Rende, Comune sciolto per mafia: i meriti della Commissione d’accesso sulla quale nessuno puntava

Primo settembre 2022. Sull’area urbana di Cosenza e in particolare sulla città di Rende, sin dalle prime ore dell’alba riecheggia il suono degli elicotteri dei carabinieri che sorvolano il cielo mentre i lampeggianti della polizia illuminano le strade ancora buie e assonnate.

Sono 245 le persone sottoposte ad indagine da parte della Dda di Catanzaro e tra queste figurano personaggi politici di spicco come il sindaco Manna e l’assessore Munno. L’amministrazione comunale decapitata sembra ormai aver concluso il proprio percorso politico e tutti attendono a stretto giro di posta le dimissioni del sindaco sospeso e il conseguente scioglimento del Consiglio comunale. Così tuttavia non sarà e nonostante dopo poco più di due mesi un’ulteriore indagine, questa volta della procura di Cosenza, colpisca ancora la già traballante Giunta, il sindaco Manna, nuovamente sospeso, rimarrà ancora al timone del civico consesso. Nel frattempo già da ottobre si è insediata a Rende una Commissione d’accesso antimafia nominata dal prefetto di Cosenza al fine di verificare la sussistenza di concreti, univoci e rilevanti elementi su eventuali collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso.

All’organismo, inizialmente composto dal Prefetto a riposo Antonio Reppucci, dal tenente colonnello dei carabinieri Dario Pini e dal vicequestore Giuseppe Zanfini, si aggiungono dopo qualche mese l’avvocato Antonio Arnoni dell’Agenzia del Demanio e il capitano Savoia della Guardia di Finanza.

In pochi tuttavia credono che la Commissione d’accesso antimafia, la seconda nominata dal prefetto di Cosenza in meno di dieci anni per il Comune di Rende, posso portare alla luce legami degli organi elettivi con la criminalità organizzata e pertanto tutte le attenzioni vengono incentrate sul versante giudiziario.

A marzo di quest’anno tuttavia il Tribunale del Riesame revoca il divieto di dimora sanzionato dalla procura di Cosenza al sindaco Manna, il quale ritorna a fare il sindaco riprendendosi la poltrona per qualche tempo occupata dal veterano Franchino De Rango.

Nel frattempo la Commissione d’accesso antimafia, che in silenzio e senza clamori mediatici ha lavorato senza percepire alcun compenso, consegna la propria relazione conclusiva al prefetto Ciaramella evidenziando, in oltre 500 pagine al momento top secret, collegamenti tra gli organi elettivi del Comune di Rende e la ‘ndrangheta locale proponendo pertanto lo scioglimento del Consiglio comunale.

Il sindaco Manna e la sua Giunta tuttavia rimangono ancorati alle proprie poltrone e diffondono la notizia che la Commissione d’accesso non avrebbe nulla in mano e che tutto si sarebbe concluso in una bolla di sapone.

A maggio il sindaco Manna viene condannato in primo grado dal Tribunale di Salerno a 2 anni e 8 mesi per corruzione in atti giudiziari per la vicenda legata al processo aggiustato del boss Patitucci e per la legge Severino scatta la sospensione dalla funzione di sindaco. Si attendono a questo punto le dimissioni di Manna, tuttavia non arriveranno mentre grazie ad una nomina retrodatata viene indicata quale vicesindaco l’ex moglie del professore Piperno, Marta Petrusewicz.

Il nuovo sindaco facente funzioni, passata dalla lotta al comunismo in Polonia all’esaltazione dell’avvocato cosentino condannato in primo grado per aver corrotto un magistrato nell’interesse di un boss di ‘ndrangheta, riesce in poco più di un mese a far approvare il nuovo Psc regalando ai palazzinari (il cugino Massimo Manna ma anche i soliti Burza, Grimoli, Pingitore, Mirabelli ed altri), un cambio di destinazione urbanistica da oltre un miliardo di euro.

Il Consiglio dei Ministri su proposta del ministro dell’Interno Piantedosi ha deliberato ieri lo scioglimento del Consiglio comunale di Rende e il contestuale affidamento della gestione del Comune ad una terna commissariale che resterà in carica per 18 mesi, prorogabili fino a due anni.

La fine dell’era Manna è arrivata per mano dell’organismo più sottovalutato ossia della Commissione d’accesso nominata dal prefetto di Cosenza, sulla quale, a differenza della Procura Antimafia di Catanzaro, della Procura di Salerno e persino di quella di Cosenza, nessuno fino a ieri avrebbe puntato un euro.