di Cesare Treccarichi
Fonte: Today (https://www.messinatoday.it/cronaca/ponte-stretto-messina-quanto-costa-non-farlo-penali.html)
“Costa più non farlo che farlo”, diceva il ministero delle Infrastrutture di Matteo Salvini, riferendosi al ponte sullo Stretto. E mentre il progetto va avanti, tra ritardi e dubbi sulla fattibilità, un altro tema si aggiunge al dibattito: cosa succede se alla fine non si fa? Succede questo: lo Stato rischia di pagare penali “miliardarie”. Gli indennizzi sono infatti calcolati secondo gli accordi siglati tra la società pubblica Stretto di Messina e chi dovrà costruire il ponte, il consorzio Eurolink guidato da WeBuild. Tuttavia, questi documenti sono tenuti segreti.
Era già successo nel 2013, quando gli stessi protagonisti che ora sono impegnati nella costruzione del ponte chiesero allo Stato italiano oltre un miliardo di euro di danni, dopo che il progetto fu fermato dal governo di Mario Monti. E se va di nuovo male? Dario Capotorto, docente di Diritto degli appalti pubblici all’Università di Roma La Sapienza, prevede che anche se non si fa, il ponte lo pagheranno comunque gli italiani: “Un eventuale passo indietro esporrebbe la collettività a nuovi risarcimenti ai privati”, spiega il professore a Today.it. Ma questo lo vedremo più avanti. Vediamo intanto quali aziende, realizzando o meno il progetto, guadagnerebbero comunque. E perché.
Quanto ci costa il ponte sullo Stretto: chi lo costruisce e ci guadagna
Le aziende che partecipano alla costruzione del ponte sullo Stretto sono le stesse del progetto varato vent’anni fa dal governo Berlusconi:
- Stretto di Messina S.p.A;
- Consorzio Eurolink.
Ognuna ha mantenuto il proprio ruolo originario. La Stretto di Messina è la concessionaria pubblica che per conto dello Stato realizza l’opera: il 55 per cento è del ministero dell’Economia, mentre il resto è diviso tra Anas (36,6%) e Rete ferroviaria italiana (5,8%), con la partecipazione di Regione Calabria e Regione Sicilia (entrambe con l’1,1%). Proprio come 22 anni fa, l’amministratore delegato della Stretto di Messina è Pietro Ciucci, mentre il presidente è diventato Giuseppe Recchi, ex Eni e Telecom Italia.
A sua volta, la Stretto di Messina ha affidato al consorzio Eurolink la costruzione del ponte e delle opere annesse. Anche in questo caso la composizione è la stessa di vent’anni fa. A capo del consorzio Eurolink c’è la multinazionale WeBuild di Pietro Salini, che prima figurava come Impregilo. Tra le altre aziende – riassunte nel grafico riportato qui sotto estratto dalla camera di commercio – ora c’è anche Valter Mainetti, editore del Foglio, presente con Società italiane per condotte d’acqua.

Anche sul fronte della progettazione ci sono nomi noti, come la Rocksoil, azienda che si occupa delle tecnologie di scavo, fondata da Pietro Lunardi, lo stesso che da ministro delle Infrastrutture del governo Berlusconi aveva affidato a Pietro Ciucci la Stretto di Messina nel 2002. Ora a capo della Rocksoil c’è Giuseppe Lunardi, il figlio.

Nella storia del ponte, queste stesse aziende hanno già attivato le penali. Dopo che il governo Monti dispose la chiusura del progetto, la Stretto di Messina venne posta in liquidazione e la parte privata chiese i danni allo Stato, secondo condizioni che la Corte dei Conti definì “vantaggiose”. Erano state sottoscritte nel 2009 dal governo Berlusconi e furono quantificate in circa 700 milioni di euro. Parsons, azienda col ruolo di consulenza nella progettazione attivo ancora oggi, ne chiese altri 90.
