Paola. Il ritorno di Fiordalisi e la storia che non si cancella

La foca (ammaestrata)

Adesso è ufficiale. Il plenum del Csm ha nominato a larga maggioranza (con tre astenuti) procuratore capo di Paola il dottore Domenico Fiordalisi. Ormai a fine “carriera”, ha prestato servizio a Rossano, Cosenza, Paola, Lanusei, Tempio Pausania e in Corte di Cassazione. Succede a Pierpaolo Bruni, nominato lo scorso anno procuratore capo di Santa Maria Capua Vetere. Di seguito, le riflessioni che facevamo quando ormai era già scontata la sua nomina, un paio di mesi fa. 

di Saverio Di Giorno

Sarà una bella soddisfazione per Domenico Fiordalisi, promosso a pieni voti dal Consiglio superiore della magistratura a Procuratore Capo del Tribunale di Paola. Torna a Paola, un territorio che conosce quanto le sue tasche e nel quale ha riempito archivi. Ci ritorna dopo ben 35 anni dal suo allontanamento grazie al famoso rapporto Granero inviato a Paola dall’allora ministro della Giustizia Martelli. E in questi 35 anni il curriculum si è allungato e vale la pena di ripercorrerlo per capire chi dovrà sorvegliare un territorio che è da sempre attraversato da grossi interessi, da riciclaggio, da usura. E a proposito di tasche Fiordalisi lo troviamo nel ’91 intento a chiedere 20 milioni di vecchie lire…

Un perito tecnico del Tribunale di Paola lo accusò di avergli estorto 20 milioni di vecchie lire per farlo uscire da un processo che lo vedeva coinvolto per detenzione di armi che erano del padre di questi, trovato morto nella propria abitazione. Il perito portò come prova una registrazione del colloquio fra lui ed il pm che nel processo però venne scartata. Fiordalisi ne uscì assolto per insufficienza di prove, ma venne allontanato dal Tribunale per incompatibilità ambientale.

Nel rapporto Granero si riporta la conversazione tra i due: “Io sono nei guai, nel senso che devo cercare di risolvere economicamente una situazione in famiglia…per la quale sto sprecando…nel senso che se io avessi una ventina di milioni riuscirei a risolvere, insomma, anche se te li restituisco con il tempo, ecco, proprio a titolo di…come a un fratello…siccome io qui non ho persona a cui possa permettermi di chiedere una cosa del genere e quindi se tu hai, o conosci qualcuno, se mi riesci a trovare…”. E il Mancino: “Quando vuoi…domani, dopodomani, fra un’ora, quando vuoi…non ho problemi…”. Fiordalisi: “Certo per me sarebbe…io riuscirei a risolvere il fatto di mia figlia, la donna che mi sta tenendo la bambina, una casa che devo cercare di vedere di…” e ancora: “Se almeno avessi questi riuscirei a sbloccare tante di quelle cose…è inutile che ti spiego tutto”. Poi su tutta la vicenda verrà assolto, ma Fiordalisi venne comunque allontanato per incompatibilità ambientale.

Dunque non è un estortore, ma non è nemmeno un cecchino come investigatore bisogna dire. L’inchiesta sull’omicidio della giovane Roberta Lanzino, piena di contraddizioni portò ad un processo-farsa. E poi appena due anno dopo, l’immediata archiviazione dell’inchiesta sulla nave dei veleni Jolly Rosso spiaggiata nel 1990 a Campora San Giovanni. Cosa trasportasse la nave lo hanno denunciato pochi coraggiosi giornalisti (tra cui Francesco Cirillo), si mormora ancora oggi per il paese, ma non lo sa la giustizia perché 4 mesi dopo lo spiaggiamento, Fiordalisi ne autorizza la demolizione facendo così sparire prove importanti su questo traffico di rifiuti tossici.

Fiordalisi non archivia sempre e tutto però, c’è da dire. Insieme ai carabinieri del Ros crea l’inchiesta sui No Global. Finita con tre assoluzioni collettive. L’ultima quella della Cassazione avvenuta il 21 giugno del 2012. Un’assoluzione dopo quella in primo grado ottenuta dal Tribunale di Cosenza ad aprile del 2005, e dopo la riconferma il 20 giugno del 2010 dalla Corte d’Appello di Catanzaro. Alla Cassazione si è giunti con la richiesta da parte della Procura Generale di Catanzaro di annullamento delle due sentenze. Un’assurdità dopo due processi ricominciare come se nulla fosse successo, come se nulla fosse stato speso dai contribuenti per l’invenzione da parte dei Ros di Ganzer (condannato a 14 anni, in primo grado per traffico internazionale di droga), del Pm Fiordalisi, e dalla Digos di Cosenza allora diretta dall’ispettore Cantafora. L’ipotesi era che un gruppo di militanti avessero addestrato e organizzato migliaia di persone per gli scontri di Genova. Non ci avevano creduto né a Genova, né a Napoli ma nel 2002 partono ad arresti e perquisizioni in mezza penisola. Poi le condanne della Diaz dimostreranno chi furono i veri carnefici.

La Procura di Paola ben conosciuta a lungo – salvo la parentesi di Bruni – come protettrice di sindaci, amministratori vari, e naturalmente della cosca Muto, in una fase caldissima, ora è nelle sue mani. C’è chi dice che si vorrà togliere qualche sassolino dalle scarpe e finire il lavoro. Onestamente speriamo proprio di no se il lavoro è questo. Magari però con l’esperienza vorrà finire in bellezza. Tra qualche settimana ritorneremo a ricordargli gli esposti, le segnalazioni e le reti di cui abbiamo scritto e che sono state finora inascoltate.