Ritorniamo sulla vicenda dei precari (si fa per dire) assunti a tempo all’Asp di Cosenza nell’immediata vigilia delle elezioni regionali del novembre 2014.
Una vicenda che, per fortuna, è diventata anche un’inchiesta giudiziaria grazie a una “manina” che ha fatto uscire fuori, pochi giorni dopo l’esito del voto regionale, una lunga lista di 133 persone, evidentemente clientes et parentes dei nostri amati politici, pronti per essere “imbucati” nei generosi ranghi della sanità cosentina.
Roba che, in altre parti d’Italia e con una magistratura diversa, avrebbe fatto tremare i deretani dei politici ma non a Cosenza, dove addirittura ci sono stati “paraculi” di professione in grado anche di negare l’evidenza.
Ma procediamo con ordine.
Tutto nasce da una legge regionale, che in un primo tempo viene battezzata “Orsomarso-Guccione”, quasi a significare un patto trasversale per dare il giusto compenso ai raccomandati di tutto l’arco politico in un giochino da 4-5 mila voti per i politici più in vista. Se la cantano e se la suonano loro, tanto non li contraddice nessuno e possono dire tutto e il contrario di tutto.
Fausto Orsomarso, a dire il vero, quando la situazione diventa un tantino più complicata, prende carta e penna e scrive un articolo, alla sua maniera, nel quale fa alcune precisazioni sulla questione della legge, che, ripetiamo, in un primo momento, viene battezzata “Orsomarso-Guccione”.
“… Fatto salvo che su alcune leggi – scriveva un annetto fa Orsomarso -, specie quelle manifesto su questioni importanti come il lavoro, anche in passato i gruppi consiliari hanno presentato proposte di legge a più firme di consiglieri di maggioranza e minoranza, in questo caso però è andata diversamente. Come da verbali di consiglio regionale della Calabria, tengo a precisare l’iter di questa legge, o meglio l’interpretazione autentica della legge. Il governo nazionale, con il DL n. 101 del 31 agosto 2013, legifera su strumenti utili al superamento del precariato. La Regione, con la legge regionale 13-12-2014 recepisce in sostanza la legge nazionale. Per rendere più esaustiva ed efficace la legge, nel giugno 2014 ho presentato una norma, frutto del lavoro e dello studio dell’assessorato guidato dal collega Salerno, che fornisse la migliore interpretazione autentica della legge in questione, a garanzia del precariato storico di questa regione, che sulla base di una buona e corretta norma, potesse presentare istanza, cioè titoli riconosciuti tali dai dirigenti per qualificarsi come precari…”.
A questo punto, entra in ballo Carlo Guccione.
“… Nella stessa seduta, il collega Guccione ha presentato un emendamento che è stato votato, per cui per prassi in coordinamento formale, la norma prende la firma “Orsomarso/Guccione”. Precisato questo, cioè l’iter e la genesi della norma, rivendico da legislatore di aver elaborato o firmato nella mia esperienza progetti di legge ritenuti utili alla Calabria e ai calabresi. Rivendico su questa norma in questione e sulle altre leggi che portano la mia firma, di aver contribuito a fare una legge importante ed utile al precariato storico di questa regione, precariato che non ho contribuito sicuramente io ad alimentare negli anni ma della cui problematica legislatori attenti e responsabili devono sicuramente tenere conto”.
Da qui a “scaricare”, in tutti i sensi, Guccione, il passo è brevissimo.
“… Un altro aspetto delicato della vicenda riguarda il rispetto che porto da sempre alla esistenza delle persone, alla loro dignità di cittadini, di padri, di madri e soprattutto di lavoratori. Per quanto mi riguarda, quindi, la vicenda che vede interessate 133 famiglie non mi vedrà mai tra gli speculatori politici in un senso o in un altro. Non avendo elementi di conoscenza diretta per valutare se la buona norma sul precariato approvata dalla Regione sia stata utilizzata in modo corretto e a tutela dei diritti dei lavoratori in questione, non darò sicuramente giudizi sommari. Unica certezza che ho, leggendo l’elenco, è che tra le persone interessate dal provvedimento, non c’è nessuno di mia diretta conoscenza o meglio ancora nessuno che possa immaginare essere annoverato tra i miei sostenitori politici…”.
