Quando Papa Francesco parlava della tragedia di Cutro: “Dio è coi migranti”

“Pensate a tante tragedie dei migranti: quanti muoiono nel Mediterraneo. Pensate a Lampedusa, a Crotone quante cose brutte e tristi”. Era fine agosto del 2024 quando il Papa tornava a parlare della tragedia di Steccato di Cutro, nell’udienza generale in Piazza San Pietro. E tornava a chiedere giustizia per i migranti e vie d’accesso legali ai paesi europei. “Bisogna dirlo con chiarezza: c’è chi opera sistematicamente e con ogni mezzo per respingere i migranti. E questo, quando è fatto con coscienza e responsabilità, è un peccato grave”.

“Il Signore è con i nostri migranti nel ‘mare nostrum’, il Signore è con loro, non con quelli che li respingono”. Erano state particolarmente severe e sferzanti le parole di papa Francesco, pronunciate in quell’udienza generale, contro le politiche migratorie basate sui respingimenti. Il Pontefice era arrivato a dire che respingere i migranti “è un peccato grave”, mentre “non è attraverso leggi più restrittive” che si salva le loro vite.
Francesco si soffermava anche a riflettere sulle “persone che – anche in questo momento – stanno attraversando mari e deserti per raggiungere una terra dove vivere in pace e sicurezza”. “Le rotte migratorie di oggi sono spesso segnate da attraversamenti di mari e deserti, che per molte, troppe persone – troppe! -, risultano mortali”. denunciava.

In particolare, il Mediterraneo, “luogo di comunicazione fra popoli e civiltà, è diventato un cimitero. E la tragedia è che molti, la maggior parte di questi morti, potevano essere
salvati”, affermava chiaramente il Papa. “Bisogna dirlo con chiarezza: c’è chi opera sistematicamente e con ogni mezzo per respingere i migranti – per respingere i migranti. E questo, quando è fatto con coscienza e responsabilità, è un peccato grave”.
“Anche alcuni deserti, purtroppo, diventano cimiteri di migranti. E pure qui spesso non si tratta di morti ‘naturali’. No. A volte nel deserto ce li hanno portati e abbandonati”,
incalzava il Pontefice, che ricordava pietosamente “la foto della moglie e della figlia di Pato, morte di fame e di sete nel deserto”.

“Nell’epoca dei satelliti e dei droni, ci sono uomini, donne e bambini migranti che nessuno deve vedere: li nascondono. Solo Dio li vede e ascolta il loro grido. E questa è una
crudeltà della nostra civiltà”, era il suo giudizio.
Secondo il Papa, “su una cosa potremmo essere tutti d’accordo: in quei mari e in quei deserti mortali, i migranti di oggi non dovrebbero esserci – e ce ne sono, purtroppo. Ma non è attraverso leggi più restrittive, non è con la militarizzazione delle frontiere, non è con i respingimenti che otterremo questo risultato”. “Lo otterremo invece ampliando le vie di accesso sicure e le vie di accesso regolari per i migranti, facilitando il rifugio per chi scappa da guerre, dalle violenze, dalle persecuzioni e dalle tante calamità; lo otterremo favorendo in ogni modo una governance globale delle migrazioni fondata sulla giustizia, sulla fratellanza e sulla solidarietà”. E “unendo le forze per combattere la tratta di esseri umani, per fermare i criminali trafficanti che senza pietà sfruttano la miseria altrui”.

“Pensate a tante tragedie dei migranti: quanti muoiono nel Mediterraneo. Pensate a Lampedusa, a Crotone quante cose brutte e tristi”, esortava Francesco, che non mancava infine di rendere omaggio alle Ong dei soccorritori, “riconoscendo e lodando l’impegno di tanti buoni samaritani, che si prodigano per soccorrere e salvare i migranti feriti e abbandonati sulle rotte di disperata speranza, nei cinque continenti”. “Questi uomini e donne coraggiosi sono segno di una umanità che non si lascia contagiare dalla cattiva cultura dell’indifferenza e dello scarto – sottolinea il Papa -: quello che uccide i migranti è la nostra indifferenza e quell’atteggiamento di scartare”.

“E chi non può stare come loro ‘in prima linea’ – penso a tanti bravi che stanno lì in prima linea, a Mediterranea Saving Humans e tante altre associazioni -, non per questo è escluso da tale lotta di civiltà: ci sono tanti modi di dare il proprio contributo, primo fra tutti la preghiera”. “Uniamo i cuori e le forze, perché i mari e i deserti non siano cimiteri – concludeva -, ma spazi dove Dio possa aprire strade di libertà e di fraternità”.

Già nell’immediatezza dei fatti, pochi giorni dopo quel maledetto 26 febbraio 2023, un Papa Francesco visibilmente commosso aveva ricordato all’Angelus la tragedia dei migranti morti nel mare di Calabria, aveva chiesto di fermare i trafficanti di esseri umani e aveva espresso apprezzamento per la solidarietà dimostrata dalla popolazione locale e dalle istituzioni. «Esprimo il mio dolore per la tragedia nelle acque di Cutro presso Crotone. Prego per le numerose vittime, i familiari e i sopravvissuti, manifesto apprezzamento e gratitudine alla popolazione locale e a istituzioni per solidarietà e accoglienza verso nostro fratelli e sorelle», erano state le sue parole.
«Rinnovo il mio appello affinché non si ripetano simili tragedie», aveva aggiunto. «I trafficanti di esseri umani siano fermati e non dispongano della vita di tanti innocenti. I viaggi speranza non si trasformino mai più in viaggi della morte. Che il Signore ci dia la forza di capire e di piangere». Qui si era fermato per alcuni secondi, visibilmente toccato. «Le limpide acque del Mediterraneo non siano più insanguinate da tali drammatici incidenti». «Il Signore ci dia la forza di capire e di piangere», aveva concluso.