di Bruno Palermo
Fonte: Crotone News (https://www.crotonenews.com/)
E’ nù pensier’ n’ossessione ma coccos’ sadda fa, te dic’ basta basta basta, nun poss’ cchiù stà ncopp’ ò 7: 40 ì mammà e papà; ricattat’, ossessionat’, mantenut’, parassit’, ma ‘sta storia adda fernì, vogl’ò salario garantit’ ‘O salario garantit’, vogl’o salario garantit’
(È un pensiero, un’ossessione, ma che cosa si deve fare, ti dico basta, basta, basta, non più stare sul 740 di mamma e papà, ricattato, ossessionato, mantenuto, parassita, ma questa storia si deve finire, voglio il salario garantito, voglio il salario garantito).
Era il 1992 quando i 99 Posse cantavano “Salario garantito”, anche se di Reddito di Base se ne parlava da molto prima. Erano i primissimi anni Novanta quando dai Centri sociali sparsi in tutta Italia, per decenni descritti solo ed esclusivamente come luoghi sovversivi e covi di drogati, partiva la discussione su un reddito garantito per tutti gli italiani che ne avessero avuto diritto.
Un reddito che liberasse gli individui dal “padrone”, dai 300-400 mila lire a nero al mese per nove, dieci ore di lavoro. Una rivoluzione. Ma i pensatori dei centri sociali (perché nei centri sociali c’era davvero di tutto), che in questo argomento, come in tanti altri, sono stati avanguardia assoluta, non potevano essere ascoltati e, soprattutto, non si poteva concedere ad essi alcun riconoscimento, questo avrebbe significato riconoscere in quella parte politica, extra parlamentare, un interlocutore capace di fornire idee per il bene dei cittadini e del Paese.
Così quella idea fu subito messa al bando. Prima di tutto ci pensarono gli economisti di Rifondazione Comunista con una teoria aberrante: “In questo modo i cittadini che ricevono il salario garantito non partecipano alla produzione della ricchezza del Paese”. Già il fatto che qualcuno di quella parte politica potesse parlare di “partecipazione alla produzione della ricchezza del Paese” era da brividi, pensare ad altro fa ancora riflettere. Poi ci pensarono i governanti dell’epoca e gli industriali, quei magnati dell’economia che si sono arricchiti con i fiumi di sussidi Statali e poi hanno bellamente licenziato e portato le loro aziende all’estero per pagare ancora meno gli operai.
Non sono un economista, non ne capisco molto, ma qualcosina credo di averla capita con la logica. E dunque, assodato che da decenni ormai la ricchezza del Paese è prodotta dalle macchine e serve sempre meno il lavoro umano, resta da stabilire come poter dare la possibilità a questa gente di campare? Di fatti la ricchezza del Paese non è mai diminuita, è solo aumentato il divario tra chi aveva i soldi, e ora ne ha ancora di più, e chi non ne aveva, e ora ne ha di meno. Per quanto strano, aberrante e incredibilmente speculativo, a questo ragionamento ci arrivarono, tanti anni fa gli industriali tedeschi che ad un certo punto capirono che la merce da loro prodotta aveva sempre meno persone capaci di poterla acquistare.
Furono loro a proporre al governo tedesco dell’epoca una sorta di reddito minimo per chiunque ne avesse diritto. Certo il loro scopo era solo quello di poter avere un target (come dicono i bravi economisti) più ampio di persone con potere di acquisto dei prodotti, ma di fatto libera una gran parte di persone. In Italia, invece, pur di non chiamare le cose col loro nome ci siamo inventati i “lavoratori socialmente utili”, persone disoccupate, inoccupate, senza reddito, che potevano essere impiegate in diversi ruoli con un minimo di stipendio. E per anni sono diventati la banca voti di politici senza scrupoli pronti a ricattarli di mandarli via a calci in culo se solo non avessero obbedito al richiamo della scheda elettorale in favore del Capofortuna di turno.
Ma qualcuno si è mai chiesto se, invece, dando un salario minimo di sopravvivenza ad un pensatore, o ad un artista, questo avrebbe potuto creare la più bella scultura di tutti i tempi o l’opera d’arte più apprezzata al Mondo? E questa, eventualmente, potremmo chiamarla “partecipazione alla produzione della ricchezza del Paese”? Chissà se invece dei lavori socialmente utili ci si fosse concentrati sui lavori socialmente inutili. Fermo restando l’abbattimento del lavoro nero, chissà quante persone con un minimo di stipendio garantito avrebbero potuto pulire la spiaggia piuttosto che mettere a posto il centro storico e trasformare la città in un giardino accogliente, circondato dalle opere di artisti straordinaria che per campare sono costretti a stampare ricette mediche o affettare capicollo.
Certo è tutto molto semplificato in queste righe, ma la discussione meriterebbe una discussione reale approfondita. E nemmeno ci penso a toccare il tasto “fondi alle banche e alle assicurazioni” che negli ultimi anni hanno fatto incetta di “Titoli di Stato”…chissà come mai.