Rifiuti scaricati e riciclaggio, sequestro di 22 milioni. Il deus ex machina è l’imprenditore cosentino del clan Forastefano

La Calabria oggi s’è svegliata con l’eco di una importante operazione portata a termine dalla Dda di Catanzaro, che ha sequestrato 22 milioni ad un imprenditore del Cosentino, con interessi nella Sibaritide ma soprattutto a Roma e nel Lazio. L’imprenditore in questione è Giuseppe Borrelli, 52 anni. Il provvedimento è stato stato disposto su iniziativa del procuratore antimafia di Catanzaro, Nicola Gratteri, e del pm Distrettuale Alessandro Riello. L’imprenditore è stato stato coinvolto anche in una inchiesta della procura di Roma su una serie di presunti ecoreati. Nell’occasione è stato stato oggetto di una misura cautelare. Era il 14 dicembre 2021 e le cronache si erano ampiamente occupate della vicenda. 

DAI LIQUAMI DI ACEA AMBIENTE ALL’IMPRENDITORE VICINO ALLA ‘NDRANGHETA: 8 ARRESTI DELL’ANTIMAFIA

Traffico e smaltimento illecito di rifiuti: dalla denuncia di Acea Ambiente di Aprilia alla galassia di società di un uomo in odore di ‘ndrangheta

di Bernardo Bassoli

Fonte: Latina Tu (https://latinatu.it/dai-liquami-di-acea-ambiente-allimprenditore-vicino-alla-ndrangheta-8-arresti-dellantimafia/)

È di ieri mattina (14 dicembre 2021, ndr) l’operazione della Polizia di Stato che ha eseguito, tra il Lazio e la Calabria, misure cautelari, sequestri preventivi e perquisizioni domiciliari nei confronti di un folto numero di persone gravemente indiziate di appartenere ad un’associazione per delinquere dedita al traffico illecito di rifiuti, altri delitti contro l’ambiente e truffa ai danni dello Stato.

Il Giudice per le indagini preliminare di Roma Andrea Fanelli, su richiesta del sostituto procuratore della Procura capitolina Albero Galanti, ha firmato una corposa ordinanza che ha disposto diverse misure cautelari, per lo più verso persone originari della provincia di Cosenza ma operanti tra Roma, Pomezia, Ariccia e Aprilia, oltreché a un sequestro preventivo di beni mobili e immobili, per equivalenti, di circa 3 milioni di euro.

Finisce in carcere, Giuseppe Borrelli, 51enne di Altomonte (Cosenza), ritenuto effettivo titolare delle società Moter srl, con sede ad Ariccia in Via di Mezzo e Eco-ter srl, con sede a Via Copenaghen a Roma, la prima delle quali aveva vinto l’appalto per lo smaltimento dei rifiuti liquidi provenienti dall’impianto Ex Kyklos,, oggi gestito da Acea Ambiente in Via Ferriere ad Aprilia (impresa esercente il servizio pubblico di depurazione dei rifiuti urbani), da cui è partita la denuncia di irregolarità. Le attività di indagine, per quanto riguarda l’area pontina, sono state condotte dalla Squadra Mobile di Latina e dalla Polizia Stradale di Latina e Umbria, proprio a partire dalle prime osservazioni effettuate dal responsabile dell’impianto dell’ex Kyklos e da un dipendente dello stesso su eventuali irregolarità di smaltimento dei liquami prodotti dall’impianto apriliano.

Accortisi delle succitate irregolarità nei formulari e verificato che la G.S.A. e la Berg, le società che avrebbero dovuto accogliere i liquami, avevano disconosciuto oltre 6 scarichi di rifiuti. Scarichi di rifiuti che la Moter avrebbe dovuto trasportare da Acea Ambiente nei siti gestiti dalle due società.

