Paola, gli interessi oltre la frana: “Scura pensa solo ai soldi per gli amici degli amici” (di F. Lagatta)

di Francesca Lagatta

Ieri mattina l’Italia si è svegliata con la peggiore delle notizie: un terremoto ha raso al suolo intere città, tra cui Amatrice, in provincia di Rieti, uccidendo centinaia di persone che non sono riuscite a sfuggire ai crolli delle strutture. Neanche a quelle più moderne e che, in teoria, dovevano essere state costruite con i criteri di antisismicità. Anche quelle inaugurate nel 2012. Le fotografie scattate dall’alto mostrano uno spettacolo apocalittico: è il disastro.

Pertanto, ieri, si è risollevato, per l’ennesima volta, il problema della sicurezza, affidandolo ai soliti discorsi di insulsa retorica del giorno dopo, quando tutti sapevano, a cose fatte, e nessuno ha mosso un dito, quando si poteva e si doveva. E’ il solito copione all’italiana style.

Così, ieri, si è tornato a parlare di disastro annunciato anche e soprattutto in Calabria, dove, anche quando i fondi per la messa in sicurezza arrivano, se i compari politici non si mettono d’accordo, tornano indietro. Gli edifici calabresi, secondo accurati studi, sarebbero tra i più pericolosi dell’intero Stivale, e la questione, seppur mai presa in carico dalle istituzioni, è nota sin dal 1999, quando l’allora sottosegretario della Protezione Civile, Franco Barberi, istituì un rapporto sugli edifici pubblici, denunciandone le cattive condizioni stilando una vera e propria classifica di pericolosità.

Al settimo posto, il Rapporto Barberi poneva l’emblematico ospedale di Paola, a ridosso della città di Cosenza, costruito, secondo gli esperti, su una faglia collinare, le cui fondamenta poggiano su di un terreno classificato in R4, ovvero, massimo rischio di dissesto idrogeologico. 17 anni dopo la frana ha raggiunto, minacciosa, i parcheggi della struttura, ma anziché prendere provvedimenti per scongiurare l’ennesima sciagura annunciata, si continua addirittura a negare l’esistenza di un qualsivoglia pericolo, al punto che, nella  tanto discussa riorganizzazione ospedaliera, il presidio paolano, per esempio, è stato preferito ad una struttura di confine e certamente più sicura come quella in cui sorgeva l’ex ospedale civile di Praia a Mare. Potere della politica calabrese.

Non solo, i commissari ad Acta della Sanità che si sono succeduti negli anni, l’hanno addirittura potenziato, e di molto, con particolare incremento emanato dal decreto n° 30 del marzo scorso. Eppure il commissario ad Acta “Scura, che è laureato in ingegneria, dovrebbe conoscere perfettamente la realtà del pericolo sismico e geologico, già illustratagli più volte dai commissari e Direttori generali che si sono succeduti alla guida dell’ASP di Cosenza. Il commissario, ciò nonostante, ha preteso che tutta l’area chirurgica venga organizzata nello stabilimento ospedaliero di Paola.”

E’ scritto così in una denuncia inviata pochi giorni fa agli organi preposti ed inviata in queste ore presso alcune redazioni.

Accuse gravissime, che, ancora una volta, gettano ombre sulla gestione della sanità di questa regione. Una riorganizzazione scellerata, che, secondo il firmatario dell’esposto, renderebbe ingiusto merito al presidio paolano. Nel medesimo esposto, il firmatario, la cui identità è celata per motivi di sicurezza, lo spiega esponendone i motivi in almeno cinque punti, dai quali emergono una miriade di controversie e assurdità:

“1)         …Paola dispone solo di due sale operatorie oltretutto non a norma di legge che necessitano di consistenti opere di messa a norma impossibili da realizzare atteso che la struttura non ha gli spazi materiali per contenere le attività chirurgiche;

