Pubblicità “mafiosa”: ecco come Iacovo e Pubbliemme (oggi Diemme) facevano “girare” i soldi anche a Cosenza e Rende

La procura della Repubblica di Paola e quindi il procuratore Pierpaolo Bruni indagavano ormai da anni sul giro di soldi di Agostino Iacovo, affiliato al clan Muto, e dopo aver proceduto ad arrestarlo di nuovo a marzo 2018, sulla base di una serie di novità investigative che lasciano ben pochi dubbi sul fatto che evadesse il fisco e autoriciclasse denaro, qualche mese dopo aveva arrestato anche il sindaco di Guardia Piemontese, Vincenzo Rocchetti. Il personaggio era stato indagato – sempre a marzo 2018 – nell’operazione che ha portato al sequestro di 17 maxi pannelli pubblicitari tra Guardia ed Acquappesa ed era stato attenzionato. Si è scoperto invece che aveva fatto “bonificare” i suoi uffici dalle microspie della procura di Paola addirittura con fondi pubblici. Poi è stato scarcerato e c’è da pensare che qualche cosa ai magistrati avrà certamente detto…

Agostino Iacovo è cetrarese ed è stato coinvolto nell’operazione Plinius contro il clan di Franco Muto, portata a termine dai carabinieri del Comando provinciale, della Compagnia di Scalea e del Ros il 12 luglio 2013. Dopo un periodo di detenzione e dopo la successiva permanenza agli arresti domiciliari, Iacovo era tornato in libertà. L’annullamento del capo di imputazione 10, la caduta del reato di concorso esterno in associazione mafiosa, rendeva non ipotizzabile il reato contestato e quindi le relative decisioni restrittive. Il nome di Agostino Iacovo compariva varie volte nel fascicolo dell’inchiesta Plinius ed è sempre riferito alla gestione degli spazi pubblicitari nel territorio del Tirreno. Ma evidentemente le attività investigative, a partire dall’arrivo di Bruni a Paola, hanno dato altri indizi e non serve essere profeti per ipotizzare che dietro i movimenti di Agostino Iacovo ci possa essere anche il clan Muto.

Da qualche tempo, Agostino Iacovo lavorava a stretto contatto con il colosso della pubblicità calabrese ovvero La C-Pubbliemme, che da qualche tempo da Pubbliemme ha cambiato nome in Diemmecom.

La C-Pubbliemme è stato per anni il sistema perfetto che hanno usato Mario Oliverio e Madame Fifi per pagare la stampa amica e sparare le bordate contro i politici “nemici”. La C, per chi non lo sapesse, è stata per molto tempo la televisione di famiglia di Nicola Adamo e della sua consorte-megera, Madame Fifì.

Ci vuole una faccia come il culo per lavorare a La C, dove i soldi arrivavano con un meccanismo semplice semplice. La Regione targata Palla Palla, spesso attraverso Fincalabra ma non solo, riempiva di soldi la struttura, di proprietà di Domenico Antonio Madulil’imprenditore vibonese deus ex machina anche della Pubbliemme, divenuto in pochi anni improvvisamente ricco e gradito ai politici più impresentabili del Pd, e poi avventurarsi anche a fare la morale.

E ci voleva – sempre – una faccia come il culo a farsi fare ogni mattina i telegrammi da Nicola Adamo e Madame Fifì recitando a soggetto come solo i servi sciocchi sanno fare e parlando pure di libertà di stampa.

Il direttore responsabile di questo bellissimo caravanserraglio è stato fino a poco tempo fa Pasquale Motta, ex segretario di Nicola Adamo, ex sindaco di Nocera Terinese, indagato da Gratteri per concorso esterno in associazione mafiosa proprio per i suoi “traffici” a Nocera. Lui dirigeva il sito mentre la televisione è tuttora affidata ad un altro cameriere, che si chiama Pietro Comito. Due servi matricolati, pronti ad obbedire ad ogni comando. Il nuovo direttore adesso è un utile idiota che si chiama Pierpaolo Cambareri, che ha preso il posto di Pino Aprile, chiamato in tutta fretta dopo l’arresto di Motta, che si atteggia a politico ma in realtà cerca solo soldi e prebende, anche e soprattutto dai mafiosi. 