Gli investigatori, anche tramite Gps e servizi di pedinamento, hanno seguito gli automezzi (un trattore stradale e un semirimorchio) della Moter srl con cui venivano trasportati i liquami da stoccare nelle discariche e prelevati da Acea Ambiente. Ebbene, il tragitto degli automezzi, uno dei quali guidato da uno degli arrestati odierni, Ioan Sosan di origine rumena, così come ricostruiscono gli investigatori, dimostra un giro che porta i liquami dell’Acea non nella discarica preposta (in questo caso presso al sede della società ciociara Berg Spa) ma direttamente ad Ariccia, sede della Moter srl stessa, dove, nei pressi di un capannone, venivano scaricati i medesimi liquami in maniera irregolare e altamente inquinante. Rifiuti che venivano scaricati sui terreni e nelle fogne.

In certi casi, gli automezzi non si recavano proprio a Frosinone per scaricare i liquami alla Berg Spa; in altre circostanze, vi era una palese difformità tra quanto indicato nel formulario di certificazione del rifiuto e persino il timbro della Berg Spa, la società che gestiva il sito dove sarebbero dovuti arrivare i rifiuti, risultava non conforme all’originale. Irregolarità anche nella ricevuta della pesa rilasciata sempre dalla società Berg. Ufficialmente si scaricava in Ciociaria ma, incrociando tragitto dei mezzi, formulario e timbro, gli investigatori hanno appurato che i liquami venivano sversati ad Ariccia, nella sede della stessa società. Evidente, fosse confermata l’ipotesi accusatori, il risparmio economico a danno del corretto smaltimento dei rifiuti.

Quando arrivavano gli automezzi nell’area gestita dalla Moter srl, ad Ariccia, gli investigatori, tramite video-sorveglianza, appuravano dalle immagini registrate che alcuni addetti della ditta, con diversi autoarticolati adibiti a spurgo degli impianti fognari e cisterne, avrebbero alzato un tombino nel piazzale interno e, dopo avere collegato un tubo al serbatoio del mezzo, ne avrebbero sversato il contenuto dentro il condotto fognario o nel terreno circostante i capannoni. Eventi – annota il Gip nell’ordinanza – si rilevavano con cadenza pressoché giornaliera.

In uno degli episodi circoscritti dagli investigatori, Ioan Sosa, conducente di uno degli automezzi, riceveva una telefonata da un dipendente della Moter srl, il geometra Giuseppe Bruno (52 anni), il quale gli diceva che vi era urgente necessità di effettura uno spurgo a Fiumicino in quanto stava subendo pressioni da parte del Sindaco e del Presidente della Regione Lazio.

Bruno: “Allora senti che se mi organizzo tu potresti andare con la cisterna a fare un’aspirazione…a Fiumicino perché mi hanno chiamato, c’è il Presidente della Regione e il sindaco…un casino”.
Sosa: “Ho capito se ti serve io vengo”.
Bruno: “Con la cisterna grande riempiamo la strada e vediamo di pulirli un pochettino…”
Sosa: “Ma poi per svuotare dove li svuotiamo dopo, Giuse’? Che lunedì mi serve”.
Bruno: “Al cantiere”.

Borrelli, secondo gli investigatori, grande accusato dell’indagine odierna, è l’imprenditore di riferimento della cosca di ‘ndrangheta Forastefano. Il cosentino tramite acquisizione o creazione di alcune aziende nel comprensorio romano, molte delle quali intestate a prestanome, avrebbe avviato una fiorente attività di gestione illecita dei rifiuti, pur essendo destinatario di due interdittive antimafia risalenti nel 2016 ed emesse dall’Ufficio Antimafia della Prefettura di Cosenza. Secondo quest’ultima, esistevano a carico della società “Giuseppe Borrelli Group srl”, con sede calabra a Cassano dello Jonio, e della società “Elog srl”, sempre ubicata in Calabria (Rossano), elementi per far ritenere comprovati tentativi di infiltrazione mafiosa. Un provvedimento che colse Borrelli insieme a Giuseppina Forastefano (indagata anche lei nell’operazione odierna) e ai figli della medesima, avuti dal capocosca Federico Faillace, ucciso in un agguato mafioso nell’agosto del 2009, e che dispose un sequestro beni così come stabilito dal Tribunale per le Misure di Prevenzione di Cosenza.

