Rende, le verità nascoste del Castello

LE VERITA’ NASCOSTE DEL CASTELLO DI RENDE

Finalmente uno squarcio di luce sull’istituzione del Museo Bilotti Ruggi D’Aragona nel Castello del centro storico di Rende. Uno squarcio di luce che sconfessa totalmente la narrazione dominante secondo cui a segnare per sempre il destino del vecchio maniero ci sarebbe una concessione, per ben 99 anni, in favore della famiglia Bilotti.

Con questa storia, lo ricordiamo, i cittadini di Rende sono stati persuasi a considerare il vecchio Castello nella sua ormai immutabile nuova natura di sede museale, e la supposta esistenza di una così vincolante concessione ha inibito sul nascere ogni altra possibile ipotesi di utilizzo, prima fra tutte quella di un ritorno della casa comunale nelle vecchie mura. Questa storia, altresì, è stata di fatto adottata, per omissione di smentita, dalle stesse amministrazioni comunali che in questi anni si sono succedute. Forse perché il vincolo che ne derivava ha sempre “fatto gioco”, soprattutto per via della sua abnormità temporale, al fine di blindare la nuova dislocazione (sempre discussa e, per molti aspetti, discutibile) della casa comunale nella struttura di fianco alla Chiesa di San Carlo Borromeo, a scapito di ogni “velleitaria” pretesa di riportarla nel suo storico e più degno contesto.

Ma come stanno davvero le cose?

L’associazione SPAZIO APERTO 1495 è andata alla ricerca della verità, non solo per fare chiarezza ma anche per verificare la possibilità concreta di realizzare uno dei punti cardine del suo programma politico, cioè ripristinare il vecchio Castello per adibirlo nuovamente a sede comunale, a distanza ormai di oltre dieci anni dal suo spostamento a valle.

Dalle ricerche effettuate sono emersi clamorosi retroscena di cui si ignorava ogni dettaglio. Ma iniziamo con ordine: nel 2012 il dott. Vincenzo Bilotti, mecenate e padre di Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona, non si fa scrupolo di esigere crediti vantati nei confronti del Comune di Rende, che il Tribunale di Cosenza riconosce legittimi ingiungendo il Comune stesso a pagare prima la somma di € 116.586,93 (D.I. n. 35/2012) e poi di € 114.009,12 (D.I. n.1900/2012). Fin qui nulla di strano: un cittadino vanta un credito presso un ente, per avere fornito un servizio, ed è giusto che venga pagato anche ricorrendo alle preposte autorità. Ma ciò che accade successivamente, lascia basiti per la palese contraddittorietà degli eventi che si susseguono.

Dopo avere soddisfatto le sue legittime pretese, mediante intervento dell’autorità giudiziaria, il dott. Roberto Bilotti Ruggi D’Aragona, in proprio e per conto dei suoi fratelli, tutti figli del compianto dott. Vincenzo Bilotti, imprenditore e mecenate artistico, manifesta l’intenzione di cedere al Comune di Rende, a titolo gratuito, una serie di opere d’arte che i Bilotti dichiarano avere considerevole valore, ma sempre per effetto di perizie da loro commissionate. Per una curiosa sequenza temporale, il magnanimo proposito filantropico, manifestato con nota acquisita al prot. Comunale n. 9428 del 11/03/2013, segue immediatamente una sentenza del TAR Calabria (sentenza n. 178 del 20/02/2013) che condanna il Comune di Rende al pagamento del primo dei due decreti summenzionati (quello di € 116.586,93). Il Comune accetta ugualmente la donazione, e a fronte della stessa istituisce il Museo Comunale “Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona” con deliberazioni della giunta comunale dell’allora sindaco avv. Cavalcanti, l’ultima delle quali (la prima è la n. 21 del 26/03/2013 e la seconda è la n. 45 del 07.06.2013) assunta a pochi giorni dalle sue dimissioni, presentate il 10 Giugno 2013.

