Sono undici i provvedimenti di fermo eseguiti dalla polizia nell’ambito dell’operazione “Recherche” che colpisce al cuore dei propri interessi una delle cosche più potenti della ‘ndrangheta, i Pesce di Rosarno. Fra gli arrestati vi sono diversi fiancheggiatori che curavano e gestivano la latitanza di Marcello Pesce, fungendo da “vivandieri”, assicurandone i collegamenti con gli altri membri della cosca e, più in generale, con i familiari, procurando loro appuntamenti con soggetti terzi o riportando loro e per loro conto le cosiddette “imbasciate”.
Uno dei fermati è Rocco Pesce, figlio di Marcello, ritenuto componente di primo livello della filiera di comunicazione con il latitante. In particolare Rocco, seguendo le direttive di papà Marcello, si occupava del controllo e del coordinamento delle attività delittuose, teneva i rapporti con gli altri affiliati e con gli esponenti di vertice di altre cosche, gestiva alcune aziende agricole, un centro scommesse intestati a prestanome e un fiorente traffico di sostanze stupefacenti.
Le indagini della Squadra Mobile di Reggio Calabria e del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato avrebbero consentito di ricostruire nei minimi particolari i movimenti dei sodali del boss attraverso le immagini registrate dalle telecamere installate lungo i percorsi stradali che conducevano al covo del latitante a Rosarno, dove Marcello Pesce è stato localizzato e arrestato l’uno dicembre 2016 grazie ad un blitz curato in ogni dettaglio. L’analisi degli spostamenti effettuati da Filippo Scordino e dagli altri fiancheggiatori arrestati nel corso della notte, ha permesso agli investigatori della Polizia di Stato di comprendere che egli aveva assunto un ruolo sempre più importante nella gestione della latitanza di Pesce, di cui eseguiva gli ordini.

IL SEQUESTRO DEI BENI
Ammonta a 10 milioni di euro il valore dei beni sequestrati. Gli interessi del gruppo erano variegati e si estendevano dal monopolio forzoso del settore del trasporto merci su gomma di prodotti ortofrutticoli per conto terzi, alle intestazioni fittizie di beni ed al traffico degli stupefacenti.
Nel corso dell’operazione sono stati sequestrati beni per un valore di circa 10 milioni di euro. Si tratta di otto società del settore agrumicolo e del trasposto merci per conto terzi, con i relativi patrimoni aziendali: mobili ed immobili, crediti, articoli risultanti dall’inventario, beni strumentali, denominazione aziendale, avviamento, conti correnti, e tutte le licenze e autorizzazioni all’esercizio dell’attività commerciale concesse dalle Autorità competenti. Sequestrati anche 44 trattori stradali, rimorchi e semirimorchi utilizzati dalla cosca per il trasporto di agrumi e kiwi da Rosarno al Centro e Nord Italia.
L’AFFARE TRASPORTI
L’attivismo criminale del clan si era allargato soprattutto alle attività di illecita mediazione nel settore del trasporto merce per conto terzi, storicamente di competenza dell’articolazione della cosca Pesce facente capo al boss Marcello. Centrale in tutti questi ambiti, secondo l’accusa, era anche la figura di Filippo Scordino, che è risultato essere il principale gestore dell’agenzia di mediazione del trasporto merci su gomma attraverso la quale il settore era monopolizzato dal clan. Il monopolio del trasporto di prodotti ortofrutticoli su gomma era esercitato attraverso alcune società fittiziamente intestate a prestanome. Gli elementi raccolti nel corso delle investigazioni hanno consentito di emettere, contestualmente ai fermi degli indagati un decreto di sequestro preventivo d’urgenza di beni e società e dei relativi patrimoni aziendali tra cui la Ge.Tra.L., società cooperativa esercente l’attività di trasporto ed autotrasporto di persone e merci per conto proprio o di terzi, con sede a Rosarno ed un’azienda agricola che si occupa del commercio all’ingrosso di frutta e ortaggi freschi oltre che di lavorazione, confezionamento, produzione, trasformazione e commercializzazione, sia all’ingrosso che al dettaglio, di prodotti alimentari.
Le indagini condotte dalla Polizia di Stato nell’ambito dell’operazione “Recherche” hanno fatto emergere disaccordi nella gestione del “business” del trasporto degli agrumi per conto di alcuni produttori di Rosarno, sorti tra le articolazioni della cosca Pesce facenti capo da un lato al latitante Marcello Pesce e dall’altro a quella di Vincenzo Pesce, detto “u pacciu” (il pazzo), già detenuto, i cui interessi erano curati dai figli Savino ed Antonino. Alla base delle frizioni, secondo gli inquirenti, la rivendicazione dei figli di Vincenzo Pesce della gestione del trasporto, con mezzi propri o delle società a loro riconducibili, degli agrumi prodotti nelle aree ricadenti sotto la loro influenza criminale.
I DESTINATARI DEI FERMI
Rocco PESCE, nato a Polistena (RC) il 17 marzo 1988; Savino PESCE, nato a Cinquefrondi (RC) il 27 luglio 1989; Filippo SCORDINO, nato a Rosarno (RC) il 23 agosto 1975; Bruno STILO, nato a Melito di Porto Salvo (RC) il 21 aprile 1966; Carmelo GARRUZZO, nato a Rosarno (RC) il 1 gennaio 1971; Michelangelo RASO, nato a Gioia Tauro (RC) il 19 dicembre 1981; Rosario AMELI, nato a Cinquefrondi (RC) il 12 maggio 1983; Michelino MANGIARUGA, nato a Taurianova (RC) il 26 aprile 1979; Giosafatte Giuseppe ELIA, nato a Rosarno (RC) il 19 maggio 1974; Consolato Salvatore COPPOLA, nato a Paternò (CT) il 19 maggio 1968; Antonio CIMATO, nato a Cinquefrondi (RC) il 26 luglio 1984. Un dodicesimo soggetto Antonino Pesce, nato a Cinquefrondi (RC) il 14 aprile 1992, è attivamente ricercato.