Rende, Manna&Munno meglio di Cetto

E Munno fu. Eravamo alla fine del mese di gennaio del 2017, erano appena terminate le farlocche elezioni provinciali, tanto inutili quanto lo sono questi enti sottratti al controllo dei cittadini, e Marcello Manna allora ancora soltanto quaquaraquà in attesa di passare al rango di “Mazzetta”, aveva nominato i primi due assessori del suo ennesimo rimpasto.

Si trattava di Pierpaolo Iantorno, ribelle della prima ora zittito con un posto in giunta e che poi si sarebbe ribellato di nuovo andando via e sbattendo la porta e dell’immarcescibile “pistolero” ex assessore di Umberto Bernaudo, tale Pino Munno, che ha condiviso con Manna l’onta del primo arresto della Dda e che oggi è stato arrestato di nuovo persino dalla procura di Cosenza, notoriamente la procura più corrotta d’Italia. Che non a caso non è proprio riusicta a “ottenere” il secondo arresto per Manna, che come tutti sanno è un vecchio compagno di merende del procuratore Gattopardo di Cosenza.

Si sa, la politica ha le sue regole ed i suoi metodi, ma questa nomina rischiava di far saltare anzitempo il già stanco ed inutile sindaco quaquaraquà e mazzetta, Pino Munno aveva già dato prova delle sue capacità, della sua “cultura”, vasta ed accademica e si era distinto (!) per coerenza e riconoscenza, ad esempio verso Sandro Principe, che gli aveva consentito di passare dall’anonimato di “Concistocchi” ai fasti del potere amministrativo.

Munno è l’emblema di ciò che la politica non dovrebbe essere. Affarismo e mediocrità. Ed allora perché il sindaco lo nominava? Perché dopo i disastri finanziari e delle procedure lo riportava li da dove l’aveva cacciato Bernaudo? Perché, nonostante le voci di pesanti inchieste ancora aperte, Manna era costretto a fare questa scelta, che lo consacrava definitivamente al più vomitevole andazzo?

La risposta è ed era semplice: Manna era sotto ricatto e non avendo le palle né la statura brancolava, cedeva, anche a costo di dover prendere atto che la scelta di costui si sarebbe rivelata un boomerang, una pericolosa deriva.

Pino Munno

Munno è l’anticamera dell’indecenza, della peggiore proiezione dei ricatti, delle camarille, del disprezzo di ciò che i cittadini chiedono ed hanno chiesto allo stesso Manna. Eppure questo assessore “si doveva fare” come l’ordine manzoniano dei bravi al debole e piegato parroco.

Già, Don Abbondio.

Lui, come Don Abbondio, cede alla violenza dei “bravi” rendesi. Signorotti che lo minacciano, lo ricattano. O forse lui stesso, come Don Rodrigo, esalta la violenza, la propugna e la eleva a pratica istituzionale? Con Manna tutto è possibile: tutto e il contrario di tutto. Anche lui, come tanti politici di casa nostra, dottor Jekyll e mister Hyde.

In un quadro, però, molto più fosco della nebbia che circondava il lago di Como e che a Rende parte da Santa Rosa fino ad avvolgere via Rossini. Corsi e ricorsi della storia, anche di quella meschina, logora, con personaggi nani che non hanno nemmeno le ballerine delle varie Repubbliche.

Il neo assessore nel 2017 era entrato nel bel municipio rendese, capolavoro di impegno ed ingegno urbanistico, con la pistola sotto la cintola. Esattamente come faceva Cetto Laqualunque sul palco del comizio aprendo la giacca.

E poi, perché camminare con una pistola? Si sente in pericolo? O vuole mostrare la forza della violenza come faceva Cetto? E per quale ragione? Immaginiamo le stesse del grande personaggio di Antonio Albanese. Ci dicono che l’esibizione della Colt è un’abitudine quotidiana, sia che si tratti di andare a messa, sia ad una riunione in compagnia del Cinghialotto rendese… Beh, adesso che l’hanno finalmente beccato forse sarà “giustificato” e passerà alla storia per sempre come il “pistolero”. A futura memoria.