Sia pure con un po’ di ritardo, a Cosenza è esploso il clamoroso caso del project financing da 100 milioni di euro affidato ad Antonio Colasante, un sedicente imprenditore-faccendiere abruzzese, che dopo essere entrato in affari con la malapolitica cosentina per la sanità, adesso si sta riciclando – è proprio il caso di dirlo – anche con l’energia.
Il Consorzio Italia Servizi e Antonio Colasante
Il Consorzio Italia Servizi, con sede a Roma, ha presentato una proposta che la Provincia ha giudicato “di pubblico interesse” e che prevede investimenti significativi, tra cui l’installazione di impianti fotovoltaici, caldaie a condensazione e sistemi di telecontrollo. Ma chi sono i protagonisti dietro questo Consorzio? Tra i nomi che emergono spicca appunto quello di Antonio Colasante, imprenditore abruzzese, già noto per la sua presenza in vari settori, dalla sanità alla gestione dei servizi pubblici.
Colasante è tutt’altro che un nome sconosciuto, e ha attirato l’attenzione anche fuori dai confini calabresi. Il suo ruolo in operazioni pubbliche, inclusi appalti durante l’emergenza Covid, ha sollevato più di qualche dubbio, tanto da far emergere sospetti e interrogativi su come certe aziende ottengano accesso privilegiato a progetti di questo tipo.
Ed è appena il caso di sottolineare che il ruolo di Colasante è centrale nel Consorzio Italia Servizi. Diciamo pure che il Consorzio è “cosa sua”.
PROVINCIA DI COSENZA, UNA TORTA DA 100 MILIONI (https://www.iacchite.blog/provincia-di-cosenza-una-torta-da-100-milioni-per-la-famiglia-ambrogio-succurro/)
I colleghi giornalisti che hanno sollevato in maniera meritoria il caso hanno giustamente “ripescato” le prodezze di Colasante in campo nazionale ma hanno “dimenticato” di ricordare quelle, peraltro molto recenti, nel campo della sanità e in particolare della famigerata Asp di Cosenza, che si intrecciano a doppio filo con quelle di una coppia che un po’ tutti ormai definiscono diabolica ovvero quella formata da faccendieri di fama nazionale come Gennaro Sosto e Giovanna Borromeo, nati, cresciuti e pasciuti sotto la zampa del Cinghiale, al secolo Tonino Gentile, che è stato indubbiamente il loro pigmalione e li ha lanciati nel mondo degli affari sanitari.

Lui, il Sosto, è stato direttore dell’Ufficio tecnico aziendale fino a quando non si è trasferito in Molise e poi in Campania, sempre grazie al suo “capo” Cinghiale. Lei è ufficiale rogante ma soprattutto dirigente con nomine multiple in ogni dove e in particolare nell’Ufficio Acquisti Beni e Servizi, al Patrimonio e all’Ufficio Gare e Contratti. Una sorta di “piovra” dai mille tentacoli.
In sostanza, Sosto se n’è andato via ma ha lasciato la… moglie a gestire tutte le trame e i loschi affari della cricca del Cinghiale. Il Sosto, prima di andare via, è stato anche presidente di varie commissioni di gara, tutte funzionali agli amici del Cinghiale. Tra queste, spiccano gli appalti delle pulizie per un importo di oltre 60 milioni di euro e dell’energia, per oltre 50 milioni, sui quali si sono “abbuffati” alla grande con stecche milionarie. E poi sono passati agli appalti della mensa, al nuovo appalto delle pulizie e a quello delle lavanderie, tutti gestiti dalla Borromeo in Sosto. E non serve essere profeti per capire che fine hanno fatto.
CALABRIA, SANITA’ “ASSICURATA” (https://www.iacchite.blog/calabria-sanita-assicurata-il-triangolo-del-malaffare-parte-da-rossano-trebisonda-sosto-borromeo/)
Il sodalizio SUA (Stazione Unica Appaltante) Calabria-Borromeo, determinante nel fare le fortune del manager-broker Trebisonda per le assicurazioni delle Asp e delle Aziende Ospedaliere calabresi non è peraltro una novità, infatti la stessa Borromeo è una assidua frequentatrice delle segrete stanze dove si aggiudicano gare milionarie.
