Palazzo dei Bruzi: un covo di corrotti

Oramai non ci sono più dubbi: al Comune di Cosenza la corruzione regna sovrana. Che per i cosentini non è certo una novità. Lo sanno tutti che ha sempre funzionato così. Ma la novità oggi è questa: se prima di corruzione, collusione, politici intrallazzi e di ‘ndranghetisti che girano al Comune, si parlava solo sottovoce nei bar e nei capannelli lungo il corso, ora è ufficiale, a Cosenza esiste la corruzione, e si può dire, anche a voce alta. A parlare di corruzione ed intrallazzi 4 inchieste con al centro diversi dirigenti comunali indagati per corruzione ed altro: quella sugli appalti spezzatino, quella sulle luminarie, il caso Cirò, ed ora la procura di Paola ci dice che ci sono altri tre appalti gestiti sempre da funzionari comunali in maniera fraudolenta.

Quello che sta venendo fuori, come diciamo da sempre, è solo la punta dell’iceberg del “Sistema Cosenza”, che va avanti da almeno 30 anni. E in tutto questo tempo per la procura cittadina ed i vari procuratori capo che si sono succeduti, il problema è sempre stato non chi rubava e ruba il denaro pubblico, ma chi denunciava e ancora oggi denuncia la corruzione. Se non avessimo martellato giornalmente la procura con la pubblicazione di vere e proprie notizie di reato, state certi che tutto questo non sarebbe mai uscito.

Questo perché, come diciamo da tempo, se non si costituisce una filiera dell’intrallazzo, frodare il cittadino è difficile. Per portare a termine una truffa al Comune, oltre alla scontata omertà che deve regnare sovrana tra la gente e la stampa, c’è bisogno di 4 figure fondamentali, senza le quali nessuno intrallazzo è possibile: il politico colluso, l’imprenditore mafioso, il dirigente comunale corrotto e un magistrato massone, amico degli amici, che si fa i fatti suoi e ti copre le spalle alla bisogna.

Se Cosenza avesse avuto, negli anni, una procura degna di questo nome e composta da persone serie, corrette, ligie al dovere e fedeli alla Costituzione, oggi non esisterebbe nessun “Sistema Cosenza”. Se questa non è verità, ditemi voi…

Uno dei luoghi comuni più diffusi, tra la gente, sulla pubblica amministrazione di Cosenza è questo: anche per farti la carta d’identità, al Comune di Cosenza, devi conoscere l’impiegato. E’ chiaro che si esagera nel dire, per meglio rendere il concetto. Ma nessuno può negare che nella maggior parte dei casi in cui abbiamo a che fare con la pubblica amministrazione è così che funziona.

Siamo di fronte ad un dato culturale acquisto, difficile da rimuovere, secondo il quale se lavori nella pubblica amministrazione, oltre a poter fare quello che ti pare nell’orario di lavoro, puoi anche gestire la cosa pubblica come se fosse tua, e farne “dono” a chi più ti aggrada. In cambio di favori o denaro. Anzi, se non lo fai, vista la vigna, sei un caggio. Come a dire: è talmente diffuso il malcostume nella pubblica amministrazione che se non ti adegui, ti guardano strano.

Anche a voler rimane onesti, in questo perverso sistema, c’è il rischio di essere emarginato ed additato come appestato e bandito da ogni possibilità di far carriera. Ed è per questo che gli uffici comunali lavorano quasi esclusivamente alla pratiche degli amici degli amici e di chi è in grado di ricambiare il “favore”. Una diffusa e frenetica attività, in ogni ufficio comunale, che prova l’adeguamento collettivo al malcostume, perché anche quando nei vari passaggi amministrativi, di talune pratiche, vengono riscontrate violazioni di legge, la regola è fatti i fatti tuoi che tanto queste carte non le guarda nessuno. Se vuoi avere il premio di produzione o la malattia a giobba. E così facendo, ovvero chiudere gli occhi all’occorrenza, la pratica va avanti senza intoppi fino alla liquidazione.

Ed infatti, come diciamo da sempre, i reati commessi dai dirigenti comunali stanno scritti proprio nelle loro pratiche, prive persino dei documenti necessari all’accettazione. Se ce ne siamo accorti noi, che non siamo burocrati e tecnici amministrativi, delle gravi mancanze amministrative, figuriamoci un impiegato che lavora al Comune da 20 anni. Eppure non esiste nessuna segnalazione alla procura di anomalie, nelle pratiche pubbliche, da parte di dipendenti pubblici. Ora capite perché non sono mai uscite le magagne, in tanti anni, del Comune di Cosenza, e solo adesso iniziano a venire fuori? Ognuno può farsi la propria idea.

P.S. ovviamente al netto di ogni generalizzazione.