(DI GAD LERNER – ilfattoquotidiano.it) – Questa mia intervista per l’Espresso a Primo Levi risale a un tempo lontano, il 1984, eppure colpisce ancora per la lungimiranza e il coraggio intellettuale, tanto da farcela sentire attuale. Due anni prima Levi aveva condannato l’invasione israeliana del Libano. Accettò a malincuore, ma con cura meticolosa, di tornare sull’argomento quando nel governo d’Israele venne riammesso Ariel Sharon, sebbene riconosciuto indirettamente responsabile della strage di Sabra e Chatila. Il testo integrale di questo dialogo è pubblicato da Einaudi nelle Opere complete di Primo Levi e, online, da Doppiozero.com.
“Mi sono convinto che il ruolo d’Israele come centro unificatore dell’ebraismo adesso – sottolineo l’“adesso”– è in una fase di eclissi. Bisogna quindi che il baricentro dell’ebraismo si rovesci, torni fuori d’Israele, torni fra noi ebrei della Diaspora che abbiamo il compito di ricordare ai nostri amici israeliani il filone ebraico della tolleranza”.
Perché, dottor Levi? Forse avverte il ritorno del falco Sharon come una rottura, come una minaccia?
Non parlerei di rottura, non credo che ci troviamo di fronte a un’involuzione irreversibile. Del resto la degradazione della vita politica non è un fenomeno solo israeliano. L’offuscamento degli ideali lo si registra in tutto il mondo. D’accordo, c’è un peggioramento della qualità di Israele, ma non dimentichiamo che si tratta di un paese dotato di un’agilità anche intellettuale anomala, dove avviene in un anno quel che altrove avviene in dieci.
Cosa la preoccupa, allora? Forse l’ascesa del rabbino Meir Kahane, quello che propugna l’espulsione dell’intera popolazione araba dalla Terra Promessa, quello che s’è fatto propaganda con uno spot televisivo in cui si vedono fiotti di sangue colare su una pietra di marmo?
Kahane è solo una scheggia impazzita, ne sono convinto. Se non sopraggiungono nuovi traumi, la sua forza politica è destinata a estinguersi. Mi si potrebbe obiettare: anche Hitler nel ’23 era solo una scheggia impazzita. Rispondo che a nessuno è dato prevedere il futuro, ma non vedo Israele sulla strada del fanatismo di Kahane. Andiamo, non è razzismo affermare che gli ebrei non sono tedeschi! Un paese per diventare razzista deve essere compatto, tendere a farsi blocco massiccio, uniforme, manovrabile (…).
Non è il diffondersi dell’intolleranza anti-araba, dunque, la fonte delle sue preoccupazioni?
Potrei risponderle che in tempi recenti Israele vive anche un fenomeno che purtroppo non fa notizia: sta compiendosi nelle università e negli ospedali un’integrazione vasta e profonda fra arabi ed ebrei israeliani (…). Il discorso è diverso per il milione e mezzo di palestinesi della Cisgiordania occupata.
Appunto. Nel suo delirio il rabbino Kahane pone un problema che angustia molti israeliani: secondo gli attuali tassi di natalità, entro il Duemila gli arabi diventeranno maggioranza numerica (…). Sicché, dice Kahane, prima di quel giorno Israele dovrà cessare di essere una democrazia, per salvaguardare la sua identità ebraica.
Queste proiezioni demografiche sono molto discutibili, nessuno può fare profezie sensate al di là di cinque anni. Mi risulta ad esempio che il tasso di natalità degli ebrei israeliani è in aumento mentre decresce quello degli arabi israeliani. Assai diversa è la situazione della Cisgiordania, ciò che dovrebbe indurre i governanti israeliani a un rapido ritiro dai territori occupati (…).
Cos’è dunque che l’angoscia, dottor Levi? A cosa allude quando parla di degradazione della vita politica israeliana?
(…) Alludo soprattutto al fatto che prima delle elezioni sono state sposate tesi addirittura ripugnanti al solo scopo di guadagnare voti. Neanche questo accade solo in Israele, ma forse noi siamo male abituati. Siamo abituati a un Israele paese dei miracoli, all’Israele del ’48, del sionismo che coincide con una certa idea di socialismo. Adesso assistiamo a una degradazione che è un normalizzarsi. Israele sta diventando, purtroppo, un paese normale. In più, essendo un paese mediorientale, tende a diventare piuttosto simile alle altre nazioni di quella regione. Per esempio si può temere un contagio fra il khomeinismo islamico e il diffondersi dell’integralismo religioso in Israele, anche se in prospettiva non vedo le masse israeliane prosternarsi davanti a un nuovo ayatollah, sia esso Kahane o lo stesso Sharon.