Rende. “Ariosto Artese, imprenditore colluso e asservito al gruppo Patitucci-Porcaro”

Ariosto Artese è uno dei colletti bianchi eccellenti finiti nella rete del blitz di Gratteri su Rende, anticamera dello scioglimento per infiltrazioni mafiose del consiglio comunale. Solo per farvi capire quanto è importante, basterebbe ricordare che Marcello Manna ha nominato vicesindaco al suo posto la sorella di Ariosto, al secolo Annamaria, che dietro la faccia di donna buona e addirittura sensibile, nasconde la capacità di delinquere del fratello e di tutta la sua banda di fiancheggiatori massomafiosi. Ma vediamo come entra – da assoluto protagonista del malaffare e della corruzione – Ariosto Artese in questo blitz.

Viene contestata una tentata estorsione aggravata ai danni di Ariosto Artese e Mario Mazzei, a cui è riconducibile l’attività di call center “K Call Srl”. La vicenda emerge grazie alle intercettazioni di dialoghi tra Carlo Drago e Roberto Porcaro, i quali discutevano tra loro, e anche con altri soggetti, della vicenda coinvolgente Gennaro Presta, quale autore della tentata estorsione, e Mario Piromallo, quest’ultimo nelle vesti di “rivale” nell’ambito della difesa di Ariosto Artese, imprenditore colluso e asservito al gruppo degli Italiani e fratello dell’assessore Annamaria, oggi sciaguratamente nominata vicesindaco per assicurare continuità a Marcello Manna, sindaco arrestato e sospeso dalle sue funzioni.

Il gip Alfredo Ferraro scrive testualmente nell’ordinanza che la vicenda che stiamo per raccontare “rappresenta una chiara manifestazione dei legami confederativi e degli equilibri che regolano tali legami”.

Si tratta di una richiesta estorsiva con oggetto una ingente somma di denaro (30.000-50.000 euro) avanzata da Gennaro Presta al Mazzei relativamente all’attività commerciale della K Call Srl, e dell’intercessione verificatasi a difesa della medesima società da parte di Carlo Drago e di Roberto Porcaro da un lato e di Mario Piromallo dall’altro poiché la medesima attività risultava riconducibile anche all’Artese, da sempre imprenditore vicino al gruppo degli italiani. Tale intercessione, dunque, impediva la consumazione del reato.

Le conversazioni tra il Drago e il Porcaro del 19 settembre 2018 e tra il Drago e altri due interlocutori (uno dei quali identificato in Mario Gervasi) dell’8 ottobre 2018 nonché quella tra il Porcaro e l’Artese del 5 febbraio 2019 consentono di ricostruire in maniera compiuta le modalità di svolgimento dei fatti.

Non vi sono dubbi, quantomeno a livello di gravità indiziaria, che Gennaro Presta, in data 1 agosto 2018, rivolgeva la richiesta estorsiva con oggetto l’ingente somma di denaro (30.000-50.000 euro) nei confronti di Mazzei.

Il Porcaro ricostruiva così la vicenda con l’Artese. 

Ricordava che era andato da lui Gennarino Presta il 12-13 agosto riferendogli che dieci giorni prima si era recato presso il call center e aveva parlato con un certo Mazzei, al quale aveva fatto una richiesta estorsiva da corrispondere a titolo di “regalo”. Riferiva che Mazzei nella circostanza aveva chiesto una settimana di tempo per vedere cosa poteva fare e che, trascorso tale periodo di tempo, si era nuovamente fatto vivo il Presta, al quale spiegava che il call center era di Ariosto Artese. Riferiva le dinamiche e le tempistiche dell’accaduto e si meravigliava che, vista la sua amicizia con Ariosto Artese, non avesse saputo niente di tutta questa storia, circostanza questa che gli aveva fatto sorgere il dubbio che il Mazzei stesse dicendo delle bugie e stesse usando il nome di Artese senza che lo stesso ne sapesse nulla.

Riferiva che tra il 22 e il 23 agosto si era recato a casa sua Carletto Drago ed avevano parlato della richiesta estorsiva di cui si discute, scambiandosi le rispettive perplessità sul fatto che Artese non fosse andato a parlare con lui ed ipotizzando che non lo avesse fatto perché aveva interessato qualche altro loro amico e in tale contesto menzionava Renato Piromallo.

Riferiva di avere incaricato Carlo Drago di informarsi e di fare chiarezza sulla situazione notiziando nel contempo Ariosto Artese che il Mazzei stava andando in giro a fare il suo nome. Riferiva di avere incontrato Renato Piromallo, il quale si lamentava tra l’altro del comportamento di Drago e dell’equivoco che si era creato. Riferiva che Renato, al fine di definire la faccenda, aveva parlato con Gennarino Presta, ed un certo Luigi, figlio di “banana”,

Riferiva di avere sentito delle voci su qualcuno che avrebbe preso di mira Ariosto Artese perché questi si stava occupando della situazione del parcheggio all’uscita dell’autostrada. Riferiva ad Artese che Renato si era mosso solo dopo che Carletto Drago aveva parlato con Ariosto ovvero dopo 20 giorni dall’evento ma che a quel punto la questione era stata già risolta attraverso l’involontario interessamento suo e dello stesso Carletto. Poneva l’accento su cosa sarebbe potuto succedere senza il loro interessamento (per esempio, atti intimidatori) dandogli un insegnamento su come andava gestita la situazione.