Della vicenda della gara regionale Lavanolo (Servizio lavanderia della Azienda Sanitarie ed Ospedaliere) si sono occupati giornali e Procure anche in altre occasioni.
La coppia diabolica Sosto&Borromeo ha aggiudicato la gara regionale bandita dalla SUA Calabria nel 2022 alla Hospital Service che è subentrata in moltissime Aziende Sanitarie tra cui naturalmente anche l’Asp di Cosenza.
La Hospital Service Srl è già stata lungamente indagata dalla magistratura e addirittura il suo capo, Antonio Colasante, è stato più volte arrestato per una truffa da milioni di euro qualche anno fa e non si capisce come abbia fatto ad entrare in Calabria o meglio lo si intuisce perfettamente. Oggi sta facendo carne da macello nelle aziende sanitarie ma evidentemente non gli basta.
Questo appalto è volgarmente definito “delle lavanderie”. In realtà, si tratta del servizio di lavanolo (abbreviazione di lavanoleggio) e quindi di biancheria, materasseria e capi di vestiario dell’Asp di Cosenza.
I lavoratori in questione si occupano della consegna e del ritiro della biancheria dei pazienti, in più consegnano i kit per sale operatorie e le divise dei sanitari. Un servizio di grande importanza, soprattutto se si pensa che ancora siamo nel vortice della pandemia e va da se che la pulizia è un aspetto fondamentale soprattutto negli ospedali.
Ma eccoci alla zampa del Cinghiale e dei suoi scagnozzi. Ormai tutti sappiamo che queste “lavanderie” sono una ventina in tutta l’Asp di Cosenza, con contratto part time di 27 ore settimanali, e che l’Asp ha proceduto alla gara cambiando il “padrone” dell’appalto.
L’ azienda uscente è la Servizi Ospedalieri, definita impeccabile e veramente onesta con tutti, soprattutto con gli operai e che non ha fatto mai un giorno di ritardo con i pagamenti e tantomeno ha fatto mancare niente nei vari ospedali che fornisce. Come si accennava, contratto part time di 27 ore settimanali – chi più chi meno – con un costo ore come da contratto nazionale di 9 euro circa all’ora.
E ormai da un paio di anni è subentrata la Hospital Service di cui sopra, azienda molto cara alla coppia diabolica Sosto&Borromeo, che ha vinto la gara d’appalto e naturalmente, in pieno stile Asp Cosenza, non si capisce bene come… Ebbene, da un primo colloquio con i dipendenti dei vari guardaroba diffusi in tutta l’Asp Cosenza, pare che questi signori provenienti dall’Abruzzo (e già la localizzazione non è un caso, dal momento che Sosto ha svernato a lungo nel vicinissimo Molise), hanno candidamente affermato che vogliono operare con un contratto multiservizi di 2 ore e 30 minuti al giorno a tutti indistintamente con un “pagamento” vergognoso di 7 euro l’ora a 15 ore settimanali e poco se ne fregano della clausola sociale inserita del bando di gara.
Questo appalto ha ormai una storia molto lunga, essendo partito nel 2018 con tanto di ricorsi al Tar “controllati” ovviamente da una commissione nella quale erano presenti tutti e due, sia Sosto sia la Borromeo, e che adesso s’è magicamente “sbloccato” per concretizzare gli affari della cricca del Cinghiale e della coppia diabolica di cui sopra.
