Piazza Fera. Occhiuto, la questura e Il Quotidiano: storia di un grande amore

Il mio esimio collega Matteo Cosenza (ex direttore de Il Quotidiano della Calabria) deve avere un conto aperto contro di me perché altrimenti non si spiega come passi il suo tempo ad aprire procedimenti disciplinari nei miei confronti all’Ordine dei Giornalisti della Lombardia.

Pensate se fossi stato iscritto in Calabria che cuccagna sarebbe stata per il buon Matteo… Ma, purtroppo per lui, non mi sono mai voluto iscrivere qui…

Qui a Cosenza, ormai da più di un anno, la DDA di Catanzaro ha aperto una grossa inchiesta per le modalità con le quali si è svolta la campagna elettorale del 2011 e sulla successiva gestione criminale e truffaldina di Palazzo dei Bruzi e non c’è dubbio che l’indagato “eccellente” sia l’ex sindaco di Cosenza, Mario Occhiuto.

All’epoca (2012-2013), il signor Matteo Cosenza dirigeva il Quotidiano della Calabria e la sua linea editoriale, che in un primo tempo sembrava equilibrata, ad un certo punto è diventata completamente funzionale al primo cittadino.

Senza entrare nel merito di intercettazioni e registrazioni telefoniche (che pure ci sono), non mi è certo difficile documentare come è stato possibile questo repentino cambio di rotta.

Tutto ruota intorno alla mia collega Rosamaria Aquino, che venne bruscamente fermata nella sua inchiesta sulla corruzione al Comune di Cosenza da un’incredibile vicenda.

Mentre stava lavorando all’inchiesta, infatti, qualcuno decise che doveva essere “fermata” perché avrebbe tentato di mettere una bomba molotov dentro una cabina telefonica vicino alla questura di Cosenza… Insieme a Michele Santagata… Che terrò fuori da questa squallida storia di “giornalisti”.

Ovviamente si trattava di una bufala grande quanto una casa ma servì per allontanarla dall’inchiesta che stava conducendo sul Quotidiano e successivamente anche dalla stessa redazione di Cosenza del giornale.

Questa è la lettera di Rosamaria Aquino al direttore Cosenza, scritta quando ormai la questione della “bomba” si era completamente sgonfiata.

la bomba

La lettera al direttore de “Il Quotidiano della Calabria”

Gentile Direttore, 
all’indirizzo del mio avvocato Franco Sammarco è giunta ieri la notizia che il Dna rilevato sulla bottiglia molotov, ritrovata ormai quasi un anno fa in una cabina davanti alla chiesa di Santa Teresa a Cosenza e ritenuta dalla Polizia un atto intimidatorio nei confronti della Questura, non corrisponde al mio. 
Meno male, rischiavo sino a dieci anni di carcere. 
Ma per fortuna il risultato del tampone a cui sono stata sottoposta, insieme al mio coindagato, e che secondo la Digos di Cosenza era necessario per chiarire in tempi brevi la nostra posizione, alla fine è arrivato, anche se a conti fatti dopo un anno. 
Un tempo infinito, il tempo della giustizia.

Nel frattempo, come era prevedibile, molte cose sono cambiate. 
Oggi vivo in un’altra città e sono in cerca di occupazione. 
Ma la magistratura va rispettata. Ho così lasciato, senza strepitare, che la Digos mi pedinasse, che ascoltasse le mie telefonate, che interrogasse le mie fonti, chiamate una ad una negli uffici di Polizia, come si fa per i criminali veri. Inutile specificare che quelle fonti non sono state poi più tanto generose di notizie con me, visto che anche solo vederci avrebbe poi comportato firmare un verbale in Questura.

In questi mesi mi sono chiesta diverse cose, del resto sono una giornalista e fare domande è il mio mestiere. 
Come sa bene, Direttore, questa indagine non era “isolata”. 
Un mese prima della molotov, ero già stata sottoposta a interrogatorio della Digos per un altro allarme bomba, stavolta ai danni del Comune di Cosenza. Quella indagine mi riguardava come attivista di un movimento contro il precariato non tanto tenero con il Comune, su cui erano ricaduti i sospetti della Polizia.

Lei lo sa bene, dicevo, non perché glielo abbia raccontato io (ne avessi avuto il tempo, magari!), ma perché il sindaco Mario Occhiuto, nonostante il segreto istruttorio, sapeva già tutto di questa indagine ed è arrivato in redazione prima di me. 
Rimasi attonita quando Lei mi comunicò che il sindaco aveva telefonato in redazione dichiarando che la Polizia “aveva le prove” del mio coinvolgimento, non prima, però, di essersi lungamente lamentato dei miei pezzi che riguardavano la sua azione amministrativa. 
Anche quell’inchiesta, poi, è finita archiviata.
 Un mese dopo, quando è arrivata la seconda inchiesta, quella sulla molotov abbandonata, lavoravo ancora nella redazione del Quotidiano.
 Il sindaco continuava a lamentarsi dei miei pezzi e a informare passo passo la redazione e gli editori sulle mie vicissitudini giudiziarie. Era una situazione imbarazzante per tutti.

