Questione rom, le falsità di Palazzo dei Bruzi

La questione rom a Cosenza continua a infuocare gli animi. Se è vero da una parte che quella di Mario Occhiuto è l’amministrazione che maggiormente ha dato spazio al mondo dell’associazionismo interessandosi alla questione, d’altra parte però è anche quella che, una volta messa davanti a soluzioni mirate, ricavate da una analisi di bisogno accurata, non va oltre le pratiche che erroneamente vengono messe in pratica nel resto d’Italia.

Si continua dunque a pensare alle comunità romanès in modo stereotipato, vengono azzardate soluzioni agli accampamenti abusivi, prendendo in considerazione solamente il “sistema campo”, concezione dell’abitare, nato in Italia verso la fine degli anni ’70 attraverso delle leggi regionali, e duramente condannato dall’unione Europea, che da tempo invita gli stati a fronteggiare il dilemma.

Anche il tribunale di Roma con l’ordinanza della seconda sezione civile del 30 maggio 2015 in riferimento al villaggio attrezzato “La Barbuta” ha riconosciuto “discriminatoria qualsiasi soluzione abitativa di grandi dimensioni diretta e esclusiva a persone appartenenti a una stessa etnia, tanto più se realizzata in modo da ostacolare l’effettiva convivenza con la popolazione locale, l’accesso in condizione di reale parità ai servizi scolastici e sociosanitari e situato in uno spazio dove è a serio rischio la salute delle persone ospitate al suo interno”.

La tendopoli, fortemente osteggiata dalle associazioni cosentine e nazionali, presentava e continua a presentare agli occhi di tutti coloro i quali hanno messo piede al suo interno, un palese disastro, inumano e intollerabile. Difatti lo scenario che vi si trova entrando è a dir poco raccapricciante: 45 tende aventi ciascuna 10 posti, nelle quali questa estate la temperatura nelle ore più calde ha raggiunto i 50 gradi. 14 fornelli per cucinare per 359 persone che funzionano in modo alternato, a causa della periodica mancanza di corrente elettrica.

Molti dei 150 bambini sono stati affetti da febbre e dissenteria. Inoltre vi è da aggiungere che per settimane non è stato presente alcun frigorifero per conservare medicine e quant’altro. Per diverso tempo non vi è stata alcuna assistenza sanitaria, successivamente offerta per due ore al giorno.

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La tendopoli per scelta del Comune è sorvegliata h24, il perché lo ha spiegato su facebook il sindaco, il quale scrive testualmente.

“… videosorvegliato e controllato all’esterno in modo da correggere chi volesse commettere reati. E infatti le persone ospitate sono ridotte da circa 800 alle poco più di 300 che hanno accettato queste condizioni, – continua ancora generalizzando come se conoscesse chi fossero… -. Gli altri, soprattutto criminali prima nascosti nel campo abusivo tra le famiglie rom, non potendo più commettere facilmente reati, sono già andati via…”.

Il sindaco forse non è a conoscenza delle famiglie che di propria spontanea volontà hanno preso in affitto una casa non accettando l’apartheid.                        

Sono bastate le prime piogge, prima quelle estive e successivamente quelle delle scorse settimane ad allagare la maggior parte delle tende. Il Comune ha risposto con un comunicato apparso sul sito nel quale si faceva intendere che la colpa fosse dovuta non solo molto probabilmente alla pioggia ma ad un malfunzionamento delle fogne causato dagli ospiti del campo.

Mario Occhiuto con quel galantuomo di Corrado Clini
Mario Occhiuto con quel galantuomo di Corrado Clini

La comunità nelle scorse settimane ha manifestato per ribellarsi a questo inumano trattamento. E come soluzione otterrà un sussidio. Per ciascun nucleo familiare censito di €. 600,00 (seicento/00) e per ogni ulteriore membro del nucleo familiare, oltre il capo famiglia: €. 300,00   (trecento/00); come si può leggere nella delibera n. 75 del 25/09/2015. Nella delibera scrivono inoltre che “il contributo di cui al comma 1 è erogato anticipatamente ed in un’unica soluzione, contestualmente al rilascio della rispettiva tenda assegnata nel suddetto campo di emergenza, a ciascun capo famiglia, mediante consegna di assegno bancario circolare allo stesso intestato, nel rispetto della normativa antiriciclaggio e sulla tracciabilità dei flussi finanziari vigente”.

Consegnare in mano degli assegni circolari è da ritenersi errato poiché non si sa con precisione a chi verranno dati gli incentivi e soprattutto non si può sapere come verranno utilizzati.

Nella delibera viene riportata poi una grave considerazione.

“… Che situazioni culturali, che vanno dalla differenza dei costumi antropologici a quelle ideologiche-esistenziali e situazioni sociali fanno sì che questi immigrati, non essendo ancora inseriti nel nuovo contesto ed avendo abbandonato le proprie origini, vivono molto ambiguamente tra l’essere attratti dalla cultura occidentale e dai suoi simboli e continuare ad essere legati alle modalità di vita del passato nomade…”.

E’ palese lo scarico di responsabilità totalmente dato ai rom per non essere (a parere del sindaco e del Comune) in grado di integrarsi poiché la loro cultura non è compatibile con quella autoctona e dunque questa è da ritenersi motivo di impossibilità di integrazione. E ad appoggiare la loro tesi è la considerazione che precede quella sopra menzionata. “… Che l’Amministrazione Comunale ha cercato negli anni di trovare delle soluzioni alla precaria situazione socio-ambientale in cui vivevano tali nuclei, offrendo e proponendo loro accoglienza temporanea e aiuti materiali”.

Amministrazione che ha rifiutato soluzioni a costo zero e che ha invece dato spazio a soluzioni discriminatorie e razziste.

Ma d’altronde, si sa, da circa mezzo secolo un grande numero di iniziative per le comunità romanès sono fallite, e per giustificarsi del disastro hanno pensato e continuano a pensare di diffondere tanta disinformazione sulla popolazione romanì e sulla cultura romanì, tale da produrre una profonda avversione contro i rom a tutti i livelli che si riversa irrimediabilmente sulla quotidianità dei cittadini.

È importante fare chiarezza e dare alle persone delle corrette informazioni sulla popolazione romanì. I rom non sono nomadi per cultura, infatti in Italia lo è solo il 3% ma per motivi legati ai mestieri come giostrai, circensi etc. Inoltre né il campo, né l’accattonaggio sono elementi culturali: il primo, come già accennato, è un’invenzione italiana, il secondo nasce dalle circostanze sociali.

Fiore Manzo