Il motto della tivù era “l’informazione a 360 gradi” ma, com’è fin troppo chiaro, nei fatti, questo tipo di informazione, nella migliore delle ipotesi, si ferma a 90 gradi. Con tutto quel che segue.

Ricapitolando: la Regione, insieme a Fincalabra, ha riempito di denari La C. Che con i nostri soldi ha pagato per anni la stampa amica di Oliverio e compari.

Chi aveva il coraggio di denunciare queste vicende, come Iacchite’, veniva attaccato in prima persona grazie ai galoppini della megera, ma è del tutto evidente che gli attacchi di questa congrega di imbroglioni altro non sono che medaglie da mettersi al petto.

Noi non abbiamo mai ricevuto centinaia di migliaia di euro da Fincalabra per diffondere (aprite le orecchie) in Calabria le immagini di un viaggio in Cina. Clientele e sprido (diciamo qui a Cosenza) a na lira. Ancora oggi prendono soldi dalla Regione targata Forza Italia per un progetto che ha un nome che è tutto un programma: #openpalazzo… 

LA REGIONE COMPRA I MACCHINONI DI MADULI-MERDULI

Pubbliemme, dal canto suo, ha sfruttato gli stagisti, che venivano sistematicamente epurati dopo qualche mese di prova e anche i dipendenti, “pagati” con somme irrisorie (500 o 600 euro).

Questo per garantire il guadagno del signor Maduli, della compagna (anche di merende) e amministratore ombra Maria Grazia Falduto, oltre ai soliti lacché Motta, Lagoteta, Francesco Occhiuzzi (il cetrarese che ha lasciato Ten e Occhiuto per accasarsi da quelle parti e anche lui incappato nell’ultimo blitz di Gratteri) e via via franando verso i Clausi, Cribari, Alizzi….

Dall’ufficio commerciale di Pubbliemme non è difficile appurare che la Regione comprava anche i macchinoni di questi signori: è il caso di una Audi A4 (targata DH642NE) acquistata nel 2007, la cui polizza è scaduta a maggio 2016.

L’ultimo attestato di rischio è del 2013, l’ultima polizza pagata dell’1 agosto 2013.

Una denuncia per smarrimento del certificato di proprietà fa, inoltre, presupporre anche un giro più strano che interessa questi veicoli. E non deve essere certamente l’unico.

Maduli gira in Range Rover, la Falduto in Mercedes, la vamp(a) e responsabile commerciale Piera Nocciolo pure in Mercedes, lo scudiero di Motta, tale Enrico Paduano, in Bmw. Certo, le annaffiature periodiche della Regione aiutavano anche a far fronte a spese del genere.

LE AZIENDE “SCATOLE CINESI” E I LEGAMI CON IL CLAN MUTO

Pubbliemme oggi Diemmecom poi è piena di aziende (tipo Affitalia) collegate, alle quali vende e dalle quali compra gli spazi in un circolo vizioso che riguarda in via quasi esclusiva l’azienda.

Per esempio, a Cosenza Pubbliemme è famosa per aver “bruciato” 1 milione e mezzo di euro al Comune per mancato pagamento dei canoni per i tabelloni 6×3 in sei anni di appalto. Finanche quel truffatore di Mario Occhiuto si è reso conto del danno che ha combinato Maduli e gli ha chiuso i ponti con lodevole efficacia al Comune, anche se il fratello, come accennato, adesso gli passa qualche “fiore” da presidente di Regione. Con annessi tragicomici premi consegnati da qualche lecchino o da qualche altro “cameriere” dell’editore massomafioso.

