Rende, “Il concerto” di Radu Mihaileanu evento speciale al cinema Santa Chiara per la Festa della Musica

IL CONCERTO (FRANCIA-ROMANIA-BELGIO-ITALIA 2009) DI RADU MIHAILEANU È L’EVENTO SPECIALE IDEATO DA UGO G. CARUSO E REALIZZATO DA ORAZIO GAROFALO IN PROGRAMMA AL CINEMA SANTA CHIARA DI RENDE VENERDÌ 21 GIUGNO ALLE 21 PER LA FESTA DELLA MUSICA

Anche il Cinema Santa Chiara celebra quest’anno la Festa della Musica nel Solstizio d’estate, sottolineando così lo stretto legame che intercorre da sempre tra la Prima e la Settima Arte, ancora prima dell’avvento del sonoro.
Ad Ugo G. Caruso, storico del cinema, il titolo più congeniale per l’occasione è sembrato un film recente, da lui visto in occasione dell’anteprima alla Festa del Cinema di Roma quando a presentarlo fu lo stesso regista, festosamente accompagnato da un gruppo di musicisti gitani. Un film giustamente celebrato, ma forse non abbastanza visto rispetto alla sua grande qualità.

“Il concerto” (“Le concert”) è per molti versi un film autobiografico. O per meglio dire una metafora del difficile rapporto che sempre intercorre tra la libertà espressiva ed il potere.
Pochi sanno infatti che Radu Mihaileanu dalla Romania dovette emigrare in Francia negli anni in cui il regime di Ceausescu, tra le altre cose, impediva ovviamente anche la libertà di espressione artistica.

Figlio di un giornalista ebreo comunista che al ritorno dai campi di lavoro nazisti fu costretto a cambiare il suo nome da Mordechaï Buchman a Ion Mihaileanu, secondo le nuove direttive nazionaliste del regime comunista, il regista, emigrato in Francia, divenne popolare a livello europeo e mondiale nel 1998 grazie al successo internazionale e ai molti premi di cui fu insignito “Train de Vie”, nonostante lo spunto originale, ovvero l’ambientazione di una commedia in un campo di sterminio gli fosse stata “rubata” da Roberto Benigni, inizialmente scelto da Mihaileanu proprio per il ruolo di Schlomo, protagonista del film. Sappiamo poi che Benigni ne trasse un film furbo e commerciale cui arrise una grande quanto immeritata fortuna ma il cui valore reale sbianca decisamente di fronte all’autenticità e all’esito artistico di Train de vie.
La vicenda de “Il concerto” muove dalla Russia di Breznev ma allude alla Romania dell’egarca Ceausescu. La storia tratta dal soggetto di due giovani sceneggiatori, Hector Cabello Reyes e Thierry Degrandi, è vagamente ispirata a sua volta dalla figura del direttore d’orchestra Yevgeny Svetlanov.
In sintesi la trama è questa:
Andrei Filipov, grande direttore d’orchestra dei tempi di Breznev, per essersi rifiutato di licenziare i suoi musicisti ebrei è stato additato come un “nemico del popolo”, espulso dal Bolshoi o meglio retrocesso a custode del grande teatro russo.
La sua ultima esecuzione del concerto di Cajkovskij è stata interrotta a metà sul palco da un ottuso gerarca di partito. Per un puro caso o per volontà del destino, Andrei a distanza di quasi trent’anni, da semplice subalterno, intercetta un fax dell’ufficio del direttore del prestigioso Theatre du Chatelet. È così che decide di riprendersi la sua rivincita e di ricostruire la sua orchestra, seppur solo per una sera.
È l’inizio di un’avventura esilarante con una serie di personaggi uno più indovinato dell’altro. Il nuovo gruppo, tra mille difficoltà, arriverà a Parigi e commuoverà tutti con la perfetta armonia della musica. E il cerchio si chiuderà splendidamente con un concerto sublime e un abbraccio tra anime perse. Si ride e si piange molto, tra mille emozioni.

Accanto ad Andrei il suo fidato amico di sempre, Sacha, che suona ancora da dio il violoncello anche se per campare guida un’ambulanza. Completano il quadro Ivan Gavrilov, grande impresario ai tempi di Breznev e potente membro del partito, lo stesso che trent’anni prima ha interrotto il concerto ed ha spezzato la bacchetta di Andrei e tutte le sue speranze. Il suo francese, a dir poco particolare, è assolutamente straordinario ed alla fine è anche lui un uomo che ha smarrito per strada le proprie certezze.
L’unica outsider del gruppo è la bellissima e talentuosa Anne-Marie Jacquet, giovane promessa del violino.Sarà lei la chiave di volta della storia che racchiude il colpo di scena finale. Infatti, qualcosa di molto profondo lega il maestro e la ragazza. Nelle vicende umane di questa strana orchestra s’inserisce la Russia contemporanea, volgare e ruotante solo intorno al dio denaro. Ma riaffiorano anche i fantasmi di quella vecchia, dei gulag dove grandi artiste diventano pazze e suonano il concerto di Cajkovskij senza strumento tra la neve prima di morire al termine di inenarrabili privazioni e sofferenze.

Un grande film, lirico, poetico ma anche divertente nel senso più alto del termine. Se alla maggior parte degli spettatori Il concerto ricorderà certe atmosfere di Kusturica, in realtà il film si inscrive a pieno titolo in tutta una certa tradizione di commedia malinconica e cionondimeno divertentissima comune a diverse cinematografie dell’Europa dell’Est, dai cechi Forman e Menzel all’ungherese Péter Bácso, che ha finito di recente per contagiare il cinema romeno contemporaneo liberato dalle rigide maglie della censura. Ed è propria l’ironia, come in “Train de vie”, a sconfiggere la dittatura. I gitani suonano la loro musica e fanno sorridere la giovane Anne-Marie, distraendola dalle sue angosce. Lei è la bellissima ed intensa Melanie Laurent, che s’illumina mentre sul palco suona il suo violino prima di scoprire chi è veramente.

Straordinario Alexei Guskov/Andrei e con lui Dmitri Nazarov/ Sacha in un personaggio che incarna il grande valore dell’amicizia. Esilarante Valeri Barinov/ Ivan con i suoi siparietti. Ma bene anche gli altri del cast, tra cui i popolari interpreti francesi Miou Miou e François Borleand.

Come Gorbaciov, Mihaileanu restituisce alla Russia un patrimonio umano e intellettuale, rappresentato dal Concerto per Violino e Orchestra di Tchaikovsky diretto da Filipov che nell’epilogo diventa metafora evidente della relazione tra il singolo e la collettività. Positivo del negativo Wilhelm Furtwängler, celebre direttore della Filarmonica di Berlino convocato di fronte al Comitato Americano per la Denazificazione, l’Andreï Filipov di Alexeï Guskov è un fool, un’anima gentile dotata come lo Shlomo di Train de vie di un talento per l’arte della narrazione e della finzione che conferma la predilezione del regista per l’impostura a fin di bene e contro la grandezza del Male.

Ancora una volta è la musica ad accordare gli uomini.
In un’amichevole gara musicale tra due etnie perseguitate (ebrei e gitani) o nella forma del Concerto per Violino e Orchestra, due sezioni che formano un’irrinunciabile unità emozionale.
Insomma il film giusto per celebrare la passione per la Musica intesa nelle sue espressioni più alte, da recuperare o da rivedere con più gusto della prima volta.