Parigi brucia: la “revolution” non va in pensione e la Francia si rivolta contro re Macron

(Elena Colonna – tpi.it) – Migliaia di persone in piazza, centinaia di fermi per violenze e vandalismi, la città bloccata da scioperi in tutti i settori, le strade sommerse dai rifiuti. È questa l’immagine attuale della capitale francese, teatro del braccio di ferro tra il governo di Macron e i milioni di cittadini che si oppongono alla sua riforma delle pensioni, ormai legge senza il consenso del Parlamento (nel pieno rispetto della Costituzione).

Piazza della Concordia, davanti al Parlamento francese, è gremita. «Macron prendi la tua pensione, non la nostra», si legge sul cartello agitato da un manifestante. A qualche metro di distanza, una raffigurazione di Macron viene gettata tra le fiamme che divampano in mezzo alla piazza. Da qualche giorno, scene del genere sono la norma a Parigi. Le strade e le piazze della capitale francese sono infatti infiammate da numerose manifestazioni spontanee, culmine di settimane di proteste contro l’innalzamento dell’età pensionabile.

Tensione alle stelle
In particolare, la tensione è ai massimi storici da quando, lo scorso giovedì 16 marzo, il governo francese ha esercitato uno speciale potere costituzionale per far passare il disegno di legge senza il voto del Parlamento, usando il cosiddetto articolo 49.3. Questa mossa ha effettivamente spianato la strada all’approvazione definitiva della riforma, che dovrebbe avvenire proprio in questi giorni. L’utilizzo del controverso articolo 49.3 è però stato percepito dai francesi come un voltafaccia ai cittadini e alle istituzioni democratiche – i sondaggi mostrano infatti che la stragrande maggioranza dei francesi è contraria alla riforma – e ha inasprito la rabbia dei manifestanti. Incendi e atti vandalici per le strade, scontri violenti tra i manifestanti e la polizia e arresti sono ormai all’ordine del giorno.

Anche in Parlamento, la tensione è alle stelle. Da settimane il governo di Élisabeth Borne nominato dal presidente Macron – che da giugno ha perso la maggioranza assoluta all’Assemblea Nazionale – cerca di ottenere il supporto dell’opposizione sia a destra che a sinistra. Gli accesi dibattiti non hanno però portato a un consenso: dopo il ricorso al 49.3, i deputati di opposizione hanno brandito cartelli con scritto “64 anni, è un no”, fischiando e intonando la Marsigliese. Tra le misure più controverse della riforma, diventata legge, figurano infatti l’innalzamento dell’età pensionabile da 62 a 64 anni, e l’aumento da 41 a 43 anni di contribuzione necessari per ottenere una pensione completa.

Le manifestazioni spontanee degli ultimi giorni si aggiungono alle otto giornate di mobilitazione generale che, dallo scorso 19 gennaio, hanno visto migliaia di francesi scendere in piazza contro la riforma. Le giornate di protesta hanno registrato una partecipazione record in tutto il Paese, con un numero complessivo di manifestanti stimato tra 440 mila e 1,28 milioni a giornata, secondo il ministero dell’Interno francese, e tra 1,3 milioni e 3,5 milioni secondo il sindacato Cgt.

Alle proteste di piazza si accompagnano da settimane scioperi in quasi tutti i comparti lavorativi, soprattutto nei trasporti pubblici, nel settore energetico, nella scuola e nella sanità. In particolare, dal 7 marzo il Paese è paralizzato da forti agitazioni nei trasporti e in altri settori, in seguito all’appello delle 8 principali organizzazioni sindacali a «bloccare la Francia». Tra i settori in sciopero, quello dei netturbini, colpiti in modo particolare dalla riforma. Questa infatti implicherebbe la perdita del loro statuto speciale, e li obbligherebbe a lavorare due anni in più per la pensione completa nonostante, secondo il sindacato Cgt, «un’aspettativa di vita dai 12 ai 17 anni più bassa rispetto alle altre professioni». Dall’inizio dello sciopero, oltre 10mila tonnellate di rifiuti si sono già accumulati sulle strade di Parigi.

Alle radici della protesta
L’insoddisfazione dei cittadini francesi va però ben oltre la sola riforma. «Non è solo questione delle pensioni», racconta François a TPI, «ma un problema di fondo del modello economico e sociale verso cui la nostra società si sta muovendo; per questo, da settimane, siamo in così tanti in strada». Lo studente, che ha partecipato a tutte le proteste, critica le politiche neo-liberali del governo e lo sgretolamento del sistema di welfare francese.

