L’immunità giudiziaria di cui gode l’amministrazione comunale di Cosenza continua a stupirci. Ciò che vale per tutti gli altri Comuni della Calabria, non vale per Cosenza. Che resta – nonostante la “similitudine dei reati mafiosi contestati all’amministrazione comunale di Cosenza”, uguali a quelli contestati a diversi comuni calabresi sciolti per mafia – checchè ne dica Spagnuolo e Gratteri, un’isola felice per corrotti, ‘ndranghetisti, e masso/mafiosi.
Per meglio rendere l’idea prendiamo a paragone le parole pronunciate da Minniti in merito allo scioglimento del Comune di Lamezia per mafia.
Dice Minniti: «Fonti tecniche di prova hanno attestato come la campagna elettorale per il rinnovo degli organi elettivi, del Comune di Lamezia, sia stata caratterizzata da un’illecita acquisizione dei voti che ha riguardato, direttamente o indirettamente, esponenti della maggioranza e della minoranza consiliare».
A Cosenza lo sanno pure le pietre che, in ogni campagna elettorale, “l’acquisizione illecita di voti”, non solo è una prassi consolidata, ma è addirittura tollerata dalla procura che ad ogni tornata elettorale riceve decine di denunce di compravendita di voti che non hanno mai avuto nessun seguito giudiziario. A Cosenza in campagna elettorale gira di tutto: buoni spesa, moneta contante, bollette pagate, donazioni di politici a malavitosi, clientelismo politico con i soldi dei cittadini, promesse di lavoro, ricatti e minacce. E tutto questo avviene come sempre sotto gli occhi di tutti: prefetto, procura, e forze dell’ordine. Un modus operandi che riguarda tutti gli schieramenti politici.
Continua a dire Minniti su Lamezia: «ulteriore rilevante elemento che evidenzia un contesto ambientale compromesso è rappresentato dalla sussistenza di cointeressenze, frequentazioni, rapporti a vario titolo tra numerosi componenti sia dell’organo esecutivo che di quello consiliare con soggetti appartenenti alla criminalità organizzata».
A Cosenza di malandrini che frequentano il Comune è pieno. E anche questo lo sanno tutti. Foggetti, pentito di ‘ndrangheta cosentino, racconta di diversi incontri tra capi clan assessori e dirigenti comunali (gli articoli con le dichiarazioni le trovate nel nostro sito alla voce “le cantate di Foggetti”), ai quali partecipò in prima persona.
Altro pentito, Daniele Lamanna, racconta dell’esistenza di un patto tra il suo clan e il “Comune di Cosenza” per la gestione delle “Cooperative Sociali” e per accaparrarsi anche lo spazzamento delle strade cittadine. Non solo pentiti, ma anche le forze dell’ordine parlano di “frequentazione organica” di esponenti della giunta Occhiuto con ambienti criminali. A partire dai rapporti della Digos di Cosenza (dal 2001) sulle “strane frequentazioni” dei politici locali, fino ad arrivare alla più recente indagine della Guardia di Finanza sull’appalto di piazza Fera/Bilotti, nell’ambito della quale intercetta l’ex capo gabinetto Potestio al telefono con esponenti di primo piano del clan cosiddetto degli “zingari”, ai quali deve spiegare la loro “esclusione” dalla spartizione delle tangenti del grande appalto. Una indagine, questa, che venne archiviata dall’allora procuratore capo Granieri, nonostante le registrazioni che provavano la commistione tra politica e malavita. E solo grazie all’intervento della DDA di Reggio Calabria oggi sappiamo che quell’affare era gestito da mafiosi. Ma a Cosenza questo non suscita preoccupazione. Solo a Lamezia episodi come questo destano preoccupazione. E poi, per finire, esiste anche la relazione della Commissione Parlamentare Antimafia su Cosenza che evidenza come la “mescolanza” tra politica e ‘ndrine sia un dato “consolidato”. Ricordiamo che Madame Fifì ed Ernesto Magorno fanno parte di questa Commissione (?!?).
Continua Minniti su Lamezia: «un diffuso quadro di illegalità, in diversi settori dell’ente che, unitamente ad un generale disordine amministrativo, si sono rilevati funzionali al mantenimento di assetti predeterminati con soggetti organici o contigui alle organizzazioni criminali egemoni ed al consequenziale sviamento dell’attività di gestione dai principi di legalità e buon andamento». Che ha determinato: «un vero e proprio “sistema” nel settore dei lavori pubblici che consente di aggiudicare appalti sempre alle medesime ditte»;
Qui c’è da ridere: il “Sistema Cosenza” come tutti sanno, non ha rivali in Calabria per volume d’affari, e per la collaudata, storica e funzionale saldatura tra la politica corrotta, la massoneria deviata, la ‘ndrangheta, servitori dello stato infedeli, ed imprenditori prenditori, tutti insieme a formare una cupola tra le più potenti del sud Italia. Tant’è che nessuno li ha mai toccati. Cosenza detiene il record mondiale di determine farlocche firmate in una notte: 60. Roba che manco all’Aquila dopo il terremoto. Oramai è sotto gli occhi di tutti che palazzo dei Bruzi è un covo di corrotti. Sono pochi quelli che si salvano. E lo provano le inchieste in corso sugli appalti spezzatino, e quella della procura di Paola sula dilagante corruzione tra i dirigenti comunali, nonché il caso Cirò. Un volume del malaffari che confrontato con quello di Lamezia, risulta 10 volte superiore. Milioni e milioni di euro gestiti da 3/4 dirigenti, su indicazione politica, e regalati sempre alle stesse ditte.
Io non lo so che serve di più per dire che ciò che succede a Cosenza è uguale se non peggio di quello che succede a Lamezia, in termini di malaffare. Ma a Cosenza oltre a qualche interdizione non si va.
Se Minniti fosse un ministro onesto, e sincero nella sua azione politica, dovrebbe spiegare il perché di questo continuo tutelare, sempre e comunque, il malaffare a Cosenza, e perché a Cosenza esistono questi intoccabili. Un spiegazione che Minniti non può fornire perché la metà della paranza che compone la cupola a Cosenza fa parte del suo partito. Ecco perchè Cosenza, nonostante un po’ di fumo negli occhi, resterà sempre un’isola felice.
GdD