Abbiamo lasciato Robertino Occhiuto nel 2007, forte della sua carica di vicepresidente del consiglio regionale in quota Udc. La grande abbuffata delle assunzioni a chiamata diretta di Sviluppo Italia (Robertino e il posto all’ex moglie a Sviluppo Parenti) ha rasserenato gli animi nelle paranze in vista delle elezioni politiche del 2008, dove il più giovane degli Occhiuto – che ormai ha messo su famiglia – ha pianificato la sua scalata alla Camera, a coronamento del percorso da Prima Repubblica che prevedeva tutti i passaggi: dalla circoscrizione al Comune, dalla Regione a Montecitorio. Ed è passata alla storia la pax siglata da Pino Gentile e Roberto Occhiuto all’Holiday Inn di via Panebianco, immortalata nella foto di copertina nella quale i due fanno i pagliacci per i media. Uno “spettacolo” di una tristezza infinita.
Alle elezioni politiche del 2008 Roberto Occhiuto viene candidato ed eletto alla Camera dei Deputati tra le liste dell’Udc-Unione di centro nella circoscrizione Calabria e di conseguenza lascia la Regione, dove ha bivaccato per otto anni senza lasciare alcuna traccia del suo passaggio e mentre la sua casella “professione” resta desolatamente vuota perché mentre almeno il fratello Mario può dire e scrivere di esercitare quella di architetto, lui -Robertino – che è laureato in Economia, oltre ad esercitare la “pappatoia” altro non fa e la circostanza inizia a dargli fastidio perché qualcuno se n’è accorto.
Subito dopo la sua elezione, infatti, è diventata famosa una sua intervista rilasciata il 25 settembre 2008 al Sole 24 Ore, al giornalista Roberto Galullo (Così li tenevo tutti occupati), che lo prende per il culo per tutta la durata del faccia a faccia e soprattutto chiarisce all’Italia intera perché sarà ricordato Robertino Occhiuto per il suo passaggio alla Regione. Detiene ancora oggi il record mondiale di consulenti chiamati nella sua “struttura” alla Regione: 12 (dodici!!!), per almeno tre dei quali non riesce a dare nessuna spiegazione. In perfetto stile… Occhiuto. Ma ecco l’intervista che sbertuccia senza pietà l’ancora giovane Occhiuto.
“COSI’ LI TENEVO TUTTI OCCUPATI”
di Roberto Galullo
Fonte: Sole 24 Ore – 28 settembre 2008
Cosentino, 39 anni (all’epoca dell’intervista, ndr), Roberto Occhiuto ha diviso compiti e funzioni di vicepresidente del consiglio regionale con Francesco Fortugno, massacrato dalla ‘ndrangheta il 16 ottobre 2005. Ha lasciato la Regione e con lo slogan “La politica che serve” è stato eletto alle ultime elezioni politiche nelle liste dell’Udc.
Tra i consiglieri è il recordman 2007 per numero di collaboratori e consulenti. Sorprende in un politico stimato in Calabria, attentissimo alla comunicazione e all’immagine, visto che nel 1993 a soli 24 anni era alla guida di “Ten”, uno dei network televisivi regionali più innovativi.
È orgoglioso del primato?
Francamente no, ma la Calabria è una regione complessa e come vicepresidente del Consiglio regionale avevo diritto per legge a 9 consulenti.
Veramente ne risultano 12 nelle liste messe in Rete dalla Funzione pubblica.
Ma ho anche cambiato due autisti nel corso dell’anno. E poi vuole saperla una cosa?
Sono qui per questo.
Lo sa che ci sono consiglieri che leggono tutti i giorni il Bollettino ufficiale della Regione per sapere se i colleghi assumono nuovi collaboratori o se la soglia è stata raggiunta?
Non potevo saperlo, ma perché, c’è anche una soglia?
Lo dice la legge regionale 8/96. Al capogruppo 7 collaboratori a tempo, al vicepresidente del consiglio regionale 9 e così via.
E al consigliere “semplice”?
Credo quattro.
Che miseria. Rimane un dato oggettivo: cosa se ne fa un consigliere regionale di decine di collaboratori nello staff?