A ciò, si aggiunse la richiesta di indennizzo della Stretto di Messina, altri 325 milioni di euro, che la Corte dei conti definì una “mera duplicazione dei costi”. In pratica, era la stessa somma che la società aveva già ricevuto dallo Stato per il suo funzionamento: com’è infatti attestato nei bilanci, l’esistenza della Stretto di Messina è costata oltre 312,4 milioni di euro alle casse statali.
Ora che il governo Meloni ha “riavviato” la Stretto di Messina e con essa il contratto col consorzio Eurolink, non è ancora chiaro che fine facciano i contenziosi passati. Ma sulle potenziali controversie future va peggio.
Le penali del ponte sullo Stretto di Messina: il segreto di Salvini
I documenti che regolano i rapporti tra la Stretto di Messina e il consorzio Eurolink non si trovano. La società è a tutti gli effetti un’azienda dello Stato e per legge risponde al controllo del ministero competente, in questo caso quello delle Infrastrutture e dei trasporti (Mit). Il titolare, Matteo Salvini, ha più volte risposto sul tema a tre interpellanze parlamentari avanzate dal deputato di Alleanza Verdi Sinistra, Angelo Bonelli. E per Salvini, la pubblicazione di questi documenti sarebbe “non prevista dalla normativa”, come si legge dalla sua risposta pubblicata sotto ed estratta dagli atti parlamentari.
Bonelli ha sottolineato di aver “più volte fatto richiesta, senza ricevere risposta, alla Stretto di Messina e al Mit di copia degli atti sottoscritti con Eurolink”. A Today.it, il deputato aveva spiegato come lo Stato e le società incaricate di costruire il ponte siano legati come da una catena.
“Se il progetto si ferma, lo Stato, quindi i cittadini italiani, si troverebbe obbligato a pagare le penali”.
Angelo Bonelli, deputato
E in primo grado, davanti al Tribunale di Roma, lo Stato aveva vinto: “Se la società Stretto di Messina firma l’atto negoziale con le penali, lo Stato recede da un contenzioso che aveva vinto e si apre una fase in cui se per una serie di motivi il progetto si ferma, lo Stato, quindi i cittadini italiani, si troverebbe obbligato a pagare le penali”, ci aveva detto Bonelli. Ma di quanti soldi stiamo parlando?
Il mistero delle penali sul ponte e i dubbi dell’Anticorruzione
Oltre a essere segrete, le penali hanno un altro problema: non si capisce su quali leggi si basano. “Nel decreto che ‘riattiva’ la Stretto di Messina ci sono vari richiami ad altre norme: non è ben chiaro quale si applichi” spiega a Today.it Rosamaria Berloco, avvocata e cofondatrice dello Studio Legal Team, esperta in diritto dei contratti pubblici. “Per gli appalti pubblici dal 2006 a oggi sono intervenuti ben tre codici con innumerevoli decreti e modifiche di non facile applicazione. Una disciplina speciale è stata poi dettata, ad esempio, dal Pnrr”, spiega Berloco che mette in evidenza come la gara d’appalto si basi su norme abrogate.
“I rapporti tra lo Stato e la Stretto di Messina sono regolati da un ginepraio di norme”.
Rosamaria Berloco, Legal Team
“Dal 1971 al 2024, i rapporti tra Stato e la Stretto di Messina sono stati regolati da un ginepraio di norme, a cui si sommano ulteriori atti, accordi, intese e convenzioni stipulate che applicano leggi nel tempo cambiate”, ricostruisce a Today.it la legale. Ad esempio, “sappiamo che nel 2004 la società Stretto di Messina ha indetto diverse gare per individuare il ‘contraente generale’, poi individuato nel consorzio Eurolink. La norma su cui si basavano quelle gare è stata abrogata già a partire dal 2006”.
Sulla normativa poco chiara si è espressa anche l’Autorità nazionale anticorruzione. Il presidente dell’Anac Giuseppe Busia aveva chiesto di eliminare queste criticità, come ribadito nel rapporto 2024 presentato al Parlamento: “La procedura di gara […] è stata aggiudicata sulla base di una disciplina ormai abrogata”, si legge nel documento. Tuttavia, “nel testo della legge tale elemento non risulta esser stato chiarito”, ci dice l’avvocata Berloco.
