Reddito, Ponte, pace: Salvini gioca a fare il premier, Fratelli d’Italia lo gela

(DI LORENZO GIARELLI – Il Fatto Quotidiano) – È il solito Matteo Salvini quello che, replicando le abitudini già sperimentate durante il governo gialloverde, da vicepremier si sente in diritto di parlare per conto di tutti i ministri, sconfinando rispetto a partiti e competenze. E facendo “irritare” Giorgia Meloni e i suoi, come confida al Fatto una fonte di governo di Fratelli d’Italia.

Il motivo non è difficile comprenderlo. In un sabato qualunque di fine ottobre, il leader leghista si scatena lanciando proclami che imbarazzano gli alleati. Verso l’ora di pranzo, una nota comunica che “Salvini ha contattato i governatori Roberto Occhiuto e Renato Schifani” e i tre “si sono accordati per organizzare un incontro al dicastero di Porta Pia per fare il punto della situazione con particolare riferimento al progetto del Ponte sullo Stretto tra Calabria e Sicilia”.

Passa qualche minuto e le agenzie diffondono le anticipazioni del nuovo libro di Bruno Vespa (La grande tempesta, in uscita il 4 novembre con Mondadori), che include un’intervista al leghista.

Pur da ministro delle Infrastrutture, Salvini ci tiene a dare la linea su pensioni e Reddito di cittadinanza, annunciando l’imminente smantellamento di buona parte del sussidio: “L’età minima per andare in pensione sarà 61 anni con 41 di contributi, quota 102. Per realizzare il progetto nel 2023, secondo i calcoli dell’Inps serve poco più di 1 miliardo. Lo recupereremo sospendendo per sei mesi il Reddito di cittadinanza a quei 900 mila percettori che sono in condizioni di lavorare e che già lo percepiscono da diciotto mesi”.

Una fuga in avanti che fa il paio con quella sulla guerra. Dopo aver minimizzato l’accordo tra il suo partito e quello di Putin (“mai esistito nulla di concreto”), Salvini anticipa di aver proposto “che l’Italia chieda una conferenza internazionale di pace”, perché “tutte le guerre finiscono a un tavolo negoziale”: “L’Ucraina è parte lesa e la comunità internazionale si farà garante dell’accordo”.

Nessuna riserva, però, sull’invio di altre armi a Kiev: “Abbiamo votato ogni decreto”. Un modo per pungolare la presidente del Consiglio, insistendo sulla pace, senza però impegnarsi in atti concreti in dissenso con la linea atlantista di Meloni.

A dimostrazione che gli alleati non gradiscano l’iperattivismo di Salvini c’è il silenzio glaciale che accoglie le sparate del ministro dei Trasporti. Nessuno da Fratelli d’Italia rilancia le sue proposte e basta sentire quel che dice a taccuini chiusi una fonte di governo vicina a Meloni per capire quanto poco sia apprezzato l’atteggiamento di Salvini: “Sta facendo il leader di partito. Non può lanciare proposte scavalcando i ministri competenti”. Un problema di metodo, vista la mancanza di condivisione, ma in parte anche di merito: sul Reddito di cittadinanza, per esempio, la maniera in cui riformare il sussidio è ancora tutta da capire e non può certo essere oggetto del lancio di un libro.

In FdI temono sia solo l’inizio: “Adesso fa così, ma il problema vero sarà quando prenderà le distanze da nostri provvedimenti”. Si aspettano di tutto, i meloniani, da un vicepremier che per conquistare il centro del dibattito politico dosa temi e tempi (l’uscita sulla “conferenza di pace” arriva il giorno dopo la telefonata tra Meloni e Zelensky, emblema della linea atlantista di FdI). Una strategia per logorare l’alleata forte e recuperare consensi a suo danno. Proprio come quattro anni fa.