Qatargate, Panzeri: “Accordo da 50 mila euro”. E chiama in causa Cozzolino

(Giuseppe Guastella – corriere.it) – BRUXELLES – Un «accordo» per «evitare delle risoluzioni contro i Paesi e in cambio abbiamo ricevuto 50 mila euro»: nell’interrogatorio dopo l’arresto del 9 dicembre, un Antonio Panzeri “pronto a collaborare” ammette ciò che non può negare dopo che le indagini dei sevizi segreti e della magistratura hanno accumulato prove ed indizi contro di lui e contro Francesco Giorgi, il suo socio negli affari della Ong Fight impunity. Il secondo aveva fatto lo stesso anche perché, come l’ex europarlamentare di Pd e Articolo 1, gli avevano trovato una quantità di contanti impossibile da giustificare, tra tutti e due un milione e mezzo di euro.

Dalle dichiarazioni di Panzeri, per come le ha rivelate il sito il fattoquotidiano.it, emerge l’intenzione di circoscrivere per quanto possibile le proprie responsabilità ad una azione spregiudicata di lobbismo a favore di Paesi che, come Qatar e Marocco, avevano bisogno di migliorare la propria immagine che eventuali risoluzioni su temi problematici come i diritti umani d’urgenza avrebbero potuto offuscare. L’accordo con il Marocco sarebbe partito nel 2019 quando Panzeri era ancora europarlamentare attraverso l’ambasciatore del Marocco in Polonia con il quale aveva contatti assidui monitorati costantemente dai servizi segreti del Regno del Belgio. Il compito di Panzeri e degli altri coinvolti nell’inchiesta sembra dovesse essere quello di bloccare questi missili politici persuadendo i parlamentari, si sospetta anche a suon di mazzette e regali. Panzeri fa il nome di Andrea Cozzolino, il deputato europeo sospeso dal Pd per questa vicenda, che nel 2019 prese il suo posto nella delegazione Maghreb dell’assemblea, anche se dice che su di lui non ha prove. Uomo di contatto tra i due è Francesco Giorgi che dopo essere stato assistente di Panzeri passò a Cozzolino. Spunta anche un riferimento al parlamentare belga di origini italiane Marc Tarabella (perquisito nel blitz del 9 dicembre) di cui Panzeri dice che avrebbe preso regali dal Qatar, mentre esclude il coinvolgimento di Luca Visentini, il segretario del Confederazione internazionale dei sindacati (arrestato e immediatamente scarcerato), e di Niccolò Figà-Talamanca, segretario della Ong No peace without justice che è ai domiciliari ed al quale ieri è stato sequestrato un appartamento a Cervinia su richiesta dei magistrati belgi.

Uno dei punti incontrovertibili della vicenda che sta sconvolgendo la politica parlamentare europea è la presenza di oltre 750 mila euro nella casa che la ex vice presidente Eva Kaili divide con il compagno Giorgi e di altri 600 mila in quella di Panzeri. È un fatto di una tale gravità incompatibile per chiunque, a cominciare da chi ha incarichi politici. La socialista greca ha tentato di uscirne ammettendo ciò che non poteva negare. «Tutto è successo in quelle ore, quando ha visto i soldi, non ha avuto una risposta convincente sull’origine e ha subito chiesto che uscissero di casa», aveva detto il suo avvocato Michalis Dimitrakopoulos riportando le dichiarazioni della cliente dopo l’arresto. Secondo fondi di stampa belghe ed italiane, nella documentazione dei magistrati integrata da informative dei servizi segreti a verbale Kaili avrebbe ammesso: «Conoscevo le attività di Panzeri. E sapevo che a casa mia c’erano delle valigie piene di soldi», frase che dà l’idea di una consapevolezza di vecchia data, ammesso che tra greco, italiano e francese le traduzioni siano così accurate da cogliere le sfumature. Forte del fatto che non si sa di bene di cosa sia accusata, e che detenere tanto denaro di per sé non è reato, Dimitrakopoulos ieri smentisce: «Non ha mai confessato di aver chiesto a suo padre di trasferire denaro per nasconderlo»; «ha saputo di questi soldi all’ultimo minuto» e «chiese subito che andasse al loro proprietario, il signor Panzeri». Comunque, non aveva «alcun obbligo di denunciare».

Mentre la procura federale apre un’inchiesta sulle fughe di notizie dopo un esposto degli avvocati degli arrestati, Emergono frammenti di intercettazioni che sembrano chiarire la storia dei regali della famiglia Panzeri e dell’ambasciatore del Marocco Abderrahim Atmoun. Il 4 giugno 2022 Maria Colleoni, moglie di Panzeri (ai domiciliari), intercettata dagli 007 di Bruxelles con la figlia Silvia, forse dopo aver passato la dogana in uscita dall’aeroporto in Marocco, chiama il marito dicendogli che «tutto è andato bene, siamo stati fatti passare come vip» e di aver preso un caffé con l’ambasciatore, che evidentemente le stava aspettando. Secondo l’intelligence belga, il viaggio era servito a far entrare nel paese regali ricevuti per la «attività di interferenza» di Panzeri sul Parlamento. Un’altra intercettazione, riportata da Le Soir , registra una conversazione di fine luglio 2022 nella casa dei Panzeri a Calusco d’Adda, non si sa fatta come, in cui la donna si augura che «non entrino qui» perché troverebbero «qualsiasi cosa».