di Isabella Marchiolo
Fonte: ReggioToday (https://www.reggiotoday.it/cronaca/emergenza-abitativa-storie-degrado-assegnatari-edilizia-pubblica.html)
“Nessuna persona sana di mente accetterebbe un contratto pagando per stare in una casa come questa, a meno che non voglia suicidarsi. Ma io non avevo scelta”. Sono le crude parole di un cittadino di Reggio Calabria, assegnatario di un alloggio residenziale pubblico fatiscente al punto di mettere in pericolo la sua incolumità. Nonostante lo stato dell’immobile fosse evidente alla consegna, dal 2019 l’inquilino chiede che siano effettuati i lavori necessari all’agibilità. Nel frattempo, non avendo la possibilità di sostenere una locazione nel contesto ordinario di mercato, è costretto a vivere nel degrado e a proprio rischio.
Non è un fatto isolato, come ci spiega Giacomo Marino, referente dell’associazione Un Mondo di Mondi, che con l’osservatorio per il disagio abitativo denuncia da anni l’immobilismo nella gestione delle case dell’edilizia pubblica. In città si contano circa 6000 alloggi tra Aterp e Comune. Come è noto, sono ad oggi due le graduatorie (bando ordinario del 2019, il secondo dopo quello del 2012, ed emergenza abitativa), che hanno prodotto pochissime assegnazioni. Dal 2022 è letteralmente tutto fermo ma in quello stesso anno, con la delibera 578, la giunta regionale ha autorizzato il Comune reggino, afflitto dall’emergenza abitativa, ad attivare la riserva sull’assegnazione degli alloggi effettivamente nella disponibilità, che dalla parte dell’ente risultano essere 18 su 2800 esistenti (quelle Aterp sono invece 39).
Erp depotenziata dalla regionalizzazione: i ritardi delle assegnazioni a Reggio Calabria
“Per l’ufficio Erp, oberato di lavoro e con personale ridotto e dirigenti che cambiano continuamente, le ristrutturazioni degli immobili sono l’ultimo problema – continua Giacomo Marino – Tutto quello che si riesce a fare è merito di alcuni funzionari che s’impegnano e prendono a cuore la situazione degli assegnatari, invece la politica è del tutto assente”.
Inefficienze e ritardi caratterizzano un settore già trascurato dalle precedenti amministrazioni comunali, a cui è stato dato il colpo di grazia con la regionalizzazione dell’Aterp nel 2013. “Le procedure devono passare da Catanzaro e ogni intervento è molto rallentato. Come è successo in altri territori – precisa – il sindaco avrebbe potuto chiedere di far rientrare questa materia tra le deleghe della città metropolitana, ma non lo ha fatto. Anche i sindacati hanno una responsabilità in questo depotenziamento, al contrario ci sono state regioni in cui mobilitazioni e vertenze hanno fermato la riforma”.
La storia di un cittadino costretto a vivere in una casa insalubre e a rischio
Dietro gli stalli della macchina burocratica ci sono i drammi quotidiani delle persone. Molti tra gli aventi diritto, oltre alle difficoltà economiche e la diffusa mancanza di lavoro, hanno disabilità o malattie aggravate dalla sistemazione abitativa inidonea. “Conosciamo tante storie – dice ancora Marino – che se rese pubbliche farebbero capire alla collettività cosa accade. Ma c’è timore degli interessati nel raccontare ed esporsi. E’ un aspetto ancora più assurdo: parliamo di diritti, stabiliti nella legge regionale 96 nel 1996, inapplicata in tante parti”.
Un caso di mancata messa a norma di un edificio Erp ha generato una denuncia in procura e un ricorso al tribunale ordinario di Reggio Calabria. A presentarlo è stato un cittadino che chiameremo L.B., usando iniziali fittizie. La sua storia inizia nel 2018, quando è stato vittima di un sinistro dal quale è uscito dopo mesi in coma, riportando gravissimi danni neurologici e invalidità. Da allora, non potendo più lavorare, non è stato in grado di pagare l’affitto del piccolo appartamento di Catona dove abitava. Per la situazione di emergenza gli è stato assegnato un alloggio Erp del Comune a Gallico. “Subito, a prima vista, era un cantiere di calcinacci e macerie – denuncia L.B. – però ci risposero in malo modo che se non lo volevamo così, lo avremmo perso. Penso che nessuno vorrebbe vivere in un posto del genere, forse qualcuno che vuole morirci”.
Scioccanti i dettagli della quotidianità di L.B. L’abitazione è priva di impianti a norma, comprese le tubature idriche e una condotta rotta, compromettendo tutti i servizi essenziali, come quelli igienici e l’energia elettrica. “Per un problema al contatore – ricorda – sono rimasto sei mesi senza luce usando lampadine tascabili, non potendo guardare la televisione né caricare il cellulare. Le pareti poi sono così leggere che si sente ogni parola pronunciata da me o i miei vicini, anche sottovoce. Nelle stanze ci sono infiltrazioni e muffa e non abbiamo nemmeno privacy, ma che vita è?”
