di Carlo Di Foggia e Manuela Modica
Fonte: Il Fatto Quotidiano
A questo punto è tutto nelle mani di Giorgia Meloni: sarà la premier a decidere se ripristinare il contratto del Ponte sullo Stretto di Messina e blindare così le penali miliardarie per il costruttore Eurolink, capitanato da Webuild. È la conclusione a cui si arriva leggendo le 685 pagine del parere positivo della Commissione di Valutazione ambientale pubblicato ieri dal ministero di Gilberto Pichetto Fratin. Il via libera è infatti condizionato a 62 “prescrizioni”, alcune molto pesanti, 56 delle quali da ottemperare “prima dell’approvazione del progetto esecutivo”. Un paradosso reso surreale dal fatto che otto sono da svolgere per “un anno intero”. Così la nuova Commissione, insediatasi a partire da luglio (ma le ultime nomine sono di fine settembre) e infarcita di nomi vicini a FdI, Lega e FI, ha pensato di rispedire la palla al governo. Impossibile avere un progetto esecutivo nel 2025, né aprire i cantieri, ma si punta ad approvare quello definitivo in pochi mesi al Cipess, l’organismo presieduto da Meloni.
Ancora più problematica è la lunga lista di monitoraggi ambientali sotto forma di prescrizioni che riguardano quasi tutto: acque al suolo e sottosuolo, fauna migratrice e cetacei, rumore ed emissioni. A questi si aggiungono prescrizioni sui cantieri, sui movimenti di terra, sull’impatto sui torrenti e sulle rocce di scavo. La commissione detta addirittura il tempo: un anno almeno. Questo è il periodo necessario per otto monitoraggi con verifica di ottemperanza “prima del progetto esecutivo”, per esempio su habitat marini, laghi, stagni etc. E prima dei cantieri, tra l’altro, bisognerà fare anche il monitoraggio della fauna e della sua migrazione e uno studio di un anno sui due laghi di Ganzirri, vicinissimi al pilone del ponte sul lato siciliano, per verificare “le possibili alterazioni che le opere in progetto possano determinare sull’equilibrio idrogeologico e idraulico”. Altro punto critico è la richiesta di uno studio sull’approvvigionamento idrico, visto che il cantiere avrà un fabbisogno enorme di acqua che però a Messina viene razionata: come si farà a trovarla per i lavori? La Commissione chiede di fornire un’analisi delle soluzioni che “dovranno tener conto delle esigenze idriche” del territorio. E ancora: servono i “flussi di traffico attesi” che Sdm non ha fornito per un’opera da quasi 15 miliardi. La Commissione, peraltro, dà parere positivo anche se la Valutazione di incidenza ambientale è negativa per alcune aree e, per i siti della rete “Natura 2000”, tutelati dall’Ue, non può escludere “incidenze significative”, quindi rimanda la palla a Bruxelles, che deve autorizzare, e chiede misure compensative visti “i motivi imperativi di rilevante interesse pubblico del progetto”.
Il leader dei Verdi, Angelo Bonelli, parla di parere “da cui emergono cose inimmaginabili”. Le associazioni promettono battaglia. “Senza l’ottemperanza delle prescrizioni non si conoscerà il reale progetto definitivo né il costo effettivo dell’opera e il rispetto delle normative comunitarie: come può il Cipess approvare i lavori?”, chiede il Wwf. È, in fondo, tutto quel che conta in questa storia, considerando anche le 68 “raccomandazioni” chieste dal Comitato scientifico di Sdm da attuare nel progetto esecutivo, alcune di enorme portata tecnica. Salvini e l’Ad di Stretto di Messina, Pietro Ciucci, parlano di approvazione del progetto definitivo entro fine anno (“e cantieri nel 2025”): fatto quello, potrà essere ripristinato il contratto con Webuild&C. blindando così la sua penale, che supera il miliardo e mezzo. Il momento della verità sulla fattibilità del ponte è comunque rinviato a data da destinarsi da Salvini, consentendo la progettazione esecutiva “per fasi” (contro il parere dell’Anac). Meloni ha una responsabilità enorme. Fonte: il fatto quotidiano