Da premettere che l’azienda vincente è già subentrata nell’Azienda Ospedaliera di Cosenza, notoriamente regno incontrastato del Cinghiale ma ormai anche di Robertino Occhiuto e sta facendo carne da macello, e ora vorrebbe fare la stessa cosa negli ospedali di Corigliano e di Rossano, territorialmente controllati dalla signora Borromeo, rossanese doc, detta anche “Giovannella Tagliatella” e nessuno osa fiatare. Eppure, questa Hospital Service srl, come stiamo per spiegarvi, è già stata indagata dalla magistratura e addirittura il suo capo, tale Antonio Colasante, è stato arrestato per una truffa da milioni di euro qualche anno fa e non si capisce come ha fatto ad entrare in Calabria o meglio lo si intuisce perfettamente, purtroppo…
La Cgil, allertata dai lavoratori, ha inoltrato più volte pec di incontro al commissario dell’Asp di Cosenza – oggi addirittura direttore generale (sic!) Antonello Graziano, ma finora con esiti negativi, per vedere se si riesce a risolvere qualcosa. La Cgil ha chiesto un incontro a Graziano “per discutere le modalità dell’appalto considerate le preoccupanti notizie che giungono…”. Ma qualcuno ha già fatto notare che Graziano, nominato da Robertino Occhiuto il parassita, è rossanese doc anche lui come “Giovannella Tagliatella” e molto difficilmente si metterà contro una delle maggiori pupille del Cinghiale, che ormai da tempo ha fatto pace con la razza fallita degli Occhiuto.
Ma vediamo di capire ancora meglio chi è Antonio Colasante, il deus ex machina della Hospital Service srl.
GLI AFFARI A CHIETI E LA VILLA IN SARDEGNA
“Se a qualcuno viene in mente di incrociare questi dati, siamo nei guai”. Una frase profetica, quella intercettata di una tra i 9 indagati dell’inchiesta della procura della Repubblica di Lanciano denominata, appunto, “Dati incrociati”, che ha portato a scoprire un giro di fatture gonfiate per la fornitura di servizi di lavanderia nei presìdi ospedalieri della Asl Lanciano-Vasto-Chieti.
Secondo quanto acclarato da passaggi testimoniali resi da alcuni indagati, ben 700 lenzuola sarebbero state consegnate per soli 8 posti letto del presidio territoriale di assistenza di Casoli (Chieti), meglio di un hotel di lusso… Una plusvalenza pazzesca per il principale indagato, l’imprenditore Antonio Colasante: doveva incassare zero, ha ricevuto 4,5 milioni di euro complessivi. Risultato? L’acquisto di una villa di lusso in Sardegna, finita sotto sequestro. Una villa acquistata a Porto Cervo, in Sardegna, con i soldi, oltre 2 milioni di euro, ottenuti indebitamente per prestazioni che dovevano essere gratuite nell’ambito del servizio di lavanderia negli ospedali della Asl di Lanciano-Vasto-Chieti.
E così, nell’anno di grazia 2017, sono finiti agli arresti la funzionaria del settore economato dell’azienda, Tiziana Spadaccini, e il noto imprenditore Antonio Colasante, nell’ambito dell’inchiesta “Dati incrociati” che conta 9 indagati in tutto, tra cui il direttore generale della Asl Pasquale Flacco, accusato di concorso in abuso di ufficio per aver firmato alcune delibere relative al servizio.
L’inchiesta riguarda un giro di fatture per servizi esterni, in particolare lavaggio di biancheria ospedaliera e di strumenti chirurgici da sterilizzare, appaltati dalla Asl ad una impresa di Colasante, la Publiclean di Lanciano.
L’accusa è quella di aver gonfiato le fatture per circa 1 milione 700 mila euro sul dovuto, il cui ammontare reale era di 500 mila euro. L’importo complessivo del servizio lavanderia sarebbe stato di 4,5 milioni di euro dal 2009 al 2014.
Partite nel giugno 2016 e condotte dal commissariato di Lanciano e dalla squadra Mobile di Chieti, con l’ausilio della Guardia di finanza di Chieti, coordinati dal procuratore facente funzioni Rosaria Vecchi, le indagini hanno accertato che alla ditta venivano liquidate somme milionarie, mentre per contratto le spettavano zero euro, perché il contratto prevedeva che a fronte del pagamento per la biancheria dei letti la ditta si era impegnata a garantire due cambi di divise settimanali gratuitamente. In realtà questo non è mai avvenuto e le divise lavate avevano superato il numero di quelle che avrebbero dovuto essere garantite gratis.
