“Quattro gatti e nessun topo”: il Pd crotonese nella Direzione Regionale

“Quattro gatti e nessun topo”: il PD crotonese nella Direzione Regionale calabrese
C’è chi ha il peso politico e chi invece ha solo il ricordo di quando pesava.
E poi c’è Crotone, che nel Partito Democratico calabrese riesce nell’impresa di avere 4 delegati su 40… senza contare davvero per nessuno.

Fonte: U’Ruccularu 

CROTONE, TERRA DI MAGNA GRECIA E MINORANZA POLITICA
A Crotone si respira la storia. Purtroppo, anche quella più recente, fatta di clientelismi presunti (o presunti tali, per carità di procura), di decenni di amministrazioni scolorite, e di una sinistra che è riuscita nell’ardua impresa di farsi rimpiangere… da se stessa.
Nella nuova direzione regionale del PD, la città di Milone vanta ben 4 delegati su 40.
Un decimo, un segnaposto.
E c’è chi giura che fino all’ultimo erano solo 3, prima del ripescaggio dell’ultim’ora.
Tipo i “ripescati” ai quiz: non sanno perché sono lì, ma stanno seduti uguale.

IL REGOLAMENTO DELLA POPOLAZIONE: PIÙ SEI GROSSO, PIÙ PESI
Nel grande gioco della politica regionale, il PD ha scelto un criterio di selezione che sarebbe piaciuto a Darwin: vince il più numeroso.
Il regolamento congressuale premia i territori più popolosi.
Crotone, con i suoi numeri da “paesone con vista mare”, finisce schiacciata tra i colossi demografici della Calabria.
Ma c’è di più: non solo si pesa poco, ma anche i pochi che riescono a salire sul carro vengono selezionati con il metodo scientifico della spintarella ben piazzata.
Annagiulia Caiazza? Omaggio del segretario regionale Nicola Irto.
Rosanna Bianco? Gentile concessione del consigliere Mammoliti.
Alessandro Giancotti? Valloniano DOC, certificato e timbrato Barberio.
Giuseppe Dell’Aquila? 37 tessere, nessun endorsement locale: miracolo di San Peta, patrono delle organizzazioni di partito.
Un trionfo di meriti! Di curriculum! Di… fedeltà a chi ti piazza!

SCULCO, VALLONE & CO: UN’EREDITÀ CHE NESSUNO VUOLE MA CHE NESSUNO BUTTA
Crotone paga ancora il conto – salato e senza ricevuta – di anni di gestione “familiare” della politica locale.
Il PD locale è stato per lungo tempo il reggicoda del regno (presunto) di Vincenzo Sculco, il cui nome risuona ancora oggi nelle cronache giudiziarie con l’eco dell’operazione Glicine (dove la politica profuma di nepotismo più che di lavanda).
A questo si aggiunge il decennio dorato (per chi?) di Peppino Vallone, ex sindaco che ha lasciato una città più stanca e più cinica, e un partito che oggi si aggrappa ancora ai suoi reduci per sopravvivere.
Il problema? Che il nuovo che avanza ha le stesse scarpe del vecchio.
E se anche i nomi cambiano, le logiche restano: fedeltà, appartenenza, cooptazione.
Il PD crotonese è un po’ come quei ristoranti che cambiano il nome sull’insegna ma tengono lo stesso cuoco e lo stesso menù del giorno dopo.

ISOLA CAPO RIZZUTO DOCET: QUANDO PERDI PURE IN CASA
A Isola Capo Rizzuto il PD è andato in gita… e ha perso anche la merenda.
Le elezioni hanno visto il centrosinistra crollare sotto il peso della sua ininfluenza.
Nessuna visione, nessuna alternativa, nessun volto nuovo.
Solo l’eco di ciò che è stato.
O che non è stato mai.
Il partito, ormai, fatica persino a trovare chi vuole fare il rappresentante di lista – figurarsi il dirigente.
I tesserati si contano più o meno come i clienti di un videonoleggio nel 2025.
La base militante è sparita, affondata tra sfiducia e disillusione.
I giovani? Scappano più in fretta del bus delle 6 per Bologna.
E chi resta si ritrova a partecipare a congressi dove l’unico entusiasmo è quello del buffet.

LA CALABRIA DECIDE ALTROVE. E CROTONE SI GUARDA ALLO SPECCHIO
Con così pochi delegati e con ancora meno peso politico reale, Crotone non decide nulla.
Non sui fondi della bonifica. Non sulla SS106. Non sulle infrastrutture, sui trasporti, sulle politiche giovanili.
La città è diventata una nota a piè di pagina, buona solo per essere usata nei comunicati stampa (“Crotone non è stata dimenticata!”, certo, è stata solo messa nel cassetto).
E nel frattempo, il PD locale resta a guardarsi allo specchio, incapace di rompere con il passato, di fare autocritica, di cambiare verso davvero.

DAL “PARTITO DEL POPOLO” Al “PARTITO DEI POCHI”
Il PD crotonese sembra ormai un club esclusivo, ma senza glamour.
Vecchie logiche, vecchie facce, vecchie ricette. Con la differenza che oggi non c’è più nessuno a mangiare.
Se Crotone vuole contare qualcosa, deve chiudere con il passato, fare i conti con sé stessa, aprire porte e finestre, e magari anche qualche congresso vero.
Ma finché a decidere saranno sempre gli stessi – o i figliocci degli stessi – allora tanto vale cambiare nome al partito.
Magari “Partito del Dimenticatoio”.
O, per restare in tema numerico: 4 gatti, 0 prospettive.

COSA FARE? SALVIAMO IL SALVABILE
E mentre si scopre che la delegazione crotonese non conta nulla nella direzione regionale, il Partito Democratico di Crotone cosa fa?
Invece di chiedersi come salvare se stesso (e magari provare a salvare pure questa città che affonda più del porto turistico), organizza i pullman per Roma.
Una bella gita fuori porta, direzione Gaza – perché “In piazza per la Palestina” fa molto più chic che “in trincea per il quartiere Fondo Gesù”.
🇵🇸 Autobus per la manifestazione, scrivono sui social.
Ma nessuno ha pensato di noleggiare un’autocritica.
È il solito paradosso: non riescono a salvare nemmeno se stessi, ma vogliono salvare il mondo.
Il PD crotonese è come quel tizio che perde casa, lavoro e dignità, ma decide di adottare un pinguino a distanza in Antartide.
Nobile gesto, eh… però intanto la tua città muore e tu stai prenotando l’aperitivo a Trastevere dopo il corteo.
Forse sarebbe meglio che alle prossime amministrative non si presentassero proprio, per salvare l’unica cosa ancora parzialmente salvabile se si fermassero adesso: la dignità.
Quella affondata nello spritz degli aperitivi da radical chic.