Regione Calabria, la farsa del consigliere supplente. I peones del centrodestra insistono

Sono ore di febbrili trattative e confronti nel centrodestra calabrese. Domani approda in Consiglio regionale la proposta di legge che punta a sancire l’incompatibilità tra il ruolo di assessore e quello di consigliere regionale e ad introdurre la figura del “supplente”. In buona sostanza, l’eletto chiamato a far parte dell’esecutivo lascerebbe temporaneamente lo scranno al primo dei non eletti della sua lista. Si stabilisce quindi che quando il consigliere sostituito cessa dalla carica di assessore il Consiglio regionale dispone la revoca della supplenza e il reintegro nella carica.
Una norma così pensata, pur essendo stata varata in altre Regioni, produrrebbe nell’immediato due effetti: un aumento del numero di poltrone a disposizione della politica calabrese; il rischio di una compressione della democrazia. Il “supplente” si troverebbe a essere un consigliere “dimezzato”, le cui sorti sarebbero legate a doppio filo a quelle dell’assessore. Così procedendo, ci sarebbe quindi il rischio di vedere compromessa anche la funzione di controllo del Consiglio sull’operato della Giunta.
Sono ragionamenti, tuttavia, “smontati” dai peones della maggioranza, intenzionati ad accelerare ed arrivare al “sì” alla norma firmata da tutti i capigruppo del centrodestra (esclusa la leghista Simona Loizzo). I proponenti sottolineano che la norma non produrrà ulteriori costi a carico del bilancio perché nei documenti contabili c’è già la previsione del pagamento delle indennità per 30 eletti e 7 assessori. E nessun timore viene palesato rispetto al precedente di una riforma analoga impugnata nel 2014 dal governo centrale. “All’epoca – è il commento ripetuto come un mantra dai fautori della proposta – si scelse la strada della modifica statutaria, stavolta invece andremo a modificare una legge ordinaria esistente”.

Ora, al netto delle formule utilizzate, la misura appare cucita addosso ad alcuni protagonisti della maggioranza. Come Giuseppe Neri, capogruppo di Fratelli d’Italia, ora desideroso del grande salto in Giunta. In caso di nomina, al suo posto, in Consiglio, entrerebbe Giovanni Calabrese, sindaco di Locri, e primo dei non eletti di quel partito. Altri ancora potrebbero essere ripescati una volta azionato il risiko delle poltrone. Nascono anche da qui le perplessità manifestate sottotraccia dal presidente della Giunta Roberto Occhiuto, e da quello del Consiglio Filippo Mancuso, su un testo che rischia di attirare giudizi poco lusinghieri ed esporre la Calabria alle critiche dell’opinione pubblica.

L’azione di moral suasion dei due, finora non ha prodotto i risultati sperati, entrambi vorrebbero evitare ulteriori tensioni in un momento particolarmente delicato per la maggioranza. La Lega ancora non ha preso ufficialmente posizione, segno del travaglio interno ai salviniani, e nessuno esclude il materializzarsi di franchi tiratori al momento della votazione in aula. Si va avanti a strappi, insomma. Ondeggiando tra la volontà dei falchi di chiudere la partita già domani – a quel punto il rimpasto in Giunta sarebbe davvero questione di ore – e la prudenza delle colombe – tra loro c’è anche il forzista Gianluca Gallo – che intravedono il rischio di allargare la forbice tra il Palazzo e la Calabria con un sì alla norma e con un’opposizione che già da giorni grida allo scandalo. Peraltro, nel fronte dei dialoganti, viene fatto notare che questa Regione potrebbe seguire l’esempio della Toscana dove, nel 2014, l’incompatibilità tra consigliere e assessore è stata prevista e risolta con la decadenza del primo ruolo al momento dell’ingresso in Giunta e la sostituzione con il primo dei non eletti. Una soluzione che più d’uno adesso ipotizza praticabile anche per la Calabria.

In ogni caso, prima del Consiglio di domani, Occhiuto e Mancuso incontreranno i capigruppo della maggioranza proprio al fine di trovare un punto di caduta che possa mettere d’accordo tutti… Fonte: Gazzetta del Sud