Anche Valérie, 53 anni, è scesa in piazza per esprimere la sua disapprovazione non solo nei confronti della riforma, ma anche di un orientamento politico – quello di Macron – che avvantaggia le grandi imprese e i dirigenti piuttosto che i lavoratori. «Invece di obbligare la gente a lavorare due anni in più, si dovrebbe finanziare la spesa pubblica aumentando le tasse ai più ricchi e alle grandi aziende: Macron invece preferisce de-tassare i grandi patrimoni e i super-profitti», ci dice Valérie, riferendosi all’abolizione dell’imposta sui grandi patrimoni da parte del presidente francese nel 2018, e ai vari sgravi fiscali concessi alle aziende in nome della competitività.

«Il governo non agisce nell’interesse della popolazione generale, ma nell’interesse dei più ricchi», le fa eco un altro manifestante, dichiarandosi stanco di sentirsi dire dal governo che non ci sono soldi per i servizi pubblici, e di vedere lentamente distrutto il sistema di welfare, mentre i profitti delle aziende continuano a crescere. «I soldi ci sono, ma il governo non vuole andare a cercarli» conclude, «perché dà priorità alla massimizzazione dei profitti delle aziende».

Secondo l’analisi del sindacato francese Solidaires-Finances publiques, le riforme fiscali realizzate durante i primi 5 anni di governo di Macron hanno effettivamente favorito i più ricchi, sottraendo oltre 60 miliardi di euro all’anno dalle casse dello Stato a discapito dei servizi pubblici, del welfare, e in generale delle prestazioni a favore dei meno abbienti. Il risultato è che le disuguaglianze in Francia stanno aumentando, come dimostra l’ultimo rapporto biennale dell’Osservatorio sulle Disuguaglianze.

Questo è confermato dal fatto che nel 2022 – mentre i tassi di povertà e la precarietà economica sono aumentati a causa dell’inflazione – le 40 principali aziende francesi hanno percepito la cifra record di 80 miliardi di euro in dividendi. Tra di loro, il colosso petrolifero Total ha realizzato un attivo record di 20,5 miliardi di euro: il profitto più alto mai conseguito da un’azienda francese.

«Chi deve pagare per la crisi? Quelli che hanno sofferto, le classi medio-basse che adesso sono a rischio povertà a causa dell’inflazione, o quelli che si sono arricchiti grazie alla crisi, speculando sui prezzi dell’energia?», si chiede dunque François. È una questione di lotta di classe, spiega il ragazzo, si tratta di decidere da che tasche vogliamo prendere i soldi che permetterebbero al welfare francese di sostenersi. «Per questo le classi medio-basse sono arrabbiate e stanno scendendo in strada», conclude François «e non smetteranno, a prescindere dall’approvazione della riforma pensionistica».

Ma il governo è sordo
Ma è la sensazione che il governo non ascolti le loro preoccupazioni, e che rimanga impassibile davanti al malcontento del Paese, che rende i manifestanti sempre più furiosi. Nel è uno studente appena diciannovenne ed è sceso in strada proprio per questo. Il ragazzo ci spiega di non aver partecipato alle prime giornate di mobilitazione, ma di aver deciso di scendere in piazza nelle ultime settimane per la frustrazione di vedere il governo sordo alle richieste dei propri cittadini.

«Quello che mi fa infuriare è il fatto che Macron non faccia marcia indietro nonostante la mobilitazione di portata storica e nonostante i sondaggi dicano chiaramente che la maggioranza dei francesi non vuole la riforma», spiega il giovane a TPI, «non è così che dovrebbe funzionare un governo democratico». Proprio come Nel, molti altri francesi ormai protestano per questo motivo, e per strada appaiono sempre più cartelli raffiguranti Macron come un monarca assoluto – cartelli che non si erano visti nei primi giorni di mobilitazione.

Con Parigi ancora a ferro e fuoco, e altre giornate di mobilitazione già annunciate dai sindacati, il malcontento dei francesi non dà segno di placarsi. Ormai sembra chiaro che l’insoddisfazione crescente contro il governo sia destinata a sopravvivere alla questione delle pensioni. Da parte sua, se anche riuscirà a far passare la riforma, Macron non potrà comunque ignorare una mobilitazione su così larga scala né rimanere sordo alle preoccupazioni di una cittadinanza sempre più precaria e insoddisfatta.