Non vogliamo soffermarci più di tanto sulla evidente antinomia del gesto donativo che, sovrapponendosi a quello esecutivo, pone in essere una successione di atti quantomeno inopportuna. Anche perché, scavando alla ricerca di ulteriori fatti, spuntano fuori altre sorprese che arrivano a rendere addirittura paradossali gli intenti filantropici di una famiglia che si prodiga nella elargizione di opere d’arte a favore di un ente contro il quale, contestualmente, ingaggia una furiosa e incessante azione giudiziaria per rivendicare altre, pur legittime, spettanze. A tal proposito citiamo solo una ulteriore causa contro il Comune di Rende, che rinveniamo da una Determina Dirigenziale (n.152 del 24/02/2014) con cui si conferisce incarico a difendere in sede giudiziaria il Comune stesso nella vertenza promossa, insieme ad altri, dalla Sig.ra Schultz Margaret, vedova del compianto dott. Bilotti.

Ma ci preme di più, dicevamo, indagare sulla reale natura della donazione e sugli effetti che essa produce riguardo all’uso attuale del Castello e alla possibilità che i cittadini, legittimi proprietari dello stesso, possano tornare a disporne per via delle normali procedure democratiche di decisione politica. Ebbene, dopo attenta, scrupolosa lettura degli atti, non si rinviene alcuna concessione a favore degli eredi Bilotti, per via della donazione da essi effettuata a favore del Comune. La donazione, è vero, ha comportato apposita intitolazione dell’intero edificio del Castello Normanno-Svevo, diventato ”Museo Bilotti Ruggi d’Aragona”, in considerazione, dicono i mecenati, dell’importanza artistica e storica delle opere e per riconoscenza verso la generosità che la famiglia Bilotti mostra a favore della collettività di Rende. Ma, a leggere e a rileggere, la reale portata dei vincoli che la stessa donazione impone sull’antico Castello, non c‘è nulla di così compromettente: certamente nulla che abbia a che fare con la fantomatica concessione di 99 anni di cui si è sempre accettata ma mai verificata l’esistenza. E nessun altro rigido vincolo si evince, tale per cui la destinazione presente e futura dell’antico maniero sarebbe irrimediabilmente compromessa. Il contratto di donazione stabilisce solo che il “generoso” lascito possa essere revocato a seguito della rimozione, di tutta o di parte, della collezione donata oppure se viene meno l’intitolazione dell’intero edificio a Bilotti Ruggi D’Aragona.

C’è da dire, oggettivamente, che la revoca della donazione, unica e sola condizione vincolante, non costituirebbe un dramma per la collettività, e tantomeno per la comunità del centro storico, a cui l’indotto generato dalla destinazione museale del Castello avrebbe dovuto garantire un “ritorno sociale ed economico” che ancora stanno tutti aspettando. Anzi, a dirla tutta, il modo in cui la generosità dei Bilotti si è tradotta in un beneficio concreto per il vecchio borgo e per la sua comunità, si evince chiaramente anche dallo stato di abbandono e di degrado in cui versa Palazzo Bucarelli, ex sede del Ristorante Pantagruel, che per gli accordi sanciti (per i quali l’istituito museo, previa necessità, può accorpare altri ambienti individuati tra gli immobili storici e di pregio nei pressi del Castello) è diventato anch’esso sede museale. Più precisamente: il Museo Bilotti Ruggi D’Aragona Ceramica di Calabria, che non è visitabile, ha il campanello d’ingresso divelto, non ha orari né giorni di apertura; insomma, più che un museo, è un vero e proprio deposito.

Siamo ancora in tempo, sostiene l’associazione SPAZIO APERTO 1495, per rovesciare gli esiti di questa triste vicenda e per impedire che il depauperamento del suo storico cuore istituzionale sancisca il terminale decadimento dell’intero borgo. Smentire l’esistenza di un vincolo che spalanca prospettive finora negate da questa grande menzogna è solo il primo passo. Ma in prospettiva, ci conforta anche la nota regionale n. 0256679 del 02/08/2013 che, ricollocando il finanziamento di € 1.500.000,00 destinato al restauro conservativo del Castello, prevede la destinazione a polo museale solo di una parte della struttura, per cui anche a seguito dei lavori di restauro, ormai imminenti, il Castello potrebbe tornare presto fruibile per attività istituzionali e per il collocamento di uffici pubblici nei quali sarebbero garantiti tutti gli standard sanitari e di sicurezza. Nella speranza di poter pianificare quanto prima interventi di recupero più consistenti, in grado di riconsegnare, non solo al centro storico ma alla città tutta, la gloriosa struttura del Castello Normanno-Svevo nuovamente come sede della casa comunale.

SPAZIO APERTO 1495

IL COMITATO DIRETTIVO