2)         Il P.O. di Paola è stato definito dalla Commissione Barberi lo stabilimento ospedaliero pubblico a più alto rischio sismico dell’intera Calabria (secondo a livello nazionale) sia per condizioni strutturali che per collocazione. […] …

Altrettanto essenziali, quanto preoccupante, sono i dati che emergono dal SIT (servizio informativo territoriale) dell’Autorità di Bacino della Regione Calabria da cui si evince che la Struttura Ospedaliera di Paola, oltre ad essere l’ospedale pubblico a più alto rischio sismico, ricade in zona considerata secondo il PAI regionale (Piano per l’assetto idrogeologico) “Zona R4 ovvero ad altissimo rischio idrogeologico”.

La zona, come si evince dalla scheda del censimento dei movimenti franosi, è interessata da frana catalogata come “PA1007809101000” considerata attiva e come zona franosaprofonda e con livello di pericolosità pari a 4. Pertanto, la collocazione del presidio ospedaliero di Paola in una zona a così alto rischio, rende complicati, per non dire impossibili, anche interventi strutturali profondi di adeguamento sismico e, comunque, la normativa in materia (cfr. L. 18.05.1989 n. 183, art. 16) vieta scavi, riporti e movimenti di terra e tutte le attività che possono esaltare il livello di rischio e/o pericolo nonché ogni forma di edificazione che comporti aumento di superficie e volumetria per cui la struttura non potrà in alcun modo essere resa agibile ed adeguata al numero dei posti letto previsti ed ancora da attivare.

3)         Il P.O. di Paola è sprovvisto della pista per l’elisoccorso che non potrà mai essere realizzata per i motivi suesposti;

4)         Il P.O. di Paola ha una sola via di accesso;

5)     Il Commissario Scura, addirittura, nel DCA 64 dichiara falsamente che le UU.OO.CC. di Ostetricia e Ginecologia e Pediatria con annessa Neonatologia insistono nello Stabilimento Ospedaliero di Paola quando, invece, sono da sempre allocate nello Stabilimento Ospedaliero di Cetraro. A tal uopo basta leggere la parte descrittiva a riguardo del Dipartimento materno-infantile, in palese contrasto con le tabelle riassuntive allegate.

Niente di nuovo, verrebbe da dire, se non fosse che tutti sanno, ma solo in pochi hanno il coraggio di denunciare.

Questo cittadino lo fa, dimostrando di saperne parecchio sul fronte della sanità altotirrenica. Nel documento dichiara ancora: “Forse per i citati motivi il commissario, ing. Scura, non ha inteso predisporre un piano di fattibilità, perché l’irrealizzabile, in quanto tale, non è realizzabile? O forse il finanziamento (€. 1.800.000,00) ottenuto dal Comune di Paola per “la messa in sicurezza del versante settentrionale della collinetta” serve a sperperare ulteriore denaro pubblico in favore di amici degli amici pur nella consapevolezza di quanto suesposto a proposito di zona R4? […] 

Il diabolico piano Scura  è mirato forse anche all’utilizzo dei 10 milioni di euro previsti dall’ex art. 20 che altrimenti non possono essere sperperati visto che non può essere realizzato nulla?

Di somme, per realizzare il piano Scura, ce ne vorrebbero in modo consistente (almeno 30 milioni di euro) tali da divenire un ulteriore sperpero di denaro pubblico e/o business e di una dilatazione ancor più consistente dei tempi di attuazione e, magari, dello stesso commissariamento della sanità calabrese.

Permanendo tale stato, i cittadini della costa tirrenica e dell’entroterra che fanno riferimento alle strutture della stessa costa, continuerebbero ad anelare una decente risposta sanitaria e spesso la loro vita sarebbe a grandissimo rischio

. Non si capisce, pertanto, la presa di posizione del commissario che comunque va sanzionata, così come vanno accertati gli atteggiamenti irresponsabili che spesso scadono nella illecità.”

Che la battaglia per la verità abbia inizio.