Allora Lei, Direttore, mi disse che per tutelare me stessa insieme al giornale, sarebbe stato meglio per me non scrivere più notizie riguardanti il Comune di Cosenza, almeno fino all’esito degli esami del Dna.
Feci come mi suggerì. Scrissi di Rende, Zumpano, Castrovillari, di feste mondane e cronaca nera, di incendi soprattutto!
 Neanche più una riga sul Comune guidato da Occhiuto, senza gridare alla censura. 
Mi sembrava già una gran cosa che dopo quell’accusa il giornale mi facesse lavorare ancora lì.

Oggi che le cose sono più distanti, se non meno dolorose, mi chiedo: perché questo collegamento immediato tra le lamentele del sindaco per la mia attività giornalistica ed un’indagine che, semmai, mi vedeva controparte della Questura? 
Insomma, che ci azzecca il Dna prelevato per una indagine su un attentato alla Polizia con il Comune di Cosenza? 
Anche se momentaneamente disoccupata, resto una giornalista “…che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero…”

E quindi, mi chiedo: le due inchieste erano tra loro collegate? 
Grazie dell’ospitalità.

Rosamaria Aquino (Il Quotidiano della Calabria, 19 luglio 2013)

Non spetta certo a me commentare o dare giudizi ma è del tutto evidente che il direttore Cosenza sia stato quanto meno “sollevato” dal fatto che non avesse più una giornalista rompiballe che scriveva sul sindaco… E che lo stesso sindaco aveva quantomeno interferito nella linea del giornale “intrallazzando” con il direttore e con altri giornalisti.

Certo è che nella nostra realtà (ma non credo solo da noi) queste cose accadono molto spesso e se accadono sono possibili grazie ad una serie di “relazioni pericolose” che devono tutelare chi manovra la baracca.

Ma ritengo, tuttavia, che il massimo sia la replica dell’ex sindaco Occhiuto a questa lettera della collega. Una replica che è tutta un programma e che ovviamente riporto…

Da sinistra: Cannizzaro, il questore Anzalone, Occhiuto e Potestio

LA LETTERA DI OCCHIUTO

Gentile direttore, 
intervengo per chiarire alcuni punti che riguardano la mia persona, chiamata in causa questa mattina sulle colonne del Quotidiano della Calabria dalla sua ex redattrice Rosamaria Aquino.
 Mi preme innanzitutto precisare che l’Amministrazione comunale non ha avuto alcun problema con gli attivisti che lo scorso anno organizzarono a corso Mazzini un flash mob di protesta contro il precariato, né tantomeno con la signora Aquino, con la quale ebbi un cordiale incontro in Comune prima dell’iniziativa da lei promossa. In seguito a quella manifestazione nacquero sì delle polemiche, ma dovute a ragioni organizzative e ad una difettosa gestione degli spazi che, per quello stesso pomeriggio, erano stati concessi in precedenza ad un’altra associazione, con la conseguente sovrapposizione dei diversi attori interessati e di spettatori diversificati. La vicenda fu immediatamente chiarita dalla mia segreteria, fugando la solita dietrologia che, chissà come mai, a Cosenza trova sempre terreno fertilissimo.


Successivamente, a Palazzo dei Bruzi arrivò una telefonata anonima che annunciava la presenza di un ordigno esplosivo posizionato nelle stanze del Comune.


Dalle attività di indagine delle forze dell’ordine emerse che fra gli indagati figurava la signora Rosamaria Aquino. A dirla tutta, caro direttore, la notizia, se verificata, avrebbe escluso azioni criminose gravi, riconducibili a situazioni più preoccupanti dal punto di vista dell’incolumità che ancora adesso sono attuali. Per questo ho derubricato la questione come una ragazzata compiuta in maniera isolata, sebbene i motivi all’origine del gesto mi sfuggissero. In quella occasione decisi di non sporgere denuncia contro la signora Aquino, anche al fine di non aggravare la sua posizione, spinto dal senso di comprensione che appartiene a chi è genitore.


Fatto sta che – magari pura coincidenza – da quel momento cominciò sul suo giornale la pubblicazione di una serie di articoli a firma di Rosamaria Aquino con evidenti argomentazioni contro l’azione dell’Amministrazione comunale. 
Mi pare persino superfluo sottolineare quanto io rispetti e ritenga sacrosanta la libertà di espressione e di informazione ma, dati i precedenti che ho riassunto, ritenni legittimo evidenziare come in quel periodo la signora Aquino non potesse essere serena nel trattare notizie riguardanti il Comune di Cosenza, considerando che mi era anche giunta voce del fatto che, proprio per dimostrare la sua estraneità all’indagine in corso, qualcuno le avesse consigliato di proseguire con maggiore foga nella stesura di articoli di denuncia contro l’Amministrazione comunale.