Pubbliemme tuttavia non si è scomposta minimamente dopo le cause con il Comune di Cosenza e visto il giro di aziende che ha, sapete cos’ha fatto? Ha fatto comprare i tabelloni ad una ditta di Scalea sua complice, tale Publidei, recentemente finita nel mirino della giustizia. E che ancora oggi – incredibile ma vero – gestisce tutti i tabelloni pubblicitari a Rende, mica a Carduchianu… 

Sì, perché il deus ex machina di questa Publidei di Scalea (e non solo) è proprio Agostino Iacovo, oggi di nuovo nel mirino della magistratura dopo essere stato messo in manette già il 4 marzo 2021. Iacovo è cetrarese, aveva messo in piedi un giochino di 14 società “scatole cinesi” e tutti sanno (come abbiamo dimostrato) che è legato mani e piedi al clan Muto. Così come tutti sanno che il clan Muto ha ottimi rapporti (per usare un eufemismo!) con il locale di ‘ndrangheta del Pd gestito da Madame Fifì ma anche con il centrodestra, che ha sempre fatto affari sottobanco con loro. Anche perché come tutti sanno fanno parte della stessa cricca e della stessa loggia anche se litigano o fanno finta di litigare. 

Ritornando al ruolo di Publidei, il suo intervento, non solo a Cosenza ma anche ed evidentemente a Rende, ha risolto il problema della pubblicità e dei manifesti elettorali. Poiché Pubbliemme non poteva esporsi con il Comune di Cosenza causa debiti e con il Comune di Rende causa… mafia, l’ha fatto direttamente il buon Agostino Iacovo garantendo regolarmente la sua propaganda perdente persino a Lucio Presta e poi a Carletto Guccione. In parole povere, si vendeva a Pubbliemme e guadagnava da Pubbliemme: sono pochissimi i clienti reali. Tutto falso, tutto virtuale.

Queste pratiche si chiamerebbero truffa se non ci fossero a Cosenza magistrati incolti, ignavi, figli di altri magistrati e vincitori di concorsi grazie all’interventismo di Maria Immacolata, che passano il loro inutile e noioso tempo a discettare di furti di pollame, a presentare libri, a sentirsi Dei onnipotenti e venerati da un numero ridotto di lacchè e di donnine. Almeno Pierpaolo Bruni ha il merito di avere sputtanato il “sistema” di Iacovo, Maduli e Pubbliemme.

Nel frattempo, Maduli ha mollato il Pd, Oliverio, Madame Fifì e persino Giamborino e si è prontamente lanciato con il centrodestra, al quale ha fatto una sfegatata campagna elettorale alle Regionali vinte dalla povera Jole Santelli e si è preparato a farne un’altra, visto che tutti sapevano che la consiliatura non sarebbe stata “lunga” e a fine aprile 2021 il signor Maduli ha preso un affidamento diretto dalla Regione alla cifra di 50mila euro per tre anni ancora in corso (http://www.iacchite.blog/calabria-informazione-venduta-la-regione-elargisce-50-000-euro-per-tre-anni-alla-banda-di-maduli/). Lo stesso trattamento – tanto per capirci e come accennavamo – riservato all’esponente del Pd vibonese Pietro Giamborino, prima sostenuto a gran voce e poi ignobilmente scaricato una volta che Gratteri l’ha arrestato. Ma per fortuna rimangono agli atti le tragicomiche intercettazioni del “tycoon” di Limbadi (http://www.iacchite.blog/massomafia-maduli-e-i-clan-di-vibo-su-giamborino-garantisco-io/).

La C sembra quella tv privata siciliana, diretta da un magistrale Pino Colizzi, che compare ne La Piovra. E’ un concentrato di fellatio politica, di disconoscenza delle basi culturali e deontologiche del giornalismo, utile solo ad ingrassare i corifei della malapolitica. Che da quel pulpito fetido si levino anche lezioni di giornalismo è veramente troppo. La Calabria oscura accetta connivenze e collateralismi ma non può veramente trasformare il letame nei fiori di Fabrizio De Andrè. C’è un letame che resta letame. Sempre.