Mi rimprovero il fatto di non aver promosso dall’opposizione una legge per ridurre a poche unità le strutture speciali dei consiglieri. C’è chi mi aiutava per il sito, chi smistava la corrispondenza, insomma li tenevo impegnati tutto il giorno. Non siamo in Veneto dove è più facile tenere i contatti con il territorio.
Insomma, molti portaborse fungono da imbuto per raccogliere voti e consensi.
La macchina qui è complessa e abbiamo dovuto anche farci carico dei cosiddetti assunti del concorsone del 2001. Parte di loro sono stati spediti da noi e abbiamo dovuto fargli fare qualcosa visto che non avevano neppure l’obbligo di firma e presenza.
Ah ecco. Ed è ancora così?
Non so, non credo.
Se qualcuno pensava che l’elezione alla Camera avesse frenato la “carica” di Robertino si sbagliava di grosso. Passa neanche un anno e arriva il 2009, tempo di elezioni provinciali. I candidati sono tre: Mario Oliverio per il centrosinistra, Pino Gentile per Forza Italia e Roberto Occhiuto con l’Udc. Si capisce subito che il casiniano non ha nessuna speranza di vittoria e appare chiarissimo che la sua candidatura è una nuova tappa della faida infinita con i Gentile. Il vero avversario di Roberto è Pino Gentile, quasi a cercare un modo per misurarsi nell’ambito della stessa alleanza di centrodestra. Ma anche per fargli perdere la battaglia contro Oliverio e bloccargli così altro potere da gestire. Nel dettaglio, Occhiuto è stato il candidato dell’Udc e delle liste civiche “Occhiuto Presidente” e “No al Federalismo Leghista”. Al primo turno del 6-7 giugno 2009 ottiene il 10,45% dei voti, arrivando terzo e non accedendo al ballottaggio ma creando i presupposti per far perdere Gentile.
Passano due anni ed ecco che arrivano le elezioni comunali di Cosenza del 2011. La destra vuole conquistare la città fortino della sinistra e Roberto Occhiuto è tra i registi dell’accordo per la candidatura vincente di Mario Occhiuto a sindaco. È sostenuto da uno schieramento parallelo a quello ufficiale ma trasversale, fatto di grumi del centrosinistra che entreranno in scena, da consumati “killer” tra il primo e il secondo turno per “eliminare” il suo avversario Enzo Paolini e dai Gentile. Insomma, sta per andare in scena un’altra clamorosa pax a due anni dallo sgambetto a compa’ Pinuzzu alla Provincia a favore di Maruzzu e Palla Palla.
L’accordo era chiaro: in cambio della candidatura a sindaco di Mario, gli Occhiuto avrebbero dovuto cedere pezzi di sovranità del “quarto piano” di Palazzo dei Bruzi, a quei marpioni dei Gentile. Il contratto prevedeva una prima gestione dell’ufficio tecnico del Comune a un uomo di fiducia degli Occhiuto, cosa che gli avrebbe permesso di sbrigare pratiche, alla velocità della luce, come cottimi fiduciari e somme urgenze, “attagnando” cosi il nugolo di creditori che bussavano alla porta dell’architetto.
Robertino è la vera mente della famiglia Occhiuto e non sa più come gestire i fallimenti del fratello. Mario per via del suo lavoro era uso intrallazzare un po’ con tutti, e con tutti aveva debiti. Dove metteva mano lui, qualunque cosa fosse, alla fine falliva. Il tipo ideale da presentare come sindaco. Anche perché se così non fosse stato, sarebbe stato impossibile per tutti i suoi creditori avere la benché minima speranza di recuperare qualcosa. A questo aggiungi il suo essere figo, il non essere mai stato dentro storie politiche, di essere un architetto di successo, nonostante l’enorme mole di debiti (circa 20 milioni di euro), di essere sponsorizzato anche dalla chiesa, e il gioco è fatto: la perfetta faccia “pulita” da presentare alla gente. Occasione ghiotta per lui, cercata a suon di compromessi, e mediata dalla figura di Roberto, che, insieme ai fratelli Gentile, aprono il “tavolo dell’intesa”.
L’operazione consiste nel rassicurare i potentati economici cittadini e i padroni del cemento – allettandoli con l’enorme mole di denaro che da lì a poco sarebbe piovuta sulla città – che nulla nella sua gestione sarebbe cambiato.