Contestualizzando questa presa di posizione di Orsomarso, va detto che, appena qualche giorno prima, erano intervenuti, in maniera certamente strumentale, Pino Gentile e Giacomo Mancini. Entrambi, chiedendo l’annullamento delle assunzioni (nonostante Gentile avesse certamente dei clienti in quell’elenco), hanno provato quasi scientificamente ad isolare Orsomarso, nel tentativo strisciante di dimostrare che, in quell’elenco, ci fossero persone riconducibili a lui. Orsomarso rivendica la paternità di quella legge nella misura in cui è una buona norma a tutela del lavoro, spesso precario, di questa regione. Ha scritto questa legge, in sostanza, per certificare il diritto dei precari ad essere considerati tali, sulla scorta di tanti anni di sofferenza e di salari da fame.

Orsomarso non può dirlo, ma è evidente che in quel famigerato elenco non sono poi tanti i lavoratori che possono essere considerati davvero tali. E men che meno “precari”. Può dire invece, e lo fa quasi con un po’ di pudore, che in quell’elenco non ci sono suoi clienti.
A questo punto, dopo gli interventi di Gentile, Mancini e dello stesso Orsomarso, è evidente che gli unici a non aver mai preso posizione sull’argomento sono i signori del Partito Democratico.
Carlo Guccione, il cui nome si accoppia a quello di Orsomarso soltanto per la presentazione di un emendamento, è stato addirittura nominato assessore al Lavoro (prima di essere “cacciato” perchè finito nel tritacarne di “Rimborsopoli”), eppure non è stato in grado di pronunciare una sola parola per difendersi dalle accuse di aver inserito persone riconducibili a lui e al suo amico (almeno all’epoca…) Nicola Adamo in quel benedetto elenco. Già solo per questo, forse, andava escluso dalla giunta Oliverio. Ma il presidente, in quel determinato periodo, era sicuro che il polverone scemasse e quindi nomina lo stesso Carletto assessore al Lavoro. Nonostante in quell’elenco, finito nel mirino della magistratura, ci fossero diversi clienti “adamitici”, nel senso che si trattava di stretti clienti della famiglia Adamo. Voi potrete obiettare che Nicola non era candidato al Consiglio ma all’epoca i rapporti con Carlo Guccione, che invece non solo era in lizza ma è risultato il più votato, erano stati recuperati dopo un lungo periodo di “grande freddo”.
Nell’elenco figurano anche i parenti stretti di Giancarlo D’Agni, acclarata testa di legno di Nicola Adamo nelle vicende legate all’eolico (scomparso proprio qualche giorno fa), di Raffaele Zuccarelli, fedelissimo di lungo corso e di Giulio Grandinetti, uomo ombra di Adamo per lunghi anni prima della sua prematura scomparsa.
Ma se i D’Agni (addirittura due), Zuccarelli e Grandinetti sono certamente riconducibili a Nicola Adamo (anche se finiscono inevitabilmente in quota Guccione), Carletto si rifà con gli interessi nella zona di Rossano, inserendo nell’elenco il figlio e la nipote del consigliere comunale rossanese Teodoro Calabrò, grande sostenitore di Guccione in campagna elettorale. Si tratta di Guerino Calabrò e Roberta D’Oppido.
Ed è evidente che Orsomarso, scrivendo quello che ha scritto, ha preso giustamente le distanze da Carletto Guccione, che in questa vicenda, dunque, sembra essere rimasto solo soletto…
E Gratteri finalmente si è insediato che se aspettiamo che quella befana della Manzini finisce di pettinare le bambole, diventiamo vecchi!