Ma è normale che le penali vengano tenute segrete? “La Stretto di Messina è come se fosse una pubblica amministrazione – spiega Berloco – Questo significa, ad esempio, che per l’affidamento di contratti pubblici, dovrà bandire gare pubbliche come le altre amministrazioni, garantendo l’accesso ai documenti”. Ma come si vede sul sito della Stretto di Messina, la sezione dedicata alla trasparenza per “tempi, costi e indicatori di realizzazione” è ancora “in aggiornamento”, e la stessa società non ha trasmesso i documenti richiesti ad Angelo Bonelli, un deputato della Repubblica.

In sintesi, le penali dipendono da un contratto, tenuto segreto, e da una normativa, che non è chiara. Nel contratto sarebbe specificato anche il valore dell’appalto, che secondo l’ultimo aggiornamento sul portale Silos della Camera dei Deputati ammonta a 6,5 miliardi di euro. Ma il dato è del 2011,”un valore certamente non più in linea con il mercato”, ci spiega Berloco di Legal Team, che aggiunge come le ultime modifiche al progetto “impattino certamente sul costo dell’opera”.
Se il ponte sullo Stretto non si fa pagano gli italiani: il calcolo delle penali
In caso di un nuovo stop all’opera ci si potrebbe trovare in una situazione ben peggiore. “Un eventuale passo indietro esporrebbe la collettività a richieste di nuovi risarcimenti da parte dei privati”, spiega a Today.it Dario Capotorto, docente di Diritto degli appalti pubblici della Sapienza di Roma. “Già in passato la progettazione iniziò coi necessari investimenti, ma quando cadde nel nulla le aziende agirono in giudizio chiedendo danni enormi”.
All’epoca la richiesta di danni allo Stato fu di circa 800 milioni di euro rispetto a un valore della gara d’appalto di circa 3,8 miliardi, ma nel frattempo i costi del progetto hanno superato i 12 miliardi di euro: “Se ragioniamo in termini di danni prodotti le somme per le penali diventano iperboliche – spiega il docente universitario – Con un secondo passo indietro i risarcimenti sarebbero inevitabilmente destinati a crescere. Di certo sono dolori per noi contribuenti visto che i costi continuano ad aumentare”. Abbiamo chiesto alla Stretto di Messina informazione sulla quantificazione delle penali, ma alla data di pubblicazione del pezzo non abbiamo ricevuto risposta.
“Il rapporto con il contraente generale appare sbilanciato”.
Autorità nazionale anticorruzione
Intanto, per l’autorità nazionale anticorruzione i costi “potrebbero subire notevoli aumenti”, per cui sarebbe necessaria un’attenta verifica sulla “sostenibilità economica della realizzazione dell’opera”. Tutto questo mentre – evidenzia sempre Anac – i rapporti contrattuali sono “sbilanciati” a favore della parte privata, per il “notevolissimo potere […]nell’ambito della definizione del contenzioso pregresso e nella determinazione di eventuali varianti e del relativo costo”.

In sintesi, le penali dipendono da un contratto tenuto segreto e da una normativa poco chiara. Restano quindi alcune domande. Quanto ci costerà davvero il ponte di Messina? Quanto ci potrebbe costare invece lo stop ai lavori? Quando saranno accessibili le informazioni mancanti? Probabilmente a cose fatte, dopo che il progetto verrà approvato dal Cipess. Lì, verranno definiti gli “atti aggiuntivi”, che il presidente della Stretto di Messina Pietro Ciucci riferisce essere in corso di redazione: “Con la stipula dovrebbe poi emergere qualche ulteriore precisazione in merito anche alla normativa applicabile e, dunque, alle conseguenze per la mancata realizzazione dell’opera”, ci spiega l’avvocata Berloco.
Nel frattempo, a un anno dal decreto che ha riavviato l’iter per costruirlo, sul ponte sappiamo di non sapere.