E che i posti chiave per mettere in moto la macchina amministrativa del “prima i fatti nostri”, sarebbero stati equamente divisi e con garanzie per tutti. Ovvero: mettere la gente giusta negli uffici nevralgici (non solo dirigenti esterni, ma anche dirigenti interni saggiamente spostati) capaci di costruire, a norma di legge, capitolati di appalti su misura per tutti gli amici, e sottoscrivere determine senza andare troppo per il sottile.
Una operazione, parliamoci chiaro, indispensabile alle nostre latitudini, se vuoi avere voti e appoggio da parte di certa imprenditoria locale, che vuoi o non vuoi ha il suo peso elettorale. Garantire la continuità dei loro affari con lo Stato significa, inoltre, per i soliti marpioni politici, garantirsi anche il proprio guadagno.
A questo va aggiunto il bisogno della coalizione di trovare il candidato dalla faccia pulita, incarnato da Occhiuto, che di fatto mette d’accordo tutti e suggella il patto. Le due famiglie, per meglio accreditarsi sia tra di loro che con i loro clienti, mettono sul piatto dell’accordo tutte le conoscenze che hanno nei vari uffici: ministero, prefettura, questura, tribunale ed enti vari. Possono vantare conoscenze importanti e coperture istituzionali. : il procuratore capo Granieri e tutti gli accoliti, il questore, il prefetto, il comandante dei carabinieri e diversi avvocatoni borderline che facevano da tramite tra malandrini e politici. E via alle regalie con i soldi dei caggi. Spettacoli lautamente pagati al Rendano all’amante del colonnello, bustarelle al questore, privilegi al prefetto, e soprattutto un giro di affidamenti diretti senza capo e né coda al Tribunale di Cosenza.
Cambio di tende negli uffici dei giudici che diventano “somme urgenze”, reti anti piccioni spacciate per emergenza sanitaria (lavoro pagato e mai effettuato), tinteggiatura uffici e cambi di lampadine dati come lavori necessari ed occorrenti. Lavori affidati a ditte amiche, dei giudici in questa fattispecie, come direbbero loro. E poi anche Granieri ha problemi di debiti, come Mario. Qualcuno a lui caro soffre di ludopatia e spende e spande cifre importanti al gioco delle carte. E i debiti di gioco, si sa, sono debiti d’onore, e vanno saldati. Il tutto condito con il solito silenzio della stampa compiacente ripagata con pubblicità fittizia e pubblicità “istituzionale” strapagata.
I giochi si chiudono e anche Cosenza, sull’onda nazionale dei tecnici al governo, ha il suo professionista, come spesso lui stesso ama definirsi, prestato alla politica, che concorre alla carica di sindaco. Un abbocco facile per gli elettori, che dopo Perugini avrebbero votato anche Paperino.
Il piano è semplice: recuperare le risorse che la giunta Perugini non era riuscita a mettere a regime, sfruttando le capacità imprenditoriali e manageriali (secondo loro) di Occhiuto, per completare opere già finanziate e mai avviate (vedi ponte Calatrava), da cui trarre prestigio e visibilità, e usarle al momento opportuno come paravento per meglio nascondere, agli occhi dei cittadini, i milioni di euro che uscivano da altre parti, e a discrezione del sindaco.
Prestigio che vuole dimostrare a tutti i costi spostando, da subito, il finanziamento destinato dalla precedente fallimentare giunta alla costruzione di un Auditorium (nell’area delle ex officine), su piazza Fera. Non tanto per sgobbarci, ma per avviare il progetto della sua visione di città che da quell’appalto prende inizio. Visione, che va riconosciuta al sindaco Occhiuto.
Un’opera dal valore di oltre 16 milioni di euro, di cui 11 provenienti da fondi comunitari, e il resto a carico della ditta aggiudicataria. Il cui guadagno è previsto in questo tipo di progetto (project financing) nella gestione, ad opera finita, dei servizi: i parcheggi nonché la gestione del Museo virtuale e le attività commerciali annesse, per 26 anni.
Dopo l’era Mancini, la prima vera grande opera. Una impresa che avrebbe dovuto lasciare il segno del suo passaggio, secondo le intenzioni dell’architetto ma che allo stato risulta essere solo un ground zero al centro della città. E la cui realizzazione è messa in crisi, non solo dall’ ATI, che sembra non poter far fronte al previsto investimento, ma anche dalle inchieste della procura su questo sgarrupato appalto.
