scoramenti, esultanze. Il tutto attorno ad una verità che è difficile da scoprire e definire, perché il futuro dell’ospedale “San Bruno” (o, se preferite, “l’ospedale del futuro”) nessuno lo conosce, ma tanti temono di presumerlo. L’annunciata clausola, dipinta come risolutiva, che correggerà l’ultimo (per adesso) DCA dovrebbe prevedere una verifica ex post sugli ospedali di Serra San Bruno e di Tropea che – secondo quanto si lascia credere senza però dirlo – non dovrebbero chiudere una volta realizzato il nuovo ospedale di Vibo Valentia. Questa ipotetica modifica giunge a seguito della richiesta di chiarimenti formulata dal commissario dell’Asp di Vibo Valentia, Antonio Battistini, al commissario alla sanità e presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto. Una ricostruzione che lascia spazio a domande e riflessioni: si deduce, ad esempio, che Occhiuto non abbia sentito o visto né i manager delle Asp né i rappresentanti territoriali prima di stilare il decreto che, dunque, sarebbe stato prodotto (come i precedenti) in stanze non troppo aperte al confronto. Altro motivo di perplessità è che la notizia potenzialmente positiva sia arrivata a circa un mese dalle elezioni europee, i cui risultati potranno incidere sugli equilibri politici a più livelli. La tempistica ad ogni modo può essere un caso, lo si scoprirà solo con il tempo.
Colpisce, invece, che quanto sta emergendo riguardo al contenuto della nascente clausola pare proprio un dejà vu. Quando alla fine del 2010 l’allora presidente Giuseppe Scopelliti presentò il riordino della rete ospedaliera illustrò delle slide con indicazioni specifiche.
Il riordino scopellitiano, premesso che “i criteri per la chiusura degli ospedali individuati con D.G.R. 87 del febbraio 2010 consistevano unicamente nel numero di posti letto, per cui gli ospedali al di sotto dei 120 posti letto sarebbero stati tutti oggetto di chiusura/riconversione”, prevedeva il mantenimento di 4 ospedali di montagna (San Giovanni in Fiore, Acri, Soveria Mannelli e Serra San Bruno) precisando che “il mantenimento di questi ospedali costituisce una sperimentazione fino al superamento della situazione di emergenza socio-sanitaria della nostra Regione. Questa sperimentazione prevede la loro configurazione definitiva nella seconda fase di attuazione del Piano di Riordino. L’attuale configurazione di questi ospedali è, pertanto, legata alla fase sperimentale. La funzionalità delle nuove reti ospedaliere dovrà essere, come tutte le costruzioni progettuali, verificata sul campo cioè attraverso l’attuazione del progetto stesso. Esaurita la fase sperimentale legata al Piano di Rientro, si condurranno specifiche verifiche sulla funzionalità del sistema complessivo”.
Scopelliti, pensando ad una positiva conclusione del Piano di rientro, prospettava un successivo aumento dei servizi di questi nosocomi (“Dalle verifiche sulla funzionalità del nuovo Sistema Sanitario Regionale, posta una positiva conclusione del Piano di Rientro, e quindi una condizione regionale economico finanziaria migliorata, si ripenserà la configurazione degli ospedali di zona montana. La nuova configurazione degli ospedali di zona montana non dovrà necessariamente obbligare tutti i quattro ospedali a rispettare un identico modello, potendosi anche immaginare peculiarità specifiche per ogni singola struttura. Nelle more dell’attuazione della seconda fase, proprio in considerazione dei motivi che hanno portato all’istituzione degli ospedali di zona montana, gli stessi, salvo i punti nascita, continueranno a garantire gli attuali servizi eventualmente integrati”).
I tagli previsti dal Piano di rientro furono alla base di furiose proteste nei confronti di Scopelliti che, nelle sue visite nella città della Certosa, fu accolto da striscioni, cori, megafoni e frasi non proprio concilianti. Movimenti che scomparvero praticamente del tutto durante la gestione Oliverio, mentre ora – nel 2024, dopo nuove battaglie – si acclama una clausola (al momento addirittura teorica) che 13 anni fa veniva contestata aspramente.