Cinque persone sono finite agli arresti domiciliari per associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva. Il blitz è scattato all’alba quando i carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria e i finanzieri del Nucleo speciale di polizia valutaria di Roma hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip su richiesta della Procura. L’inchiesta, denominata “Penalty”, riguarda il mondo del calcio e, in particolare, il settore giovanile e le serie minori.
Benevento-Cesena Primavera; Hellas Verona-Cagliari Under 19; Sassuolo-Verona Under 19 e tentativo Empoli-Lazio Primavera: queste le partite oggetto di un’indagine – coordinate da questa Procura di Reggio Calabria – iniziata nel gennaio del 2024 dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Reggio Calabria e proseguite anche con la partecipazione dei Finanzieri del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria, che già investigava con altra Procura della Repubblica, hanno avuto origine da una segnalazione dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli relativa ad un flusso anomalo di scommesse su di un incontro calcistico della categoria Primavera.
Sono stati così raccolti gravi elementi in ordine all’esistenza di un’associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva, promossa e diretta da un arbitro, Luigi Catanoso della Sezione di Reggio Calabria delle categorie Primavera, Primavera 2 e Serie C, il quale dirigeva l’arbitraggio di diversi incontri calcistici, in modo da indirizzare il risultato finale e farlo convergere verso gli esiti oggetto di scommesse mirate effettuate dai membri del sodalizio.
Anche in seguito alla sua sospensione da parte degli organi di giustizia sportiva che avevano accertato le prime irregolarità, il direttore di gara reggino individuava altri colleghi arbitri, designati per i singoli incontri sportivi, per poi avvicinarli e corromperli, mediante la dazione o la promessa di somme di denaro, che potevano arrivare anche a 10.000 euro a partita, sempre affinché questi conducessero una direzione di gara funzionale a far convergere il risultato verso l’esito delle scommesse effettuate dai membri dell’associazione.
Secondo la ricostruzione avallata dal G.I.P., il sistema criminale vedeva la partecipazione di ulteriori indagati in qualità di partecipi dell’associazione, i quali fornivano supporto morale e materiale all’attività svolta dall’arbitro occupandosi anche di ricercare i contatti con i direttori di gara designati per le partite oggetto di scommessa oltre ad investire il proprio denaro sulle scommesse del gruppo, al fine di trarne un utile comune.
Il modus operandi era semplice ma efficace: l’arbitro faceva in modo che le partite terminassero con un numero di goal tale da poter garantire il verificarsi del pronostico “over” (cioè il superamento di un numero totale di goal per ogni match).
Il direttore di gara riusciva ad ottenere tale risultato concedendo un numero importante di rigori, molto spesso inesistenti. Altre volte invece favoriva una delle due squadre, normalmente quella le cui quotazioni permettevano introiti più elevati, espellendo giocatori delle squadre avversarie senza una reale motivazione.
Queste decisioni risultavano avere un impatto assolutamente rilevante sull’epilogo delle gare, che era ben lontano da quello conseguente al corretto e leale svolgimento delle competizioni sportive.
Proprio su quell’esito falsato e “pilotato” gli altri componenti dell’associazione scommettevano ingenti somme di denaro che fruttavano loro elevati guadagni.
A finanziare l’associazione, soprattutto al fine di corrompere altri direttori di gara, erano due imprenditori toscani (padre e figlio), titolari di un’agenzia di scommesse di Sesto Fiorentino (FI), anche loro arrestati.
Nello specifico, l’associazione utilizzava anche l’attività di raccolta scommesse ubicata in Toscana per veicolare giocate per importi rilevanti sulle gare influenzate dagli episodi corruttivi.
Gli accertamenti bancari e sui conti gioco utilizzati dall’associazione consentivano di censire l’utilizzo da parte degli indagati di provider di scommesse esteri e non autorizzati a operare nell’ambito dell’Unione Europea, all’evidente scopo di non destare sospetti su corposi flussi di scommesse.









