Politiche 2022. Aria di inciucio al Quirinale

(DI WANDA MARRA E GIACOMO SALVINI – ilfattoquotidiano.it) – Giorgia Meloni ha visto Sergio Mattarella due volte dopo la crisi. La notizia arriva da fonti politiche, il Quirinale non smentisce. Potrebbe sembrare un fatto normale, incontri scontati. Eppure nulla se n’era saputo fino ad ora. Anzi, erano noti i rapporti non proprio ottimi tra i due: Fratelli d’Italia non aveva votato per il bis. E Giorgia ci aveva tenuto a puntualizzare di non condividere la scelta. Ma in una campagna elettorale nella quale pare ci sia un vincitore in pectore, molte cose si rimescolano, molte posizioni si smussano, molti rapporti devono rasserenarsi.

I due si sono visti la prima volta a inizio agosto, subito dopo la caduta del governo. E la seconda a fine mese, prima che la leader di FdI partisse per il tour elettorale. La prima volta i due hanno parlato di energia: Giorgia ha condiviso la necessità che il governo in carica faccia le misure per arginare la crisi del gas. E ci ha tenuto a rassicurare il Capo dello Stato che il presidenzialismo non è per il suo partito una riforma contro di lui. La seconda, invece, il dialogo è stato più generico. Meloni ha chiarito di non essere d’accordo con lo scostamento di bilancio. Durante questi dialoghi, Meloni lo ha anche rassicurato sul fatto che la collocazione internazionale dell’Italia sarà la stessa. Il vero punto dirimente per il Quirinale.

Mattarella dovrà presumibilmente dare l’incarico alla leader di FdI. E non è un caso che proprio in questi giorni sia tornato a ribadire l’importanza delle sanzioni. Quello considerato inaffidabile, inattendibile, pericoloso dall’establishment internazionale è Matteo Salvini (che, appunto, si scaglia contro le sanzioni). Bruxelles è pronta a mettere alla prova la leader di FdI: ma serve la garanzia del Presidente. Oltre a quella di Mario Draghi. Da settimane, dal Colle si fa filtrare il fatto che almeno 4 ministeri dovranno essere concordati: Economia, Viminale, Difesa e Farnesina. Tanto è vero che i nomi che girano di più per il Tesoro sono Daniele Franco e soprattutto Fabio Panetta, membro del Comitato esecutivo della Banca Centrale Europea. Meloni sta cercando di convincere quest’ultimo: se ci riesce, l’esecutivo dovrebbe partire rapidamente. Altrimenti, sarà più complesso.

I rapporti di Giorgia con Draghi sono notoriamente ottimi e continui da sempre. Le convenienze parallele tra i due sono evidenti: lei ha bisogno di Mario, come garanzia rispetto all’Europa e agli Stati Uniti, lui ha bisogno di Giorgia, nel caso dovesse riprovare la strada del Colle, oppure quella della guida della Commissione o del Consiglio europeo. Per andare al Quirinale, però, bisogna passare per le dimissioni di Mattarella. La riforma del presidenzialismo potrebbe indurre il presidente a farlo: uno scenario evocato da Silvio Berlusconi, che Meloni si è affrettata a smentire. L’idea, ripetuta a Mattarella, è quella che se la riforma arriverà in porto non sarà fatta contro qualcuno ma a favore della “stabilità” di governo.

In questi giorni sono ripresi anche i contatti tra Draghi e Mattarella, come raccontano da Palazzo Chigi. La settimana prossima in Cdm arriva l’energia. E poi i due devono procedere uniti proprio per gestire il post voto e l’eventuale “consegna” del Paese al centrodestra.

Mattarella aveva già fatto sapere ai partiti che avrebbe completato il settennato, accettando la rielezione. Ma ora le riflessioni seguono un’altra linea di ragionamento: sarebbe complicato rischiare di indebolire le istituzioni, con una scelta del genere. Consapevolezza che ha pure l’ex Bce. Scenari tutti futuribili. Quel che è certo è che più si avvicina il 25 settembre, più Mattarella fa ciò che ha fatto dal voto del 2018: garantisce l’asse internazionale dell’Italia, addomestica le forze potenzialmente anti-sistema.

E Giorgia lavora per consolidare l’immagine affidabile che si è cucita addosso durante questa campagna elettorale. Fino a prova contraria.