Padre Fedele story. “Contro di me la stessa logica usata con i no global: perché il poliziotto Dodaro era allo Sco di Roma con la suora?”

Padre Fedele story. Rovistando nel nostro archivio abbiamo trovato ancora testimonianze importanti riguardanti la lunga battaglia giudiziaria del monaco contro i poteri forti di Cosenza e così è uscito fuori questo articolo firmato direttamente da lui nel 2009. 

E’ la stessa logica usata contro i no global: perchè il poliziotto Dodaro era allo Sco di Roma con la suora?

Padre Fedele non molla.
Sta subendo un processo tragicomico e si sta difendendo con tutte le sue forze. Ha fatto due dichiarazioni spontanee in tribunale, ma soprattutto sta cercando di dare una spiegazione “politica” a quanto gli è accaduto. Lo abbiamo incontrato e gli abbiamo chiesto di scrivere qualcosa per aiutare anche noi a capire di più. Ancora una volta non ci ha deluso. Ce n’è abbastanza per trarre conclusioni e far quadrare il cerchio.

di Padre Fedele Bisceglia

Fonte: Cosenza Sport del 12 ottobre 2009 

All’indomani del mio incredibile ma pur vero arresto del 23 gennaio 2006, con il Crocifisso in mano, volevo seguire in tutto la via tracciata dal mio Santo confratello Padre Pio, calunniato, abbandonato, perseguitato dalla Chiesa, ma per ovvi motivi non ho potuto, perché debbo difendermi e difendere la verità anche contro la mia volontà. Quel delitto-peccato di cui mi accusa la Gaetana Alesci, delitto di stupro singolo e di gruppo, non solo non l’ho commesso ma non l’ho mai pensato.

Questo è il ritornello che ho sempre proclamato da allora e fino alla mia morte. La mia condotta è stata integerrima. Ammiro la prudenza del presidente per aver consentito al papà della pseudo stuprata di presentarsi dinanzi a uno spettabile Tribunale con gli occhiali scuri e purtroppo lo stesso si vantava per questa trovata. Né va sottovalutato il silenzio del presidente che, visibilmente imbarazzato, ha lasciato correre che Stefano Dodaro, durante la sua deposizione, si mostrasse con le gambe accavallate, quasi fosse al bar per sorbire un caffè. Ricordo infine il bivaccare dello sciame di suore, parenti, amici della pseudo parte offesa nel corridoio adiacente l’aula, con clamori, schiamazzi e con lo sbirciare alla porta semichiusa mentre nessuno è intervenuto per ovviare a questo grave inconveniente.
Quale peso hanno avuto tutti i testi ascoltati? Nessuno ha prodotto prove e tesi per avvalorare il delitto.

Se poi si vuole tratteggiare la personalità dell’individuo ed allora è più che giusto che l’indagato dichiari e lungamente il suo pensiero. L’indagato non è un semplice sacerdote: è polivalente, poliedrico e il buon Dio gli ha misteriosamente elargito un grande carisma.
Non si sta giudicando un personaggio qualsiasi, ma un uomo dato in pasto all’opinione pubblica per uno pseudo delitto serio e grave. A nessuno sfugge il clamore suscitato ancor prima che io fossi condotto in carcere.

Alle 6 del mattino del 23 gennaio 2006 tutti i poliziotti comunicavano via telefonino con le rispettive mogli, fidanzate o amanti per farsi aggiornare delle notizie date dai mass media mentre gli ultrà accorsi increduli all’Oasi erano scandalizzati per queste scene.
Sono stato messo in carcere perché il poliziotto Stefano Dodaro, notoriamente vicino a una bene individuata casta politica, tanto da aver incassato un incarico dirigenziale da parte della Giunta regionale solo pochi mesi prima di arrestarmi, ha condotto e orchestrato questa storia in modo a dir poco oscuro.

Cosa ci faceva Dodaro allo Sco di Roma a raccogliere la testimonianza della suora? Chi l’ha informato? E perché è andato proprio lui? Ha ricevuto qualche preciso ordine da parte di una classe politica che vedeva Padre Fedele come il fumo negli occhi?

E perché ha consegnato, misteriosamente e fuori da ogni logica, il plico che mi dipingeva come un criminale al magistrato Curreli dopo soli due giorni e contro ogni disposizione del Codice di procedura penale? E dove sta scritto che a un poliziotto, per quanto potente e “politicizzato” come il signor Dodaro, sia consentito di “invitare” un giudice (guarda caso lo stesso che ha indagato sui no global…) ad emanare disposizioni restrittive?

Forse perché ha scritto (o forse sarebbe meglio dire gli hanno scritto…) un libro sulla mafia? O forse perché si fa vedere, con la gentile consorte, alle conferenze di qualche cardinale a Roma? Queste cose non si possono sapere. Ma il problema è che il pm Curreli non solo ha ascoltato il signor Dodaro ma ha anche prodotto una lunga requisitoria al gip Ferrucci, che poi ha firmato l’arresto. Un’altra brillante operazione scatenata dalle stesse logiche politiche che avevano animato il can can contro i no global.

Ormai questo processo passerà alla storia come il processo dell’infamia, il processo diabolico incentrato su una suora bugiarda, imbeccata da personaggi squallidi di una certa inqualificabile ma sicuramente ben definita lobby di potere, nella quale la Chiesa ha giocato un ruolo fondamentale.

La Chiesa non è questa ma è ben altra cosa. Io amo la Chiesa dei veri pastori, dei santi, dei saggi e dei martiri. La Chiesa dei Giuda bisognerebbe smascherarla, combatterla e vincerla.
Mi sono reso conto soltanto dopo quanto mi è accaduto di aver toccato questioni troppo delicate per la politica e per la Chiesa.

Volevo aiutare l’Istituto Papa Giovanni XXIII di Serra d’Aiello, volevo tirarlo fuori da una tragica storia ben prima che venisse fuori quello che oggi sappiamo tutti.
Ho difeso i bambini rom della famosa inchiesta “Spezzacatene”, di cui sono stato l’ispiratore principale. Ma soprattutto ho creato il “miracolo” dell’Oasi francescana, nata dalla collaborazione con gli ultrà del Cosenza. Siamo riusciti a metterla su in un anno e mezzo. Una struttura unica nel suo genere, che per funzionalità dei servizi è stata definita la più interessante d’Europa.
Questi motivi hanno scatenato il complotto ai miei danni, affidato chiaramente a quei “servitori” dello Stato che pensano soltanto ai loro sporchi interessi.