Antonio Marra, l’avvocato braccio destro di Paolo Romeo, è accusato di essere uno dei vertici della cupola segreta di Reggio. E’ stato condannato a 17 anni in primo grado nel processo Gotha e dall’esame delle sue frequentazioni e dei suoi contatti emergono situazioni imbarazzanti anche per uomini dello stato.
Marra aveva contatti con il maresciallo Anastasio Fichera, all’epoca dei fatti in servizio ai Ros di Reggio Calabria e successivamente trasferito alla Scuola Allievi Carabinieri di Reggio. Dalle conversazioni già intercettate per il procedimento Meta, si evince che l’avvocato Marra, don Pino Strangio e il maresciallo Fichera si riunivano o comunque trovavano il modo di incontrarsi per poter stabilire una linea di condotta – specialmente il maresciallo… – per avere delle notizie sulla cattura di alcuni latitanti che gravitavano nella Locride. Il parroco e Marra avrebbero fatto trovare un latitante, Antonio Romeo, in cambio di favori nei confronti di altri soggetti appartenenti alla criminalità organizzata.
In una telefonata intercettata il 21 febbraio del 2008, conversanti Marra e don Strangio, al parroco veniva passato al telefono il maresciallo Fichera, che era insieme al Marra. Dalla conversazione si evince che lo Strangio forniva al Fichera dei nominativi di un soggetto che avrebbe dovuto essere interessato da un trasferimento e di altri due soggetti definiti due uccellini.
La teste Corigliano ha riferito che dall’attività di indagine emergeva che i tre personaggi menzionati si identificavano in Antonio Romeo, inteso Cento Capelli, nato il 2.10.1947, cugino di Sebastiano Romeo, classe 1931, inteso ‘U Staccu… Antonio Romeo, classe ’47, risulta organico all’associazione ‘ndranghetistica denominata “minore” della locale di San Luca, detenuto all’epoca dei fatti presso il carcere di Parma. Gli altri due, che il Fichera definiva “i due uccellini” si identificano in due soggetti all’epoca latitanti ed erano Antonio Romeo di Sebastiano e Antonia Nirta, nato a San Luca il 25.12.1957 e inteso Il Gordo, latitante a seguito dell’operazione denominata appunto SuperGordo dei primi mesi del 2005 e poi tratto in arresto il 28.5.2008; e Fortunato Giorgi di Giuseppe e Antonia Bellissimo, nato a San Luca il 7.7.1965, cognato di Cento Capelli e latitante dal 2000 poiché destinatario di pena detentiva per complessivi 27 anni di reclusione poi tratto in arresto il 22.5.2009. Il Giorgi era inserito a pieno titolo nella consorteria dei Romeo, alias “stacchi”, legata a quella dei Pelle alias “Gambazza”.
E’ verosimile che l’arresto del Gordo, in data 28 maggio 2008, sia stato eseguito proprio dopo le indicazioni rese dal Marra e dallo Strangio nel contesto della trattativa che era in corso dal mese di febbraio del 2008. Si evidenzia la correlazione dei tre nominativi, di cui il primo afferiva ad un soggetto già detenuto nel carcere di Parma – Antonio Romeo classe ’47 – e gli altri due – Antonio Romeo classe ’57 e Fortunato Giorgi classe ’65 – afferivano a due soggetti latitanti. Tutti e tre i personaggi appartenevano alla medesima consorteria dei Romeo “stacchi” legati ai Pelle “Gambazza”.
Nell’ambito del procedimento penale il Fichera e il maresciallo Pati vengono indagati a seguito della nota informativa del carabinieri del Ros del 23 luglio 2008. Il materiale probatorio prosegue con l’illustrazione di conversazioni del 2011 da cui si evince che il Marra e il Fichera si incontravano ripetutamente presso la sede dell’azienda del Marra.