Inoltre le somme incassate dalla Publiclean venivano fatto oggetto di illecite movimentazioni: nel giro di pochi giorni transitando dal conto della Publiclean a quello della Hospital Service facente parte della Colasante holding, poi girate ad altre società, sempre della stessa holding, prima alla Omnia Servitia poi alla Zaffiro srl. Infine utilizzate da Colasante per l’acquisto di una villa a Porto Cervo, posta sotto sequestro in via preventiva.
Nel novembre 2018, Colasante e altri amministratori delle sue società sono stati assolti. Il processo si è concluso con la revoca della costituzione di parte civile da parte della ASL, e il tribunale ha riconosciuto che non c’erano prove sufficienti per mantenere l’accusa di abuso d’ufficio e riciclaggio.
Nato a Guardiagrele ma residente a Lanciano, gli interessi di Antonio Colasante spaziano dal mondo della sanità a quello delle costruzioni, passando per l’editoria.
Alla fine del 2015 avrebbe voluto rilevare la Virtus Lanciano, squadra di calcio della sua città, poco prima dell’addio dei Maio, ma l’interessamento svanì dopo alcune valutazioni. Nel 2008 fu tentato anche da una scalata al Pescara.
Nel 2013, Colasante insieme al rettore dell’Iri School college, Carmine De Nicola, tentò l’acquisto di Villa Pini di Vincenzo Angelini. Nello stesso anno fece scalpore l’iniziativa di Colasante che voleva costruirsi in via Eraldo Miscia, in pieno centro a Lanciano, un eliporto privato vicino a case, scuole e negozi.
I permessi erano tutti in regola ma la città si oppose. Colasante chiese anche di poter effettuare la recinzione del terreno per poter costruire un hangar dove parcheggiare il velivolo… Capito che soggetto abbiamo fatto entrare a Cosenza e provincia?
E non è finita qui. Colasante è tornato presto nel mirino della magistratura.
Nel 2021 Colasante viene coinvolto nell’inchiesta sulla costruzione del Covid Hospital di Pescara con altri quattro indagati per un presunto illecito nell’affidamento d’urgenza della gara. L’accusa: turbativa d’asta e uso di documenti preparati dall’azienda Omnia Servitia (di Colasante) per influenzare la gara. L’inchiesta, tuttavia, si è conclusa con una richiesta di archiviazione. Le indagini, scattate dopo un esposto anonimo, riguardavano presunte irregolarità nell’affidamento d’urgenza della gara d’appalto da 11 milioni di euro, ma non sono emerse prove sufficienti per sostenere accuse di corruzione o turbativa d’asta.
Secondo i pubblici ministeri, pur essendo vero che la società di Colasante aveva predisposto il progetto utilizzato poi dalla ASL per la gara, non sono stati riscontrati episodi di violenza, minacce o collusioni. Di conseguenza, la posizione di Colasante e degli altri indagati è stata archiviata, senza conseguenze penali.
Tradotto in soldoni, che mai come in questo caso è necessario: ma c’era proprio bisogno di far calare a Cosenza e provincia questa azienda non solo chiacchierata ma finita decisamente nel mirino della magistratura per pratiche a dir poco discutibili? E com’è possibile che abbia vinto questo appalto? E come fanno quelli dell’Asp ad accettare queste condizioni, fregandosene altamente delle clausole sociali inserite nello stesso bando di gara?
Anche un bambino capirebbe che in questo appalto c’è la longa manus della coppia diabolica Sosto&Borromeo ma la magistratura cosentina (capirai la novità…) se ne frega e a pagare, tanto per cambiare, sono sempre i lavoratori.
Il legame tra affari e politica
Colasante non è un imprenditore qualsiasi: è un nome che spesso emerge in operazioni pubbliche di enti governati dal centrodestra. La sua ascesa e la facilità con cui riesce a inserirsi in operazioni di ampia portata suggeriscono legami che meritano di essere approfonditi. In questo caso, la vicinanza della Presidente della Provincia, Rosaria Succurro, agli ambienti politici di Mario e Roberto Occhiuto non può essere ignorata.
L’interrogativo che sorge spontaneo è: quanto ha inciso il contesto politico sulla scelta del Consorzio Italia Servizi?