Praia. Caso Marlane, cittadini e istituzioni chiedono la pulizia dei terreni

La vicenda della mancata bonifica della zona in cui ha sede la Marlane continua a preoccupare residenti e istituzioni. L’allarme è stato nuovamente lanciato subito dopo l’incendio che, la scorsa notte, è divampato nell’area della fabbrica dei Marzotto a Praia a Mare. Per questo motivo, è stato chiesto alla Procura di Paola l’autorizzazione ad accedere nell’area per poter procedere alla pulizia del terreno dopo l’incendio e anche per prendere alcuni provvedimenti a causa della presenza di alberi pericolanti. Tale richiesta è stata inoltrata dal custode giudiziario del terreno che è stato posto sotto sequestro nell’ambito della vicenda giudiziaria che riguarda l’ex area industriale dell’Alto Tirreno cosentino. Nella richiesta inoltrata alla Procura di Paola, viene ricordato che tale autorizzazione era stata già chiesta in altre precedenti occasioni: in particolare, nel luglio del 2022, nel marzo di quest’anno e lo scorso 3 agosto.

Erano stati proprio gli abitanti di via Biagio Pucci di Tortora, strada vicino alla recinzione dell’area dell’ex Marlane, a fare questa richiesta lo scorso 3 agosto perché quando hanno visto divampare le fiamme si sono allarmati per la presenza della vegetazione secca. Già nel settembre del 2020, un altro incendio aveva interessato lo stesso terreno, minacciando abitazioni e le automobili in sosta.
La Marlane, l’ex fabbrica di tessuti dei Marzotto, aveva rappresentato un fiore all’occhiello dell’industrializzazione del Sud offrendo posti di lavoro e soprattutto trasformandosi in un’occasione di sviluppo e progresso per tutto il Meridione. La Marlane è finita nelle aule di Tribunale tante volte ed è stata interessata da diverse vicende giudiziarie che hanno rappresentato prima l’ascesa e poi il declino di quella che ha rappresentato per anni il fiore all’occhiello dell’industrializzazione del Sud.

La Marlane, l’azienda dei Marzotto che produceva pregiati tessuti, non era semplicemente una fabbrica ma era diventata il simbolo di sviluppo e di progresso, un’opportunità di crescita economica per tutto il territorio e un’imperdibile occasione di lavoro per numerose famiglie calabresi e del Meridione d’Italia. Operai che hanno trascorso giornate di lavoro in quella fabbrica sperando in un futuro migliore. Però, poi, all’improvviso è arrivata la fine. La fabbrica venne chiusa; gli operai si ammalarono di tumore e alcuni morirono. Si tratta di episodi che non si verificarono uno dopo l’altro, ma sui quali per tanti anni si è cercato di capire se esisteva un nesso. Si è cercato di fare chiarezza anche su quelle morti ma due processi si sono chiusi senza colpevoli e nei quali si procedeva per disastro ambientale… Fonte: Gazzetta del Sud