Sostanzialmente il maresciallo Fichera aveva fatto conoscere all’avvocato Marra un certo Antonio Pesce, nato a Motta Sant’Anastasia di Catania il 12.5.59 (quindi un compaesano di Fichera), imprenditore siciliano impegnato in politica col partito “Noi Sud” e socio accomandatario della Edil Csotrim, il quale aveva necessità di avere un incontro con l’onorevole Micciché del partito “Noi Sud”. Il Pesce voleva un incontro diretto con Micciché e non per tramite del Marra, circostanza che non incontrava il favore del Marra… Il suo timore era che il Miccichè, sentendo il cognome Pesce, o temendo che lo stesso fosse intercettato, potesse avete delle ritrosie, evidentemente poiché Antonio Pesce aveva da formulargli delle richieste di natura illecita, talché riteneva necessario che il Pesce fosse accompagnato all’incontro direttamente da lui, che in tal caso avrebbe garantito per il Pesce. D’altra parte era lo stesso Marra che giustificava a Fichera il fatto che non avesse mai risposto alle telefonate del Pesce per timore di essere intercettato.
il Micciché si identifica in Gianfranco Micciché, nato a Palermo l’1-4-1954 e all’epoca del processo presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana. Il Pesce aveva necessità di parlare con lui anche per avere un accesso al credito e il contatto con Micciché poteva essere utile perché suo fratello Gaetano Micciché era un dirigente d’azienda – dal 2007 al 2015 a capo della Banca Imi facente parte del Gruppo Banca Intesa San Paolo. Tra l’altro, nel corso della conversazione, il Marra faceva presente al Fichera che era bene che certi rapporti venissero tenuti in un certo modo e quindi si facesse da tramite per evitare che ci potessero essere delle interpretazioni sbagliate, temendo di poter fare la fine – diceva ancora il Marra – del capitano Saverio Tracuzzi Spadaro, che è stato condannato alla pena di 14 anni e 6 mesi di reclusione per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa con la cosca Lo Giudice.
Il Marra, in particolare, spiegava al Fichera che la sua presenza all’incontro con Micciché era una garanzia per quest’ultimo in quanto la presenza di un avvocato allontanava i sospetti sull’illegalità dell’operazione facendo anche un parallelo ovvero quello dell’interlocuzione con il magistrato Cisterna, con il quale il Marra non era prudente che interloquisse direttamente, stante con evidenza l’ambiguità dell’oggetto, ma solo tramite un militare, il Fichera appunto…
La conversazione è molto importante dal punto di vista probatorio in quanto utile a dimostrare un modus operandi collaudato, impiegato dal Marra, che fungeva da soggetto ponte tra la politica e la criminalità così come il Fichera era il soggetto ponte tra certa magistratura e la criminalità. Occorreva, in poche parole, trovare apparenti coperture lecite ad incontri aventi ad oggetto attività di natura illecita, e mentre per il politico il soggetto di copertura poteva essere Marra, in quanto aveva in comune con il Micciché l’appartenenza al movimento politico “Noi Sud” oltre che essere un avvocato che poteva parlare con il politico di tremila questioni, effettuando il parallelo, il Marra diceva che per i contatti con il magistrato Cisterna l’uomo di copertura doveva essere il maresciallo Fichera, in quanto appartenente alle forze dell’ordine e istituzionalmente deputato a interloquire con il pubblico ministero.
La necessità di creare delle apparenti ragioni lecite agli incontri era strettamente connessa all’esigenza di mantenere segreta la vera natura degli incontri che nel caso del rapporto Micciché-Pesce era certamente illecita e connessa ad uno scambio quantomeno politico-elettorale mentre nel caso del rapporto Marra-Cisterna era connessa ad un’attività pericolosa per il Marra. Il Marra pertanto non poteva incontrare direttamente il dottore Cisterna in quanto il rapporto avrebbe indotto sospetti sulla sua vera natuta, diversamente dagli incontri tra il militare Fichera e il magistrato. Il Marra pertanto esplicitava che in virtù della sua professione di avvocato poteva dare una parvenza di legalità anche ad incontri dall’oggetto illegale, così come il Fichera poteva interloquire, in parallelo, con il magistrato Cisterna portando le informazioni e i messaggi del Marra senza che ciò destasse sospetti agli inquirenti.