Rinascita Scott, il pentito Mantella non ha dubbi: “Giamborino, ‘ndranghetista e pupillo di Luigi Mancuso”

Pietro Giamborino

E’ stato Pietro Giamborino, già consigliere regionale, a finire sotto i riflettori nel corso dell’udienza del processo Rinascita Scott che si è tenuta nella giornata di ieri al Tribunale di Cosenza, competente per un troncone del procedimento. Il pubblico ministero Andrea Mancuso, infatti, ha messo sotto esame tre collaboratori di giustizia, in relazione alla vicenda che riguarda il politico.

Il primo è stato Raffaele Moscato, esponente dei Piscopisani, pentito dal 2015, dopo essersi affiliato nei cinque anni precedenti. “Sono stato -ha detto Moscato – l’esecutore materiale dell’omicidio Patania, mentre in Rimpiazzo sono stato condannato per tanti capi d’imputazione. I capi erano Rosario Battaglia e Rosario Fiorillo, i quali davano le indicazioni su come muoversi”. E ancora: “Scrugli ha dato la vita per me, eravamo molto amici. Salvatore Morelli? Era un personaggio di spicco del gruppo Mantella. Ho sempre partecipato alle dinamiche dell’associazione. Aggiungi che i Piscopisani, che operano soprattutto nel Vibonese, avevano altri rapporti con consorterie mafiose di ‘ndrangheta sia in Calabria che in altre regioni italiane. Loro erano in contrapposizione con buona parte dei Mancuso, specialmente contro Pantaleone, alias Scarpuni”.

I Piscopisani, secondo Moscato, commettevano vari reati, quali estorsioni. Chi non si metteva in regola, subiva atti intimidatori. Poi la questione su Pietro Giamborino, ex consigliere regionale della Calabria. “C’erano indicazioni nel sostenerlo, come mi disse Rosario Battaglia”, ma nel controesame, sostenuto dall’avvocato Enzo Belvedere, Moscato ha riferito di non aver mai votato alle elezioni, neanche a quelle del 2010. Il pentito nel nuovo esame del pm Mancuso ha spiegato che i 400 voti a Giamborino, dovevano essere portati da “Giovanni Battaglia, fratello di Rosario. Giamborino fu votato da centinaia di persone a Piscopio, io ad esempio prendevo i miei parenti e i miei amici e indicavo la persona da sostenere, senza pagare nulla”.

Infine il presidente Ciarcia ha chiesto ulteriori spiegazioni al testimone circa i presunti favori alla cosca di Piscopio. “Alcune ditte prendevano appalti per il tramite dei politici, ma nello specifico non posso dire nulla, in quanto ero in carcere. Ribadisco che Battaglia mi disse che Giamborino era un “malandrino”, perché io da “battezzato”, dovevo sapere chi fossero gli altri. Chi prendeva l’appalto era consapevole che una parte delle somme dovevano andare alla cosca. Sono comunque fatti di cui abbiamo parlato in un periodo circoscritto”.

Bartolomeo Arena

“Ho collaborato con la giustizia perché volevo dare un futuro migliore a mio figlio. Nel mondo della ‘Ndrangheta fui introdotto da Domenico Camillò, volevo creare un gruppo indipendente rispetto agli altri che c’erano a Vibo Valentia. Tutti i miei parenti erano già inseriti, come mio padre Antonio, vittima di “lupara bianca” negli anni ‘80”, ha dichiarato in apertura il pentito Bartolomeo Arena

Quanto a Giamborino, il collaboratore di giustizia vibonese ha detto che “era un uomo d’onore ed era sostenuto da gran parte delle cosche”.

Andrea Mantella

“Io mi identifico in un pentito, se sono un collaboratore lo dovranno dire i giudici. Ora voglio dare giustizia alle persone che sono state vittime del sottoscritto. Sono stato condannato per diversi omicidi -ha esordito Mantella – tra i quali Cracolici e Belsito. A 17 anni avevo già commesso diversi delitti di sangue, facendo parte del gruppo “Lo Bianco-Barba”. L’iniziazione è stata una formalità, il mio ingresso è riconducibile agli anni ‘80”. Poi Mantella spiega che voleva togliere lo scettro ai Mancuso, creando altre alleanze sul territorio. “Ne venne fuori una violenta guerra con assassini. Le mire espansionistiche affiorano nel 2003, avendo avuto un appoggio militare dei Giampà di Lamezia Terme, che eseguirono l’omicidio Franzoni. Oggi sono una persona sola, perché sono stato ripudiato dagli altri miei parenti”.

E ancora: “Il mio gruppo era composto da Francesco Scrugli, che era fidanzato con mia sorella Raffaella, Francesco Fortuna, Domenico Bonavota e Salvatore Mantella. Era un sodalizio di qualità. Dal 2000 al 2011 non ho fatto più di 11-18 mesi di carcere. Godevo di appoggi masso-mafiosi”. Nel 2005 “faccio un periodo di latitanza”, poi “vengo catturato nel 2006 dai Cacciatori di Calabria, e torno ai domiciliari da dove prendo le redini del gruppo”. Inoltre cita la questione “Villa Verde”, processo definito per ora solo in primo grado. “Mi sono avvalso di quella “barzelletta” per continuare a comandare, anche dalla clinica vicino Cosenza, dove abitavo con la mia ex compagna, una volta uscito dalla struttura sanitaria”.

Su Giamborino Mantella ha detto: “Il mio capo non apriva la bottiglia di champagne fin quando non arrivavano i parenti di Pietro Giamborino, su cui riferirò quando lei mi farà domande”. E ancora: “Pietro Giamborino? Riduttivo definirlo ndranghetista, lo vedevo con lo zio nelle feste comandate, a casa di Carmelo Lo Bianco. È stato costruito per essere uno degli “invisibili”. Lui era il pupillo di Luigi Mancuso e Saverio Razionale”. E ribadisce che Giamborino “è un riservato della ‘Ndrangheta, perché la ‘Ndrangheta si è evoluta, non è più coppola e lupara”.

Nel 2003 “Vibo Valentia e Piscopio dovevano essere rappresentati in Parlamento. I gruppi votavano tutti per Giamborino, di lui posso dire anche che nel 2009 chiesi a Razionale di parlare con Pellegrino, per la raccolta dei rifiuti, aiutandomi a guadagnare nel settore, mettendo due camioncini, che erano intestati a un certo Vazzana. La questione dei voti a Giamborino non ricordo da chi parte, ma me lo riferì Razionale, spiegandomi che era un nostro “amico”, un masso-mafioso. Tutta la ‘ndrangheta in senso unitario ha votato Giamborino, ai tempi avevano uno strapotere assoluto i Mancuso, e soprattutto non c’era alcuna guerra tra clan”.