Il tenore delle conversazioni è chiaro e lineare, permettendo così di scandire le varie fasi del delitto e l’identificazione dei soggetti coinvolti. Tali dialoghi, dunque, integrano la gravità indiziaria della tentata estorsione, essendo intervenuti tra soggetti che non sapevano di essere intercettati, e che di conseguenza, senza alcun intento calunniatorio, si limitavano a raccontare fatti che avevano appreso direttamente dalla vittima, e precisamente dall’Artese. Deve sottolinearsi che anche il numero delle conversazioni con oggetto la richiesta estorsiva è tale da ritenere indubbiamente attendibile quanto riferito dagli interlocutori. In altri termini, il fatto che soprattutto il Drago e il Porcaro, ne avessero parlato in diverse occasioni, sia tra loro che con altri interlocutori, induce a ritenere che gli stessi avessero meramente raccontato un fatto, da loro conosciuto, in modo del tutto genuino. Del resto, sono loro stessi a definire la richiesta di denaro in termini di “chiamata estorsiva”, fugando ogni dubbio sulla natura di tale richiesta.

In ogni caso, che si tratti di estorsione lo si evince agevolmente sia dalle modalità con cui il denaro veniva richiesto, e cioè senza alcun titolo, sia del soggetto da cui proveniva la richiesta. Tale conclusione, inoltre, veniva avvalorata anche dalla reazione del Drago, del Porcaro e del Piromallo, che si sono attivati in difesa dell’Artese, non perché questi fosse una vittima innocente ma perché era un imprenditore a loro legato.

Porcaro riferisce i particolari del suo colloquio con Gennaro Presta. “Gli ho detto: guarda Gennarì …gli ho detto: “che è stato un amico sempre che è vicino a noi”. Gli investigatori, dalle intercettazioni, ricostruiscono il ruolo assunto da Ariosto Artese che “risulterebbe essere in continuo contatto con Drago, in ragione dello stretto rapporto di amicizia, nonché in ragione di alcune cointeressenze di natura economica”. Lo stesso Drago avrebbe coinvolto l’imprenditore in un’operazione relativa alla vendita, ad un negozio di gioielli ed orologi con sede a Roma, “di numerosi orologi di marca Rolex il cui valore complessivo veniva stimato in 80 mila euro”.

Porcaro nel corso di una telefonata a Carlo Drago riferisce anche di aver “evitato che gli Zingari incendiassero il locale di Artese: “No questi glielo accendevano … quindi … gli abbiamo evitato un danno… cioè gli abbiamo risolto il problema noi…”.

Ad Ariosto Artese viene contestato il reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Dall’episodio della tentata estorsione sono già emersi importanti elementi indiziari. Pertanto, a questo episodio vanno aggiunte altre emergenze indiziarie. In primis vanno considerate altre conversazioni che coinvolgono, di nuovo, il Porcaro e il Drago. In secondo luogo vanno richiamate le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e in particolare quelle di Mattia Pulicanò, Alberto Fusinato e Franco Garofalo.

Emerge chiaramente che Ariosto Artese è un imprenditore a disposizione del gruppo mafioso degli Italiani, traendo da questa “messa a disposizione” vantaggi personali. Seppure dalle dichiarazioni dei pentiti risultano addirittura profili che potrebbero integrare la partecipazione alla medesima associazione mafiosa, va rilevato che le intercettazioni del Porcaro e del Drago fugano ogni dubbio in merito alla corretta qualificazione della relazione che lega Artese alla criminalità organizzata. Ed infatti, se da un lato abbiamo il Fusinato (che ha affermato: “Alcuni appartenenti al clan, pertanto, e tra questi Carlo Drago, cognato di Franco Pino, Mario De Luca, Ariosto Artese ed altri seguirono Walter De Seta nel clan Muto, cui furono formalmente affiliati), che si riferiva all’Artese in termini di appartenenza e affiliazione, dall’altro abbiamo le affermazioni del Porcaro – che sono comunque molto gravi -, il quale utilizzando termini quali “amico vicino a noi”, “messo a disposizione”, e “un amico che è sempre vicino a noi”, ha chiaramente inteso qualificare tale relazione in termini riconducibili al concorso esterno.

Tale conclusione peraltro viene rafforzata anche da altre vicende quali quella estorsiva relativa ad un parcheggio di auto a Cosenza e all’intermediazione svolta dall’Artese tra il Porcaro e il Drago da un lato ed Eugenio Saullo dall’altro.

Ariosto Artese, per come riferito da Porcaro, è un imprenditore a disposizione del gruppo degli Italiani sia in senso soggettivo (inteso in termini di coadiuvazione in attività criminali quali estorsioni e usure) che oggettivo (mettendo a disposizione del gruppo criminale strumenti quali ditte a lui riconducibili). Del resto, l’imprenditore mirava esclusivamente a mantenere e coltivare relazioni con alcuni dei membri apicali del gruppo asservendosi agli stessi e al contempo traendo vantaggi come quello della protezione ambientale.