di Giulio Bruno
Il presidente f.f. della Regione Calabria, tale Nino Spirlì, dopo aver appreso della sentenza di condanna a 13 anni di carcere e 700.000 euro inflitta a Mimmo Lucano, è andato giù pesante affermando che “la Calabria non sentirà la mancanza di un truffatore come Lucano”.
Ora, che lo spessore politico di Spirlì sia pari a quella “fioritura algale” con cui i suoi brillanti esponenti di giunta avevano definito la merda galleggiante sul Tirreno cosentino, è cosa piuttosto nota e poco originale. Insomma, anche lui è un eufemismo di “sostanza di colore variabile tra il marrone scuro e il giallo Terra di Siena”. Ma è dal punto di vista umano che tale Spirlì conferma tutto il proprio immenso bagaglio culturale, usando disprezzo e vomitando volgarità e veleno (“la fiction Rai su Lucano va buttata nel cesso”) come, peraltro, in circostanze passate aveva già dimostrato di saper fare.
Lucano è un delinquente che ha offerto umanità e accoglienza a poveri disgraziati in fuga da posti dove, tra le altre cose, Spirlì sarebbe stato giustiziato per i suoi legittimi orientamenti sessuali; Morisi, al contrario, è un benefattore dell’umanità che organizzava festini a base di droga pagando escort rumeni allo scopo di regalare loro qualche ora di spensieratezza e serenità.
Il nesso causa ed effetto: la macchina del fango, da anni, si abbatte regolarmente anche su Lucano grazie alle virtuose elaborazioni semantiche di Morisi e di quelli come lui.
Diciamocela tutta: è di uno come Spirlì che la Calabria non sa che farsene, è di uno come Spirlì che non sentiremo la mancanza, è di uno come Spirlì che faremmo volentieri a meno esattamente come quella pseudo “fioritura algale” che tanto gli somiglia