di Carlo Di Foggia
Fonte: Il Fatto Quotidiano
Non è ancora una bocciatura, ma rischia di diventarlo. La Corte dei Conti ha rimandato a Palazzo Chigi la delibera del Cipess che il 6 agosto ha approvato il progetto definitivo del Ponte sullo Stretto di Messina. I pm contabili chiedono di integrare gli atti con chiarimenti e documenti mancanti, dai costi alle procedure ambientali fino alle norme Ue. I rilievi, sei pagine, sono pesanti e ora il Comitato interministeriale che si occupa dei grandi progetti infrastrutturali (presieduto da Giorgia Meloni) ha 20 giorni per fugare i dubbi, altrimenti la Corte deciderà sulle carte già disponibili. “Non è una bocciatura”, provano a minimizzare dal ministero delle Infrastrutture di Matteo Salvini. “I rilievi sono importantissimi e confermano che la progettazione del Ponte è carente delle informazioni necessarie a renderne sostenibile la realizzazione ”, attacca Angelo Bonelli (Avs). Il Wwf esulta: “Dopo Bruxelles arriva un altro stop”.
La questione è seria. Per la Corte un atto “di rilevante efficacia” –vis to che riguarda un’opera da 14 miliardi – è stato trattato con sciatteria, “difettando di una compiuta valutazione degli esiti istruttori”. Insomma, si presenta “più come una ricognizione delle attività intestate ai diversi attori istituzionali del procedimento che come una ponderazione delle risultanze”.
I magistrati sembrano richiamare tutti ai propri doveri istituzionali quando parlano delle “peculiari modalità – condivisione di linkche rimanda al sito istituzionale della società Stretto di Messina –con le quali sono stati trasmessi alcuni degli atti oggetto di controllo” e chiedono di sapere se sono poi stati davvero acquisiti. La Corte contesta anche la decisione di subordinare l’efficacia della delibera al decreto ministeriale che modifica la concessione del Ponte, che però era già stato approvato il 1° agosto (e sottoposto solo l’11 settembre al controllo della Corte).
I PM CONTABILI vogliono poi vederci chiaro sull’ “Iropi”, il documento dove ad aprile il governo ha elencato gli “imperativi motivi di interesse pubblico” che giustificano l’impatto ambientale dell’opera. Tra questi c’è la “valenza militare” dell ’infrastruttura ai fini della “mobilità delle truppe Nato”.
Peccato che andrebbe sottoposto anch’esso al controllo della Corte, che chiede pure chiarimenti sul rispetto delle normative Ue e delle linee guida della Procedura di incidenza ambientale. Quest’ultima non si è infatti chiusa positivamente (le aree dello Stretto sono tutelate in ambito comunitario). Sul tema sono fioccati i ricorsi degli ambientalisti e pochi giorni fa la Commissione Ue ha chiesto chiarimenti sull’iter della procedura al ministero di Salvini, cosa di cui i magistrati vogliono essere informati. Altre criticità pesanti: Salvini&C. hanno deciso di estromettere l’Autorità dei Trasporti e non acquisire il parere del Nars, il nucleo di esperti che supporta il Cipess nella valutazione dei progetti.
NON DA MENO sono i rilievi sull’iter progettuale. Risultano “non del tutto ottemperate” le “prescrizioni e raccomandazioni di cui alla delibera Cipe n. 66/2003” e non è stato acquisito il parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici che nel 1997 si espresse sul progetto. Non sono questioni di lana caprina: adeguarsi alle prescrizioni ha un costo e infatti la Corte chiede “chiarimenti in merito alla quantificazione degli oneri correlati al complessivo quadro prescrittivo e ai criteri a detti fini adottati, dando evidenza di quelli ricadenti nella progettazione definitiva e in quella esecutiva”. Tradotto: come siamo arrivati a questi numeri?
Poi la bomba: “Analoghi chiarimenti si rendono necessari in relazione alla quantficazione dei costi afferenti alle raccomandazioni formulate dal Comitato scientifico” della Stretto di Messina, la società incaricata di realizzare l’opera guidata da Pietro Ciucci, vero dominus dell ’operazione insieme a Webuild, colosso che guida il consorzio costruttore Eurolink. Parliamo di 68 “raccomandazioni”, alcune molto complesse e lunghe, come le prove sui cavi.
Molte anche le richieste di chiarimenti sul quadro economico, per esempio sugli incrementi di spesa dei “costi della sicurezza”, saliti a 207 milioni dai 97 del progetto preliminare, rispetto al quale non tornano pure i 266 milioni per le “Opere e misure compensative dell’impatto territoriale e sociale”.
La Corte chiede poi di sapere come il Cipess valuta la decisione di far rinascere il vecchio contratto con Eurolink, che chiede allo Stato 700 milioni per lo stop voluto dal governo Monti nel 2013. Incredibilmente, il Cipess non s’è mai pronunciato.
Altra richiesta: perché si è deciso di affidarsi alla società Tplan Consulting per le stime di traffico? La nota si chiude con una richiesta pesante: conoscere “le valutazioni del Cipess in relazione al rispetto della direttiva 2014/24/Ue, con specifico riferimento all’art. 72, anche alla luce dell’interlocuzione avviata con la Commissione come attestato nella documentazione della Kpmg”. L’articolo 72 impone di rifare la gara del Ponte se i costi superano del 50% quelli del bando originario. Il governo l’ha aggirata con un escamotage, contestato però dall’Autorità anticorruzione. Evidentemente la faccenda non è affatto chiusa. “Risponderemo e poi via ai cantieri”, chiarisce Salvini in serata. Per Pd, M5S e Cgil “farebbe bene a ritirare la delibera”.