Sulla contiguità dell’imprenditore cosentino alla cosca Forastefano gli investigatori sembrano non avere dubbi: Borrelli è ex convivente delle ex compagna del capo cosca Faillace, Giuseppina Forastefano. Peraltro le figlie di Borrelli e Giuseppina Forastefano risultano entrambi indagati avendo avuto ruoli nelle società coinvolte. Ma non è finita perché, ad oggi, Borrelli sarebbe contiguo anche alla cosca “Bevilacqua/Abbruzzese”, avendo un rapporto di convivenza con una donna della famiglia Bevilacqua. Per il legame con i Forastefano, Borrelli e l’allora compagna Giuseppina Forastefano (sorella del capo clan Antonio, anche lui deceduto in un agguato mafioso nel 1999 a Sibari Marina in Calabria) furono indagati nell’ambito dell’operazione Omnia risalente al 2007

È proprio nel corso dell’indagine della Polizia di Latina che vengono acquisiti gli atti investigativi di un procedimento penale condotto dal Commissariato di Castrovillari in Calabria dai quali si evince l’interessamento di un imprenditore edile, Pasquale Bauleo attuale Presidente del Consorzio Technology Altomonte 2000 che gestisce la centrale Edison di Altomonte. Francesco Di Marco, indagato nell’indagine odierna, per reati di intestazione fittizia di beni in concorso con Borrelli è consigliere e vice-presidente del succitato Consorzio.

Nel corso delle telefonate captate dai poliziotti, Borrelli diceva a Bauleo: “Festeggia, Roma Capitale è nostra“. Il cosentino si riferiva all’appalto dello svuotamento vasche di rifiuti liquidi posizionate nei campi Rom della Capitale; un appalto affidato alla Moter srl, ma poi gestito dall’altra società riconducibile a Borrelli, la Ecoter srl. Calcolano gli investigatori, citando la determina del Comune di Roma datata 11 agosto 2017, che Borrelli avrebbe maturato un fatturato giornaliero di 72 euro a tonnellata di rifiuto: moltiplicato per 80/90 tonnellate si arriva fino a 6500 euro al giorno, al netto dei costi di trasporto.

Non solo Borrelli però perché, nell’operazione odierna, il Gip Fanelli ha disposto i domiciliari per altre persone considerate nel giro di società dell’uomo originario di Cosenza: si tratta dal Dottor Vincenzo Lucchetti ufficialmente ideatore della Ecoter ma ritenuto collaboratore stretto di Borrelli, Giuseppe Bruno (responsabile dell’attività di video ispezione e spurgo delle fognature per l’Ater di Roma e i campi nomadi), Ioan Sosa (dipendente Ecoter), Victor Hreapco (dipendente Ecoter), Domenico Civale (dipendente Ecoter), Carlo Buono (dipendente Ecoter) e Salvatore Luigi Di Callo (dipendente Ecoter). Divieto di esercitare attività imprenditoriale, invece, per Santo D’Amato, considerato il braccio destro e prestanome di Borrelli, e Gloria Vieri di Pomezia, factotum di Borrelli: entrambi amministratori della Ecoter srl.

Inoltre, è stata sequestrata una somma di circa 8mila euro alla Moter srl e posto i sigilli alla Ecoter srl e a una somma ingente di denaro relativo alla Ecoter medesima (oltre 2 milioni di euro). Sotto chiave anche terreni e fabbricati riconducibili a Borrelli e agli altri indagati, alcuni dei quali teste di legno dello stesso Borrelli, considerato a capo dell’associazione.