La caduta di un cornicione ha spinto L.B. a chiedere l’intervento di vigili del fuoco e forze dell’ordine: gli stessi carabinieri in quel frangente hanno rilevato l’inagibilità dell’edificio con un esposto alla procura, iniziativa che però non ha dato seguito a nessun provvedimento. Il cittadino ha poi presentato un ricorso giudiziario per chiedere l’urgente ristrutturazione e messa in sicurezza dell’alloggio assegnato: già eseguite le perizie di parte e del Comune, sono concordi i pareri sull’intervento. “Sono tenuti a farlo per legge – prosegue L.B. – ma i lavori richiederanno qualche mese e nel frattempo io ho comunque bisogno di una casa provvisoria. Ce ne sono tante occupate abusivamente o che il Comune può trovare in affitto grazie alle convenzioni agevolate con le agenzie immobiliari”.
Il precedente del tribunale reggino che ha condannato Aterp per un alloggio fatiscente
L’avvocato Francesco Nucara, rappresentante del ricorrente, sottolinea come una recente pronuncia del Tribunale reggino costituisca un precedente favorevole per l’accoglimento dell’istanza. Il legale ha seguito un altro ricorso simile, che aveva ad oggetto un’abitazione dell’Aterp, per cui l’assegnatario chiedeva all’ente proprietario interventi di ristrutturazione. A settembre è arrivata la sentenza con cui il giudice ha condannato Aterp, riconoscendo l’inadempienza negli obblighi di manutenzione dell’immobile derivanti dal contratto di locazione e ordinando “l’esecuzione degli interventi necessari di riparazione per ripristinare le condizioni di salubrità ed abitabilità dell’appartamento”.
Un passaggio della causa è cruciale. Nella sentenza si affema che Aterp “non ha contestato la mancanza nell’immobile locato delle condizioni di salubrità ed abitabilità, né il proprio dovere di manutenzione”, previsto espressamente in un articolo del contratto stipulato. Aterp si era però difesa contrapponendo la morosità dei ricorrenti, che li renderebbe a loro volta inadempienti degli obblighi contrattuali. Commentando questa affermazione, L.B. replica: “Pagare è dovuto, ma solo un pazzo lo farebbe per un posto dove si rischia ogni giorno un incidente. Un canone può essere preteso solo in una casa sicura e dignitosa, e quella dove sto io è inagibile”.
Il diritto alla mobilità negato: “Io e mia figlia con disabilità viviamo in mezzo alle fogne”
Non meno drammatica è la situazione degli assegnatari che, a causa di malattie, si ritrovano intrappolati in abitazioni inaccessibili. Questa condizione accertata dà diritto a mettersi in lista per un cambio di alloggio, ma il Comune non riesce a far fronte a queste richieste. Laura (nome di fantasia) è una giovane donna rom che a Reggio ha studiato fino al diploma e poi ha trovato un impiego. Gravi problemi di salute le hanno lasciato una invalidità motoria, e ha una disabilità anche la figlia autistica di sei anni. L’abitazione assegnata, ad Arghillà, è al terzo piano senza ascensore. “Uscire di casa è una sofferenza – spiega – perché devo fare un gradino alla volta. Ma sono tutta l’abitazione e l’area in cui si trova a essere inadeguate. Intanto la casa è troppo piccola, 48 metri quadrati, e con forti infiltrazioni di umidità. Quando piove i muri si bagnano, senza contare la presenza di topi e il cattivo odore che arriva dalla fogne”. Da mamma, Laura soffre soprattutto per la sua bambina: “Mi fa male pensare che debba andare a scuola passando in mezzo alla fogna e con i vestiti impregnati di questo odore, oltre ai rischi che corre per l’umidità con le sue difese immunitarie molto basse”. Che in quel modo non si possa vivere lo hanno certificato anche gli assistenti sociali e ne è informata la prefettura. “Io sono fiera delle mie origini – conclude – ma sono nata e cresciuta a Reggio e ho una regolare assegnazione di questa casa perché i sussidi che percepisco non sono una certezza e non posso trasferirmi in affitto con il rischio di non poter pagare”. Laura chiede di essere spostata in almeno in un appartamento al primo piano, nella zona di Archi. Chiede, per sé stessa e la figlia, dignità abitativa e un futuro più sereno.
Marino: “Perché non si spendono i dieci milioni di entrate vincolate per affitti e acquisti?”
“Anche il cambio dell’alloggio, se non più idoneo per motivi di salute, è garantito dalla legge regionale 96”, afferma Giacomo Marino. “Gli articoli che lo prevedono restano disapplicati, nonostante questo bisogno a Reggio Calabria riguardi centinaia di persone. Soprattutto in zone-ghetto come Arghillà i palazzi sono malmessi e senza ascensore: per chi è malato o ha disabilità questi alloggi si trasformano in una prigione immersa nel degrado”. Le domande di spostamenti sono numerose e dovrebbero essere evase da un’apposita graduatoria. In mancanza di risposte, chi ha questa esigenza finisce in una zona borderline di illegalità: “Purtroppo lo stato di necessità di queste persone le rende deboli e inclini a rivolgersi a gente che promette favori, ovviamente lucrando come svelato anche dall’inchiesta della Dda”.
L’osservatorio per il disagio abitativo si è offerto da anni di redigere gratuitamente un piano di mobilità per l’amministrazione comunale. Oltre a vigilare sulle assegnazione, si continua a chiedere una mappa di tutti gli immobili indisponibili per abusivismo o locazioni fuorilegge. Conclude Marino: “Stiamo aspettando l’esito del nostro accesso agli atti sulle entrate vincolate al settore per affitti e acquisti, per sapere perché non si usino questi dieci milioni. L’anno scorso il Comune ne ha recuperato uno, gli altri che fine hanno fatto?”