Nel reticolo delle società nelle quali viaggiano a braccetto “colletti bianchi” della criminalità organizzata e magistrati tutt’altro che integerrimi e fedeli servitori dello stato nel territorio di Paola, tra gli anni Ottanta e Novanta, c’è davvero di tutto. E lo stiamo documentando, per gradi, nelle nostre inchieste.
Eravamo rimasti alla IFIM, una società nella quale era presente Domenico Scalfari, figlio dell’ex presidente del Tribunale di Paola William Scalfari, unitamente ad altri personaggi di spicco tra i quali anche l’ex amministratore della sanità cosentina Franco Petramala (http://www.iacchite.blog/paola-lex-presidente-del-tribunale-scalfari-e-i-5-miliardi-dello-stato-il-ruolo-di-franco-petramala/). Una ragnatela di interessi economici impressionante per attività imprenditoriali vietate dalla legge. Con tanto di finanziamenti cospicui da parte dello stato. Ma non solo.
“La confusione dei ruoli e la commistione di interessi – si legge nella relazione del magistrato Francantonio Granero, che ha condotto un’ispezione alla procura di Paola nel 1991 – erano destinate a provocare illazioni nell’opinione pubblica, delle quali venne a conoscenza anche il procuratore della Repubblica”.
Qualcosa di non del tutto limpido in quella società deve esserci stato se è vero che il presidente dell’Ordine e dei dottori commercialisti di Cosenza e Paola, dottor Giorgio Sganga, si dimise da presidente del collegio sindacale della IFIM e nel colloquio avuto con Granero ha fatto espresso riferimento alle dichiarazioni da lui verbalizzate a suo tempo nell’ambito delle riunioni del collegio sindacale e dell’assemblea dei soci della società.
Il Savarese (un altro dei soci della IFIM), tuttavia, sostiene, e sotto questo profilo il dottor William Scalfari è personalmente coinvolto, che il vero contrasto scoppiò quando la società si trovò ad avere bisogno di liquidità per far fronte agli impegni precedentemente assunti e, essendo venuta meno una aspettativa di finanziamento pubblico, si rese necessario ricorrere ad un aumento di capitale.
“Non si tratta – aggiunge il magistrato Granero – di sindacare le modalità di accesso ai pubblici finanziamenti e le finalità della loro erogazione, anche se vi risulta interessato, in maniera dissimulata, un magistrato. Ma l’episodio viene qui in rilievo per le diverse modalità con le quali il dottor William Scalfari, impegnando direttamente e in prima persona la sua qualità di magistrato e il suo ruolo di presidente del tribunale di Paola, intendeva superare le momentanee carenze di liquidità della IFIM.
Infatti mentre gli altri soci erano disponibili a finanziare la società attraverso un consistente aumento di capitale, il dottor Scalfari proponeva di far ricorso alla procedura di amministrazione controllata o ad una qualche altra procedura gestita dal tribunale.
In ogni caso, quali che fossero le ragioni del contrasto insorto tra i soci, contrasto che vede la famiglia Seminara (consuocero e genero di William Scalfari) schierata contro la componente societaria Scalfari, sta di fatto che il 2 settembre 1989 vi fu una visita del dottor Domenico Scalfari, accompagnato da un avvocato di Palmi, presso gli uffici della IFIM, in Diamante, mentre altre due persone che lo accompagnavano restarono all’esterno.
Scopo della visita, sul quale tutte le parti risultano concordi, era quello di consultare, avvalendosi dei poteri di socio amministratore, atti e documenti della società, estraendone copia. Di fronte al diniego dell’amministratore delegato Giuseppe Savarese, cui venne in seguito a dare manforte il presidente della società Giuseppe Seminara (cognato di Domenico e genero di William Scalfari) fu richiesto l’intervento dei carabinieri.
Ad esso seguì la presentazione da parte di Domenico Scalfari di una querela indirizzata ai carabinieri di Diamante, di due ricorsi al pretore di Belvedere Marittimo e di un ricorso al presidente del Tribunale di Paola”. Insomma, una storia quantomeno contorta e non certo edificante per un magistrato. Ma a Paola, negli anni Ottanta, poteva succedere davvero di tutto!