A Rende c’era molta curiosità rispetto alla scelta che avrebbe fatto il Cinghiale, al secolo Tonino Gentile, dopo aver rotto il sodalizio con quello che si può facilmente pronosticare come il trombatissimo sindaco uscente Marcello Manna, meglio conosciuto come il quaquaraquà della politica cosentina.
La campagna elettorale ormai si è messa in moto: non ci sono esclusioni di colpi e sono in molti a colpire anche sotto la cintura, per richiamare i regolamenti del pugilato. Oggi tutti sappiamo che alla fine la scelta del Cinghiale è caduta su Mimmo Talarico e senza voler essere ironici o irriverenti basta soltanto riepilogare le fasi che hanno portato a questa decisione per rendersi conto di come sia basso il livello.
Se fosse stato per lui, l’animale avrebbe scelto senz’altro il fedele Mario Bartucci, che ricopre anche il ruolo di vicepresidente della Provincia e nei suoi lunghi anni in Consiglio a Rende non ha mai sgarrato di un passo. Ma a contendersi la poltrona di candidato c’erano anche due pessimi elementi del suo clan, che non hanno fatto mai mistero delle loro smisurate ambizioni. Parliamo dal Cinghialotto, alias Gianfranco Ponzio, deus ex machina della cooperativa Seatt ovvero l’ufficio di collocamento gentiliano nella sanità cosentina. Ponzio aveva già sentenziato che la candidata a sindaco di Rende del centrodestra doveva essere sua moglie, Annarita Pulicani, a Rende da un paio di consiliature, che si sentiva pronta (!!!) per il grande passo.
Il Cinghiale ha preso nota, ma ha “gentilmente” declinato, perfettamente consapevole che una candidatura del genere lo avrebbe davvero messo al pubblico ludibrio. E così ha ascoltato un altro soggetto che è tutto un programma e che è tanto organico al suo clan da essere stato ribattezzato il Cinghialottino. Lui si chiama Francesco Mercurio e dopo aver girovagato per tutto l’arco dei partiti, compresi i Cinquestelle, si è accasato con quel razzista di Salvini ed è addirittura il coordinatore della Lega del Tirreno.
Il Cinghialottino ha lavorato molto bene alle ultime elezioni, anche se l’onda grillina ha eliminato Andrea Gentile, e si è talmente distinto da invocare anche lui un candidato sindaco a Rende. Prima ha provato a lanciare il modesto Valerio Cavalieri, ma resosi conto della cazzata, si è messo a premere per l’investitura del suo amichetto Eugenio Aceto, con il quale si diverte un mondo nella movida cosentina e per il quale non perdeva occasione di esprimere la sua stima. Aceto, tra l’altro, è capogruppo forzista a Rende e questo lo avrebbe reso ancora più “appetibile” per un accordo tra tutta la coalizione. Ma anche questa ipotesi è andata in fumo relativamente presto, sia perché il Cinghiale (che sarà quello che è ma non è… fesso) non si fida certo di un personaggio come Aceto e sia perché la sua consistenza politica è pari a quella di Mara Carfagna ai tempi in cui faceva la soubrette.
A questo punto, con tre candidati “bruciati”, il Cinghiale aveva pensato seriamente a buttarsi con Sandro Principe, nonostante tutte le vicissitudini passate, culminate con le polpette avvelenate delle pseudo inchieste giornalistiche e della commissione d’accesso al Comune, che avevano inevitabilmente compromesso i rapporti tra i due. Le rispettive diplomazie hanno lavorato per mesi e si pensava che si sarebbe arrivati ad un accordo ma in zona Cesarini, incredibile ma vero, è arrivato il sì ad un politico relativamente giovane anagraficamente ma più vecchio del cucco per le sue azioni come Mimmo Talarico. Se è vero, com’è vero, che ha cambiato otto partiti in otto anni e non ha ancora finito.
Talarico, detto per inciso, aveva scagliato invettive e anatemi a Principe all’epoca in cui si vociferava dell’accordo salvo poi prendersi lui l’incombenza di rappresentare l’aninale in questa tornata elettorale. Questa la fredda cronaca di mesi di trattative-montagna per arrivare a partorire il “topolino”, pardon il Talarico…