Ora, direte, ma come si fa a parlare di accordo? E dove sono le prove di questa campagna elettorale dietro le quinte? A promuoverlo nelle segrete stanze, i Cinghiali e Madame Fifì che con Mario strinsero un patto: spartirsi in maniera equa tutti gli appalti che da lì a poco sarebbero arrivati alla città di Cosenza. A garantire l’arrivo del denaro a Cosenza compa’ Pinuzzu Gentile assessore di Scopelliti, e il Cinghiale al governo (si paventava la sua nomina a sottosegretario). Madame Fifì e Nicola invece garantirono, in cambio della continuazione dei loro intrallazzi al Comune, un bel pacchetto di voti giusto per stare tranquillo allo scoglio del ballottaggio.
Gli affari in arrivo in città sono tanti: piazza Fera (rivisto e “corretto” da Occhiuto) il ponte di Calatrava, il Planetario, chilometri di marciapiedi, e su tutto la metro e l’ospedale. 600 milioni di euro di investimenti. E poi l’Ovovia, il Museo, la cultura, gli affidamenti diretti, le luminarie. Un mare di soldi dove la stazione unica appaltante sarebbe stata il Comune di Cosenza, allineata e in “sintonia” con l’intera filiera istituzionale: Regione e stato. Una congiuntura politica istituzionale perfetta. Un enorme sguabbu assicuratu per tutti, sia per i prestanomi dei Cinghiali che per quelli Occhiuto e Madame Fifì.
Gli accordi prevedono anche la gestione dell’ufficio tecnico un po’ ciascuno. Ad iniziare è Domenico Cucunato nominato da Occhiuto come dirigente esterno ai lavori pubblici altrimenti detto il “firma tutto”. Coadiuvato da un Carminuzzo Potestio, all’epoca, in splendida forma nominato da Occhiuto capogabinetto.
La candidatura è lanciata e le chiacchiere del faremo questo e faremo quello si sprecano. E come volevasi dimostrare Occhiuto sarà ufficialmente eletto sindaco il 31 maggio 2011. Ad affiancarlo nella consiliatura che si apre, nelle vesti di vice: Katya Gentile.
All’inizio della prima consiliatura il clan appena costituitosi, va d’amore e d’accordo. E’ tutto un fiorire di complimenti l’un l’altro e di serate passate all’insegna della sciampagna e dell’ allegria. Assaporano il controllo totale della città. Sono i padroni, nessuno può fermarli. Non hanno nemici capaci di contrastarli. Tutti si prostrano al loro potere. E i pochi sinceri oppositori non hanno vita facile.
Il primo anno di consiliatura è descritto dai protagonisti come il più bello ma allo stesso tempo anche il più faticoso. Cucunato si mise subito al lavoro, cercando di smaltire la fila di creditori che stazionavano davanti la porta del suo ufficio. Firmava a più non posso. Affidamenti diretti per tutti gli amici, i loro ovviamente. Milioni di euro prelevati dalle casse pubbliche e donati ai creditori di Occhiuto. Per lavori mai eseguiti. Gli amici passavano direttamente all’incasso, mai sia il contrario. Mentre Potestio al primo piano riceveva amici e amici degli amici. E poi c’è da istruire la madre di tutti gli appalti: piazza Fera/Bilotti.
Tutti erano felici e contenti, ma è una felicità destinata a durare ancora per poco.
Il potere è come una droga, una volta che lo hai assaggiato non puoi farne più a meno. E deve essere questo quello che è scattato nella testa bacata di Occhiuto che, rincretinito dall’orgia di potere, decise che avrebbe potuto fare anche da solo. E non spartirsi il bottino più con nessuno. Ma serviva un pretesto un motivo per rompere con gli alleati. E gira, vota e riminia il pretesto presto arriva. Occhiuto ha l’occasione di estromettere pretendenti alla torta pesanti, esosi ed invadenti come i Cinghiali che non si accontentano mai. Mentre con Madame Fifì l’accordo per il momento regge. Siamo al 2012 e la storia è ancora lunga…