Tutta l’indagine è stata coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma e comincia dall’attenzione degli investigatori rivolta alla società Moter srl che avrebbe dovuto trasportare i liquami alle discariche autorizzate per le procedure di smaltimento (tipo alla Berg delle provincia di Frosinone) e invece avrebbe sversato rifiuti e fanghi su terreni o in pozzetti fognari della rete pubblica (ad Ariccia e Pomezia), senza il preventivo trattamentoapponendo sui formulari di identificazione rifiuti (F.I.R.) falsi timbri delle società autorizzate allo smaltimento dei liquami, allo scopo di attestare il “ciclo del rifiuto” ed ottenere i pagamenti delle prestazioni da parte di Acea Ambiente e dal Comune di Roma, enti che avevano appaltato il servizio.

Come da contratto, lo smaltimento dei rifiuti doveva avvenire presso centri autorizzati scelti da Moter srl, non prima dell’approvazione di Acea Ambiente Srl che rilasciava apposito nulla osta. Solo che la Moter srl, in sede di stipula, aveva indicato come centro di smaltimento quello gestito dalla ditta G.S.A. con sede a in provincia di Viterbo.

La Moter srl aveva vinto anche altri appalti pubblici con enti locali romani, tra cui quello avente ad oggetto lo smaltimento di liquami provenienti dai campi rom capitolini di La Barbuta (Ciampino) e Castel Romano. Ad un certo momento delle indagini, il centro della presunta attività delittuosa si sposta dalla sede di Ariccia in capo alla Moter srl verso l’area e il capannone della Ecoter ubicati a Via dei Ranuncoli a Pomezia. Anche lì, in maniera affine che ad Ariccia, i veicoli dell’autospurgo, così come documentato dalla Polizia, effettuavano quello che il Gip definisce “il solito sversamento illegale di rifiuti all’interno di un tombino situato dentro il capannone adibito ad autorimessa e ufficio, presumibilmente previo collegamento un tubo di scarico alla rete fognaria“.

L’indagine ha poi fornito elementi per l’ulteriore contestazione agli indagati dei reati di intestazione fittizia di beni ed autoriciclaggio. Secondo gli inquirenti gli ingenti flussi di capitali provenienti dal traffico illecito di rifiuti sarebbero stati reimpiegati nei circuiti economici legali. Tanti i passaggi societari e le cessioni societarie e di ramo d’azienda riconducibili sempre allo stesso gruppo, anche perché Borrelli, destinatario delle interdittive antimafia, avrebbe tentato così di eludere i controlli. È da quel 2016, anno delle interdittive, che Borrelli, infatti, decide di abbandonare l’area calabra per spostare il suo centro di interessi imprenditoriali a Roma. Il cosentino si circonda, comunque, al fine di assumere teste di legno per le sue società, di personaggio della terra natia, alcune delle quali contigue loro stesse a ‘ndrine di Cosenza.

Indagati anche Marzia Creti di Albano Laziale, amministratrice della società Moter srl, di fatto gestita da Borrelli; l’ingegner Domenico Spingola, collaboratore di Borrelli e all’attenzione per intestazione fittizia di beni; Francesco Di Marco, Elvira Di Marco, Franco Aieta, Enio Bruno soprannominato “El Gringo”, Domenica Nardi, Riccardo Russo, Giusy Borrelli, Benedetta Alexa Borrelli, Giulio Cacciotti, Angelica Faillace, Michele Sibarelli (considerato prestanome di Borrelli), fidanzato di una delle figlie di Borrelli e figlio del pluripregiudicato Antonio Sibarelli tratto in arresto per associazione mafiosa nell’inchiesta “Omnia” (coinvolto in due indagini insieme a esponenti del Clan calabro dei Forastefano), e Augusto Terenzi di Ardea che amministra una società, WASP.IT srl, attenzionata perché avrebbe visto l’ingresso di Borrelli sotto le mentite spoglie di altri suoi fiancheggiatori.