Dell’indagine ancora successiva, poi, sulla molotov rinvenuta in una cabina telefonica, e che pure vedeva il coinvolgimento di Rosamaria Aquino, ho appreso dai quotidiani locali e non ho mai accostato l’episodio specifico alle attività del Comune.
 Oggi, e lo dico senza retorica né ipocrisia, sono contento che la sua implicazione in quella vicenda sia stata archiviata, come del resto mi sono sempre augurato.
 Nel frattempo, ho avuto modo di conoscere meglio il co-indagato di quel fascicolo, Michele Santagata, maturando il personale convincimento della sua estraneità all’oggetto di indagine e sperando che le cose si risolvessero per il meglio.


Quando, infine, ho appreso con notevole sorpresa che Rosamaria Aquino non prestava più servizio al Quotidiano della Calabria, mi sono preoccupato, senza che nessuno mi spingesse a farlo, di accertarmi direttamente dall’editore che la conclusione della sua esperienza professionale non fosse messa in rapporto con il sottoscritto, rimarcando come già da parte mia non ci fosse alcun tipo di preclusione.
Questi sono i fatti che ho vissuto, signor direttore, e che per amore della verità e per il rifiuto di insinuazioni malevole le ho riportato fedelmente. 
Può accadere a chiunque di essere additati di responsabilità per cose non dette o non fatte, ma purtroppo ho verificato in prima persona che, in special modo un Sindaco, è spesso oggetto di strumentalizzazioni di ogni tipo.
 L’occasione mi è gradita per porgerle i miei più cordiali saluti e per augurare alla signora Rosamaria Aquino le migliori fortune professionali e umane.

Mario Occhiuto

Sindaco di Cosenza

Dunque, l’ex sindaco ammette lui stesso di avere fatto pressione… solo che non cita mai su chi (…ritenni legittimo evidenziare come in quel periodo la signora Aquino non potesse essere serena nel trattare notizie riguardanti il Comune di Cosenza, considerando che mi era anche giunta voce del fatto che, proprio per dimostrare la sua estraneità all’indagine in corso, qualcuno le avesse consigliato di proseguire con maggiore foga nella stesura di articoli di denuncia contro l’Amministrazione comunale.

(…) Quando, infine, ho appreso con notevole sorpresa che Rosamaria Aquino non prestava più servizio al Quotidiano della Calabria, mi sono preoccupato, senza che nessuno mi spingesse a farlo, di accertarmi direttamente dall’editore che la conclusione della sua esperienza professionale non fosse messa in rapporto con il sottoscritto, rimarcando come già da parte mia non ci fosse alcun tipo di preclusione.)

Ed è Rosamaria Aquino stessa che spiega il perché nella lettera che vi ho allegato e che si riferisce direttamente a Matteo Cosenza.

(Rimasi attonita quando Lei mi comunicò che il sindaco aveva telefonato in redazione dichiarando che la Polizia “aveva le prove” del mio coinvolgimento, non prima, però, di essersi lungamente lamentato dei miei pezzi che riguardavano la sua azione amministrativa.  
Anche quell’inchiesta, poi, è finita archiviata.
 Un mese dopo, quando è arrivata la seconda inchiesta, quella sulla molotov abbandonata, lavoravo ancora nella redazione del Quotidiano.
 Il sindaco continuava a lamentarsi dei miei pezzi e a informare passo passo la redazione e gli editori sulle mie vicissitudini giudiziarie. Era una situazione imbarazzante per tutti.

Allora Lei, Direttore, mi disse che per tutelare me stessa insieme al giornale, sarebbe stato meglio per me non scrivere più notizie riguardanti il Comune di Cosenza, almeno fino all’esito degli esami del Dna.
Feci come mi suggerì. Scrissi di Rende, Zumpano, Castrovillari, di feste mondane e cronaca nera, di incendi soprattutto!
 Neanche più una riga sul Comune guidato da Occhiuto, senza gridare alla censura). 

Tutta questa documentazione, integrata anche da un articolo di Carlo Parisi, segretario del Sindacato dei Giornalisti della Calabria, appare anche sul numero 89 (anno VII) del sito Giornalisti Calabria…

http://www.giornalisticalabria.it/2013/07/20/rosamaria-aquino-odissea-di-una-giornalista-perbene/

Per concludere, quell’inchiesta della DDA su Occhiuto è in dirittura d’arrivo, ieri hanno arrestato colui che ha vinto l’appalto, io lavoro a Cosenza e non sono certo dalla parte del sindaco e al Quotidiano della Calabria, anche se Matteo Cosenza non c’è più, c’è molta gente alla quale, per usare un eufemismo, non sto simpatico. Anche perché ho lavorato in quel giornale per dieci anni, dal 1996 al 2005…

Gabriele Carchidi